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IDE in India: per il Made in Italy bene meccanica e pellame

Lo stock di IDE in India alla fine del 2014, sulla base dei dati UNCTAD, era di oltre 252 miliardi di dollari, tra i più contenuti tra i BRICS, davanti soltanto al Sud Africa (145 mld). La quota indiana sul totale mondiale ha registrato un leggero incremento, raggiungendo l’1,025% nel 2014 rispetto allo 0,972% di cinque anni prima. Con riferimento agli IDE indiani all’estero, nel 2014 gli stessi ammontavano a circa 130 mld, pari allo 0,53% del totale mondiale. Tuttavia, i dati riportati da Intesa Sanpaolo evidenziano per il 2015 un forte incremento nei flussi in entrata: lo scorso anno sarebbero arrivati a circa 39,3 mld, contro i 28,8 mld dell’anno precedente, con un aumento tendenziale di circa il 37%. Se si offre uno sguardo ai Paesi di origine, i capitali risultano provenire soprattutto da mercati asiatici: il dato è tuttavia distorto dalla presenza di Paesi di transito quali Mauritius e Cipro. Sono infatti le Mauritius il primo Paese investitore, con una quota di circa il 34% del totale IDE. Seguono per rilevanza Singapore con il 15,5%, Regno Unito con l’8% e Giappone con il 7%. Tra i maggiori Paesi europei, detengono una quota importante Olanda (6%), Cipro e Germania (3%). L’Italia si colloca solo al 15° posto, con una quota contenuta allo 0,6%. I principali settori di destinazione dei flussi di IDE entrati dal 2000 al 2015 sono quelli di servizi (17%), costruzioni e infrastrutture (9%), computer, software e hardware (7%), telecomunicazioni (6,5%) e autoveicoli (5%).

Come riportato dagli analisti, malgrado le recenti liberalizzazioni agli investimenti stranieri nel settore retail, restano soggette a preventiva autorizzazione governativa tutte le partecipazioni nella produzione di sigari, sigarette e surrogati del tabacco, apparecchiature aerospaziali e per la difesa, articoli riservati alla piccola impresa per cui l’investimento straniero superi il 24% del capitale, iniziative in cui il partner straniero coinvolto goda di una precedente collaborazione tecnica/finanziaria in India nello stesso settore, nella produzione di distillati e bevande alcoliche, nel settore minerario e in quello delle costruzioni, oltre a tutte le iniziative imprenditoriali che sono soggette a limiti massimi previsti per l’investimento straniero. Inoltre non sono consentiti investimenti stranieri diretti nel settore di gioco d’azzardo e scommesse, lotterie, produzione di energia atomica, micro-finanza (chit funds) e trasporto ferroviario.

Sono state istituite, a partire dal 2005, circa 400 Zone Speciali destinate all’industria e all’export. I benefici per gli investitori sono di carattere fiscale e amministrativo, legati a una contabilità maggiormente semplificata, e imposte patrimoniali locali e dazi doganali inferiori se non del tutto assenti. Alcune di esse sono dedicate alla produzione di computer e materiale elettronico, altre alle telecomunicazioni o alla gioielleria, altre infine sono commerciali o destinate alle infrastrutture. In questo scenario, l’interscambio commerciale nel 2015 ha raggiunto 655 mld (-15,7% rispetto all’anno precedente). Le esportazioni (264 mld, -16,9%) sono risultate inferiori alle importazioni (391 mld, -15,0%). Gli scambi commerciali sono effettuati prevalentemente con i mercati asiatici ed europei, in particolare con Cina (11%), USA (9%), Emirati Arabi Uniti (8%), Arabia Saudita (4%). Il continente asiatico è il principale fornitore (58,6%) e acquista quasi la metà delle esportazioni indiane (49,5%), mentre l’Europa detiene in entrambe le direzioni una quota di circa il 20%. Il dettaglio merceologico vede la prevalenza tra le importazioni di minerali (29%), macchinari (19%), perle vetro e ceramica (16%), prodotti chimici (10%), metalli (7%). Tra le esportazioni sono rilevanti tessile e abbigliamento (17%), pietre, vetro e ceramica (16%), minerali (13%), prodotti chimici (13%) e agroalimentari (12%).

L’interscambio italiano verso l’India nel 2015 è risultato pari a 7,4 miliardi di euro, il secondo importo più rilevante dell’ultimo decennio (il massimo è stato registrato nel 2011 con 8,5 miliardi di euro). Le importazioni sono state pari a 4 mld, in calo tendenziale del 4,1% su base annua, mentre le esportazioni hanno raggiunto i 3,4 mld, con un incremento del 10,3%. Il saldo netto è storicamente negativo e nel 2015 il deficit è stato di 700 milioni di euro (1,1 mld a fine 2014). Se la quota degli scambi con l’India sul totale italiano lo scorso anno è scesa allo 0,9%, il saldo netto per categorie evidenza un surplus per quanto riguarda prodotti minerari, legno carta e stampa, prodotti farmaceutici, macchinari meccanici elettrici elettronici e ottici, mentre si riscontra un deficit per prodotti agricoli ed alimentari, tessile e abbigliamento, prodotti petroliferi raffinati e chimici, articoli in gomma e plastica, metalli e mezzi di trasporto.

Dal canto loro, le esportazioni dirette in India nel 2015 sono state rappresentate per circa il 38% da macchinari meccanici (42% nel 2010). E’ risultata in crescita la quota dei prodotti chimici, passati all’11% dall’8% precedente, mentre i metalli hanno visto un assestamento del proprio peso dal 12% del 2010 all’11% attuale. I mezzi di trasporto sono scesi da circa all’11% del 2010 al 6%. In crescita la quota della gomma e plastica, passata dal 4% nel 2010 a quasi il 5% nel 2015. In particolare, l’India riveste un importante ruolo di fornitore di caffè, thè e spezie, articoli tessili, pelle e pelletteria, calzature, articoli e accessori d’abbigliamento in maglia e in tessuto, pesci e crostacei, ferro e acciaio e loro lavorati. Tra le esportazioni è importante segnalare l’incremento della quota del comparto terre, sali, solfati, pietre e cemento, della chimica organica, e della carta. L’Italia fornisce oltre il 12% del totale importato dall’India di pelle, pellami e pelletteria, il 6% di sali, solfati, terre, cemento e materiali edili, il 5,6% degli articoli in ferro e acciaio, il 4,7% di macchinari, il 4,6% di carta e articoli in carta, il 4,5% di prodotti farmaceutici. E, a sua volta, l’India esporta in Italia il 12,5% del totale di pelle e pellami, il 7% di ferro e acciaio, il 6,7% di caffè, thè e spezie, il 6,4% di articoli in pelle e pelletteria.

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