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Il bacino del Po più sostenibile con i fondi europei

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Ha una data la rinascita dell’esteso bacino del Po: il 19 novembre. Sarà una giornata speciale per il Grande fiume d’Italia, malato illustre, ma curabile. Sebbene sia nelle mani del ministero della Transizione ecologica, la nuova vita del Po interessa quattro Regioni, pronte a sostenere un progetto da 360 milioni di euro. Con loro ci sono migliaia di cittadini e decine di imprese con diverse attività legate alla vita del fiume. Il progetto, giunto alla sua fase esecutiva, è uno dei più ambiziosi tra quelli inseriti nel Recovery plan italiano. Molti contributi alla sua realizzazione sono arrivati dal territorio che vive il Po in diverse dimensioni: turistica, economica e paesaggistica.

Il 19 novembre il Ministro Roberto Cingolani presenterà il piano di lavoro da chiudere assolutamente entro il 2026 insieme al Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, a quelli della Lombardia, Attilio Fontana, dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini e del Veneto, Luca Zaia. Il fiume è patrimonio naturalistico, ma anche risorsa delle quattro Regioni che negli ultimi anni hanno fatto pressione sul governo per un ridisegno complessivo. Scontato, quindi, che il piano di rinaturazione entrasse nelle linee strategiche ecologiche del governo Draghi.

Il Po, scrive Cingolani, è una delle sei aree prioritarie per la connettività ecologica e l’adattamento ai cambiamenti climatici, dove avviare una diffusa azione di ripristino ambientale. È un primo passo per una grande e importante azione di recupero ecologico e di adattamento territoriale. Nella vastissima area fluviale ci sono 37 Siti Natura 2000 e la Riserva del Po Grande.

I benefici finali, oltre agli impatti sull’ecosistema, riguarderanno la navigazione, le attività collaterali, la sicurezza e la qualità della vita per gli abitanti delle zone attraversate. Nello specifico, il progetto vede impegnate l’Autorità di Bacino Distrettuale del fiume e l’Agenzia Interregionale per il fiume. La rigenerazione delle 37 aree, più altre le 7 nel delta del Po, assorbirà cinque tipologie di interventi, dando un senso più compiuto al concetto di rinaturazione. È evidente l’interesse delle Regioni, dei Comuni e degli Enti territoriali a sovrintendere il più importante corso d’acqua nazionale facendo affidamento su risorse pubbliche.

Fino ad oggi, i 650 km che formano l’intero bacino del Po hanno subito esondazioni a non finire con impatti negativi sull’ecosistema, ma anche tragedie umane (si ricorda la più grave, quella del Polesine nel 1951, ma tante altre ne sono seguite negli anni successivi). Non sono mancati abusi edilizi, scarico di rifiuti, infrazioni alle regole. Ma il fiume è stato sottoposto anche a un’eccessiva canalizzazione, con uno spaventoso aumento di consumo di suolo e il corrispondente rischio idrogeologico. Intere province sono costantemente in allarme per la tenuta degli argini e la vita delle persone. “È quindi indispensabile – scrive il Ministero – avviare oggi una diffusa azione di rinaturazione lungo tutta l’area per riattivare i processi naturali e favorire il recupero della connettività longitudinale e trasversale del grande fiume”.

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Categories: Politica