Il Bitcoin soffre sotto la pressione delle autorità cinesi, oltre che per le perplessità di Elon Musk. E così l’oro, trattato stamane a 1881 dollaro l’oncia, può celebrare la nona seduta consecutiva al rialzo su valori ai massimi da quattro mesi. Una bella rivincita nei confronti di quello che è considerato ormai un bene rifugio alternativo al metallo giallo, su cui grava però il peso di una eccessiva volatilità. Ma anche una risposta indiretta agli ottimisti che ha gennaio hanno scommesso su una rapida ripresa dell’economia, abbandonando l’oro per puntare su assets più rischiosi ma più redditizi. Al contrario, negli ultimi mesi, a mano a mano che faceva capolino sempre più minacciosa l’ombra dell’inflazione, l’investimento in oro ha rafforzato il suo appeal, nonostante il buon andamento dei mercati azionari, specie in Europa.
C’è da domandarsi se questa marcia parallela al rialzo possa proseguire. A prima vista, viene da pensare che il rafforzamento della ripresa economica combinata con l’aumento graduale dei tassi suggerisca di uscire dal metallo giallo. Ma, al contrario, si rafforza la squadra dei gestori convinti che la tendenza, soprattutto a lungo termine, congiuri per un rialzo dell’inflazione. La resistenza delle banche centrali, a partire dalla Fed, di mettere in cantiere il tapering (cioè la riduzione degli acquisti di titoli sul mercato) è la conferma che la maggior parte degli Stati, ormai pesantemente indebitati, siano intenzionati a far correre i prezzi per ridurre la pressione dell’inflazione.
E’ l’opinione di Franklyn Equity Group. “Crediamo che l’inflazione giocherà un ruolo di primo piano in molti Paesi – afferma l’analista Steve Land -, poiché i governi cercheranno di ridurre il valore reale del debito che hanno accumulato durante la crisi”. Le banche centrali, dopo lo sforzo di fornire il denaro necessario per stabilizzare le economie, potrebbero trovare conveniente far di nuovo rotta sull’oro sfruttando i tassi d’interesse bassi e la volatilità sui mercati dei cambi, nonché l’estrema incertezza delle criptovalute che ormai possono contare un volume globale attorno ai duemila miliardi di dollari.
“Bassi tassi e forti acquisti delle banche centrali – dice Paola Maria Toschi market strategist di JP Morgan – stanno dando ai Governi la sensazione che i debiti non siano più un problema e che l’emissione di bond sia senza limiti. Inoltre, l’ampia liquidità immessa nei sistemi finanziari dopo anni di allentamento quantitativo potrebbe essere un attivatore di inflazione soprattutto se la politica monetaria dovesse rimanere troppo accomodante troppo a lungo”.
Al di là dei riflessi di politica monetaria, poi, conta il gradimento del pubblico. Non tramonta l’appeal di lingotti ed oro monetato, come dimostra l’andamento di Confinvest, la società del Conto Lingotto quotata sull’Aim, ma soprattutto l’aumento costante degli acquisti in buona parte d’Europa, a partire dalla Germania: i tassi di interesse negativi, seppur in via di riduzione, restano un formidabile propellente per i risparmatori cacciati dal Bund. E così l’anno scorso la vendita di lingottini, sterline e marenghi è cresciuta del 36%, assieme alla spinta assicurata dagli Etc in oro. Ad esempio il fondo WisdomTree Core Physical Gold lanciato nello scorso febbraio segna stamane il nuovo record assoluto a quota 156,8 con uyn rialzo nell’ultimo mese del 6,36%.