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Il boom del petrolio risveglia i mercati, ma restano le ombre

Il boom del petrolio (+10% dopo l’accordo Opec) ha dato ossigeno ai listini, al traino degli energetici e dei finanziari , stimolati dalla prospettiva del rialzo dei tassi. Ma nel finale della seduta di Wall Street ha prevalso la preoccupazione per le conseguenze del rialzo dei tassi sulle utilities, le telecom e, in generale, sui settori più dipendenti dal debito. L’Eurozona vive altri problemi: il rimbalzo del greggio e la fiducia nell’ombrello di Mario Draghi hanno per ora rimosso l’ombra del referendum, pronta a riemergere già stamane.

La sensazione è che le Borse si accingano a vivere una staffetta “epocale” (termine per la verità abusato). L’intesa tra i produttori sul greggio dimostra la volontà di uscire dalla stagione del petrolio a basso costo, foriero di tassi bassi. A differenza che in passato gli Usa, autosufficienti sul piano energetico, sembrano orientati a sfruttare il trend per reflazionare l’economia. L’Europa, azzoppata dalle sue tante contraddizioni (a partire dalla crisi bancaria italiana) sembra al contrario condannata al basso costo del denaro.

NOVEMBRE D’ORO PER GLI USA, EUROPA IN GRIGIO

A novembre, segnato dall’elezione di Donald Trump, la miscela ha prodotto questo risultato: l’indice S&P500 chiude il mese con un rialzo del 3,8%, Dow Jones +5,7%, Nasdaq +2,6%. Il Russell 2000, l’indice delle piccole imprese, è salito dell’11%, ai massimi da cinque anni. Una marcia accompagnata dal rafforzamento del dollaro, salito contro l’euro a 1,057 con un guadagno mensile del 3,6%. L’Asia si è adeguata alla marcia del dollaro: aiutata dalla svalutazione dello yen rispetto al dollaro, la Borsa di Tokio ha messo a segno un rialzo mensile record del 5%. La Borsa di Shanghai è salita del 6%.

Assai più grigia l’Eurozona: +0,1% dell’EuroStoxx 50. Parigi è salita dell’1,7%, Francoforte chiude il mese in sostanziale parità. La performance più negativa è stata quella di Piazza Affari (-1,1%), frenata dalla sindrome referendum che si è sentita anche sui Btp, passati da un rendimento dell’ 1,66% a 1,96%. 

Il boom del petrolio è solo l’ultimo episodio della ripresa delle materie prime, a ruota del rilancio delle economie e della reflazione: il rame è salito nel mese del 20%.

L’OPEC TAGLIA, IL GREGGIO SCHIZZA DEL 10%

A dominare gli umori del Meteo Borsa è soprattutto l’impatto della grande pace del petrolio. I membri dell’Opec, il cartello che rappresenta un terzo circa dell’offerta mondiale dell’oro neo, hanno firmato ieri Vienna l’intesa per ridurre la loro produzione di 1,2 milioni di barili al giorno. A partire da gennaio, secondo quanto annunciato ieri dal presidente di turno, l’emiro del Qatar, dovrebbe andare in vigore (condizionale d’obbligo perché mancano diversi dettagli) il nuovo tetto di 32,5 milioni di barili contro i 33,64 di oggi. Poco meno della metà dei tagli (500 mila barili) saranno a carico dell’Arabia Saudita, mentre l’Iran s’accontenta di 3,8 milioni di barili al giorno e l’Iraq di 4,351 milioni. Il 9 dicembre a Doha l’intesa sarà estesa ai Paesi non Opec, Russia in testa: Mosca ridurrà la produzione di 300 mila barili.

La notizia ha subito infiammato i mercati finanziari. Le quotazioni dell’oro nero sono schizzate su dell’8,82% a 50,47 dollari nella versione Brent. Il Wti avanza del 9,6% a 49,44 dollari. In ascesa l’indice energy (+4,8%). Tra i titoli petroliferi, Exxon Mobil +1,7%, Chevron+2%, l’oil equipment Schlumberger +5,16%. Ancora meglio Anadarko (+14,6%) ed Hess (+14,2%).

A Piazza Affari la seduta si è chiusa prima dell’annuncio officiale dell’accordo. Probabile, perciò, che oggi il rally possa continuare. Ieri Eni è salita del 3,7%, Saipem +9,6%, miglior blue chip di giornata, non solo per l’accordo di Vienna. Gazprom comincia a prendere in seria considerazione il rischio di dover riconoscere al gruppo italiano la compensazione richiesta per la cancellazione del progetto South Stream. Il colosso russo ha svalutato il progetto per 800 milioni di euro, una cifra vicina ai 760 milioni inizialmente richiesti da Saipem. Il prossimo appuntamento davanti alla corte arbitrale di Parigi è previsto per il 3 marzo 2017. Tenaris +6,5%. Il rally prosegue stamane in Asia: il Brent è trattato a 52,31 dollari.

SALE IL GIAPPONE, IN USA SOFFRONO TLC E UTILITIES

La corsa del greggio ha dominato l’attenzione dei listini azionari. Robusto rialzo per le borse giapponesi, stimolate anche dal calo dello yen e dai dati positivi sulla ripresa del settore industriale. L’indice Topix inaugura dicembre con una crescita dell’1,9%, il Nikkei sale dell’1,1% . Prende velocità anche la ripresa cinese, certificata dal rialzo degli indici Pmi. Shanghai sale dello 0,7%, Hong Kong +0,9%.

Contrastato invece l’andamento delle Borse Usa: piatto il Dow Jones +0,01%, S&P 500 in ribasso dello 0,27%. Più marcata la flessione del Nasdaq -1,06%. A condizionare i listini è stato il ribasso di tlc e utility, i comparti più sensibili ai dividendi e all’andamento dei tassi: l’indice S&P utility è sceso del 3,2%, il titolo At&t -2,2%. Anche i titoli tech non partecipano al rally. Apple -0,5%, Amazon -0,6%, Facebook -0,8%.

IL TESORO: TRUMP TAGLIERÀ LE TASSE AL 15%

Volano banche e finanziarie. Steven Mnuchin, appena designato da Donald Trump per la carica di segretario del Tesoro ha rivelato che tra le priorità dell’agenda del presidente figura il taglio delle tasse societarie al 15%. Wilbur Ross, prossimo segretario al commercio, ha detto che Janet Yellen “ha fatto un buon lavoro”. Bank of America è salita del 4,5%. Goldman Sachs +3,6% a 220,77 dollari,il massimo dai giorni della crisi dei subprime.

MILANO, LA MIGLIORE. IL TESORO CENTRA LA RACCOLTA 2016

La notizia ufficiale dell’accordo sul petrolio è arrivata pochi minuti prima della chiusura delle Borse europee. Ma fin dalla mattina i mercati hanno scommesso sul rialzo dei greggio accantonando ( o quasi) lo stress per il referendum del 4 dicembre. Milano è stata la piazza migliore, riassaporando la soglia dei 17.000 punti a quota 16.930 grazie ad un rialzo del 2,23%; dopo la brusca caduta di lunedì i prezzi già scontano buona parte degli effetti di una vittoria del no.  Più contenuto il rimbalzo delle altre Borse: Parigi +0,68%, Francoforte +0,12%, Londra +0,2% e Madrid +0,16%.

In contrazione anche lo spread Btp/Bund che ha chiuso a 171,318 punti base. Con le riaperture di ieri, il Tesoro ha pienamente raggiunto il target di rifinanziamento per il 2016. All’ammontare complessivo si andrà a sommare l’importo delle aste Bot di metà mese, le ultime con regolamento nell’anno in corso.

LE BANCHE (+3,1%) ARCHIVIANO IL NOVEMBRE NERO

Nuova giornata di recupero per le banche italiane. L’indice di settore ha segnato un rialzo del 3,1%. Il comparto si è lasciato alle spalle il “novembre orribile”: MontePaschi -14%, Banco Popolare -26%, Ubi -15%, Unicredit -11%, Pop.Emilia -10%.

Tornando alle variazioni di ieri, in testa alla corsa è stata Unicredit, che ha chiuso in rialzo del 4,23% sull’onda delle notizie sulla formazione del consorzio per l’aumento di capitale di febbraio. Ancor meglio hanno fatto Banco Popolare +4,3% e Bpm +4,48%. Leggermente più indietro Intesa, che ha terminato in rialzo del 2,85%.

Fa storia a sé Monte Paschi: +5,68% dopo i guadagni a doppia cifra della vigilia. Il Cda ha fatto ieri il punto sulla conversione dei bond: dopo l’adesione delle Generali (400 milioni) è a portata di mano l’obiettivo minimo della conversione in azioni di 1,04 miliardi. La previsione è ora di 1,5 miliardi. Sul fronte dei nuovi potenziali soci, in attesa del Qatar, si profila l’intervento di altri quattro-cinque primari fondi di investimento, tra cui BlackRock e Paulson, disponibili a mettere sul paniere tra i 150-200 milioni ciascuno.

Tra le small caps svetta Banca Ifis (+3,33%). L’istituto ha completato l’acquisizione di Ge Capital Interbanca per 160 milioni di euro a cui va aggiunto il rimborso integrale del debito che ammonta a 2,1 miliardi. L’ad Giovanni Bossi ha detto che la banca stilerà il nuovo piano strategico entro il primo trimestre del 2017 e, grazie all’acquisizione di Ge Capital, pensa di poter entrare nel mercato degli npl corporate.

FCA TITOLO LEADER DEL MESE. MONDADORI TRA LE STAR

Enel +0.6% ha vinto la gara per l’acquisto di Celg-D, la società di distribuzione elettrica pubblica brasiliana che il governo ha deciso di privatizzare. Il prezzo di aggiudicazione è di 2,18 miliardi di real, pari a circa 640 milioni di dollari Usa. 

Fiat Chrysler +1,11%. Fitch ha rivisto al rialzo l’outlook sul debito da stabile a positivo, confermando il rating a BB-. La revisione riflette le proiezioni dell’agenzia di un miglioramento nella generazione di cassa nel prossimo futuro, fattore che si dovesse confermare potrebbe portare a un upgrade. Nel coso di novembre Fiat Chrysler è salita del 9%, superata solo da StM (+9,8%). 

Sale Mondadori (+2,65%): dal 7 dicembre il titolo entrerà nel segmento Star. Tra i titoli a minore capitalizzazione Falck Renewables ha guadagnato il 9,72% all’indomani della presentazione del piano strategico. Kepler-Cheuvreux ha premiato il titolo confermando il giudizio Buy. Target price alzato del 20% a 1,10 euro da 0,90 euro.

L’amministratore delegato Toni Volpe ha annunciato che la cedola di prossima distribuzione sarà pari a 4,9 centesimi che corrisponde a un rendimento del dividendo vicino al 7%. Per il periodo 2018-20 lo stesso dividendo crescerà dell’8,5% all’anno sino a toccare un massimo di 6,3 centesimi, pari a uno yield dell’8,3%.

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