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IDE in Indonesia: le risorse ci sono, servono le riforme

Dal 2010 al 2012 il tasso di crescita annua ha superato il 6%, trainato principalmente dai consumi privati e dagli investimenti. Nel 2013 questo processo ha rallentato al 5,8%. Come in altri mercati emergenti, lo scorso anno la valuta locale ha subito la pressione del programma di acquisto di obbligazioni da parte della Federal Reserve. Il valore della rupia è allora sceso nei confronti del dollaro statunitense, dal momento che gli investitori stranieri hanno proceduto alla vendita di attività finanziarie e partecipazioni in Indonesia attratti dalla ritrovata competitivit del mercato USA. A questo proposito l’Indonesia è stata anche descritta come uno dei “Cinque Paesi Fragili” accanto a Brasile, India, Sudafrica e Turchia, a causa dell’eccessiva dipendenza dagli investimenti stranieri per la copertura del deficit delle partite correnti e la crescita delle attività produttive. Tra le misure adottate, Bank Indonesia ha aumentato i tassi di interesse di riferimento diverse volte tra maggio e dicembre 2013, passando da 5,75% a 7,5%, con l’obiettivo di sostenere la valuta e arginare deflusso di capitali. E, infatti, dall’inizio del 2014 la Borsa e il tasso di cambio hanno dimostrato di essere più resistenti. Tuttavia, la crescita economica è rallentata al 5,2% nel primo trimestre e del 5,1% nel secondo trimestre di quest’anno, sommandosi al calo delle esportazioni e della spesa pubblica. La crescita del PIL dovrebbe rallentare al 5,4% nel corso di quest’anno, seguito da un 6,2% di rimbalzo nel 2015. Dopo 6,4% nel 2014, l’inflazione dovrebbe diminuire leggermente, attestandosi al 6,2% nel 2015.

Il settore bancario indonesiano è ancora di dimensioni piuttosto piccole, dove il credito interno previsto per gli importi del settore bancario ammonta a circa il 50% del PIL, ma è migliorato in modo significativo negli ultimi dieci anni. Le banche pubbliche rappresentano solo un terzo del totale e la percentuale di crediti inesigibili è diminuito nel corso degli ultimi due anni al 6%. Tuttavia, le banche statali sono ancora altamente esposte alla dinamica delle imprese di proprietà statale.

E, nonostante i tassi di crescita generalmente soddisfacenti, Atradius indica nella mancanza di riforme strutturali la debolezza dell’ambiente imprenditoriale, in termini di corruzione diffusa, un sistema legale povero, un mercato del lavoro poco flessibile e la carenza di infrastrutture. Il tutto con il rischio di continuare a limitare la crescita. Riforme del mercato del lavoro e una riduzione dei sussidi, per esempio, sono stati regolarmente rinviata a causa della pressione popolare e della conseguente resistenza politica. Come per quanto riguarda la lotta alla corruzione, ancora diffusa nella società e negli affari. La carenza di infrastrutture è diventato uno degli ostacoli più significativi alla crescita economica. In particolare, le aree rurali che circondano Java e le grandi città soffrono di infrastrutture inesistenti o in stato precario.

Ci sono ancora troppe barriere agli investimenti produttivi esteri, diretta conseguenza della carenza di infrastrutture e approvvigionamento energetico, e in questo contesto non è una sorpresa che la quota di investimenti in estrazione di petrolio e infrastrutture rimanga deludente. Senza dimenticare che un ultriore problema viene dal protezionismo, da quando cioe l’Indonesia ha adottato un atteggiamento più nazionalista nella propria politica economica. Nel gennaio 2014 il divieto di esportazione di minerali grezzi è entrato in vigore, con la conseguenza di scuotere l’industria mineraria e spaventare gli investitori. E da allora nuovi minerali e concentrati si sono aggiunti. Nuove direttive in termini di diritto commerciale approvate nel febbraio 2014 permttono al governo di limitare i flussi commerciali sia in entrata sia in uscita, mentre le condizioni specifiche rimangono vaghe.

Il taglio delle sovvenzioni per i combustibili e affrontare il crescente deficit di bilancio rimangono questioni di primaria importanza. Il disavanzo di bilancio annuale è aumentato dal 2010, raggiungendo il 2,2% del PIL nel 2013, in gran parte a causa dei sussidi ai combustibili che rappresentano oltre il 15% del bilancio nazionale. Tali sovvenzioni limitano anche la spesa pubblica per le necessarie infrastrutture e la spesa sociale, mettendo in pericolo la sostenibilità di bilancio a lungo termine. Queste sovvenzioni hanno inoltre stimolato le importazioni di energia, mettendo pressione alla bilancia commerciale. L’attuale piano di bilancio 2015 prevede un importo di 31 miliardi di dollari per le sovvenzioni energetiche, vale a dire più del 20% del bilancio. Ogni anno, sempre più denaro pubblico viene speso per sussidi al carburante rispetto ai programmi sociali e di spese in conto capitale, nonostante il Paese sia quasi del tutto autosufficiente nella produzione di petrolio e rimanga un grande esportatore di energia, grazie all’export di gas naturale liquefatto

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