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Igles Corelli: amare riflessioni su chef e ristoranti per dopo Coronavirus

Il grande Chef delinea uno scenario severo: vincerà il buono ma i grandi dovranno fare un bagno di umiltà. Il prezzo più caro lo pagheranno i giovani che dovranno rinunciare ai “piatti fighi da social”. E’ un mondo che si “dovrà dare una bella regolata”.

Igles Corelli: amare riflessioni su chef e ristoranti per dopo Coronavirus

Si parla tutti del domani che verrà, ci interroga su quale sarà il volto della ristorazione dopo che lo tsunami del Coronavirus sarà passato, si sentono molte ricette ma la realtà è che nessuno ha la bacchetta magica per predire il futuro. Certo è che gli scenari che si prospettano all’orizzonte sono a dir poco inquietanti. Igles Corelli uno dei grandi protagonisti della storia della cucina italiana, uno che la storia l’ha tracciata, assieme al suo grande amico Gualtiero Marchesi, che ha totalizzato cinque stelle Michelin, tre forchette del Gambero rosso, quattro cappelli della Guida dell’Espresso, 11 libri di cucina, personaggio televisivo (RAI Uno Mattina Estate, Italia sul 2, Linea Verde), direttore dei corsi di cucina alla Città del Gusto del Gambero Rosso, più che tracciare scenari futuri parte da amare considerazioni sulla cucina del presente per sottolineare in quali errori non incorrere. Un’analisi lucida e impietosa senza peli sulla lingua come è tipico del suo carattere, ma una riflessione in questo momento in termini di cruda realtà. Oggi più che mai sottolinea Corelli serve un bagno d’umiltà del settore e una severa presa di coscienza.

Il mio pensiero sulla ristorazione – dice – dopo il terremoto del Coronavirus parte dalla consegna di cibo a casa, inglesizzato come quasi tutto ormai, in delivery. Sono partiti tutti all’arrembaggio, chi per pelosa solidarietà con la clientela (“ poverini non possono venire da me vado io da loro”) che nasconde il vero motivo di fare soldi in qualche modo, e lo si capisce dai prezzi esosi; chi almeno ha avuto il buon senso di dire (“ lo faccio per pagare il fitto e i costi dei dipendenti “) senza essere ipocrita, per poi venire sbilanciato dallo Stato, che gli ha dato la possibilità di fare cassa integrazione in deroga. Ma bisogna dire che l’idea pur nascendo dalla disperazione è buona e probabilmente in futuro avrà successo, a patto di calibrare bene food-cost, organizzazione del lavoro e uso di attrezzature adeguate, che appunto servono a ridurre i costi finali del piatto.

Detto ciò credo che molti ragazzotti sotto i trenta anni e anche sotto i venticinque che hanno aperto ristoranti fonti stellati, gourmet nell’arredo complessivo ma insapore nei piatti, con formidabile ego dopo qualche spesso, qualche piccola esperienza da blasonati si troveranno a mal partito e dovranno rinunciare ai piatti fighi da social, ai like, alle foto patinate dei fotografi superfood, insomma a tutto quel mondo che si dovrà dare una bella regolata.

Se andranno veloci e sapranno riciclarsi con qualche nuova/vecchia idea si salveranno, altrimenti ciao ciao! E torneranno a fare, forse, i capi partita, probabilmente all’estero e nemmeno subito.

I genitori e i nonni, che avevano messo i quattro soldi per partire, si leccheranno le ferite e passeranno il tempo a saldare il conto con la banca di riferimento.

Il futuro? Penso che un terzo chiuderanno, andranno forte le VERE trattorie con cibo buono e goloso, ci vorrà della musica di contorno, forse anche un po’ di teatro perché la gente avrà tanta voglia di stare insieme, QUANDO SI POTRÀ e ci vorrà tempo, di empatia, di comunicare, di toccare anche fisicamente l’amico e la compagnia.

I grandi rimarranno grandi se anche essi faranno un minimo, qualcuno anche di più, bagno di umiltà, in cucina ma anche umanamente. Da un dramma, da una guerra, il mondo è’ sempre riuscito a ripartire.

Nel nostro mondo sarà più difficile questa volta, perché certe bolle speculative, tipo le incessanti aperture/ chiusure dei locali milanesi ad esempio, già erano di loro a un punto limite. Ce la faremo, ma lasceremo in strada parecchia gente. E’ il mondo, purtroppo! 

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