Aleggia nell’aria da giorni sulle teste degli italiani: il ripristino dell’Ici per la prima casa. E forse anche l’introduzione dei una patrimoniale, non si capisce bene di quale tipo. Tabù fino al ritiro di Berlusconi, con Mario Monti le due opzioni (soprattutto la prima) sono riemerse. E sarebbero allo studio del nuovo Governo. Che, per schiarirsi le idee, potrebbe guardare alla Francia, dove sono attive praticamente da sempre entrambe le imposizioni. Senza tanti scandali. Né polemiche di alcuna sorta.
Per quanto riguarda l’Ici, mai e poi mai in Francia si è previsto di eliminarla per la prima casa. Nessuno ha mai pensato lontanamente a un’opzione del genere, seppure in un Paese dove la casa è un problema ancora maggiore che in Italia. E dove un alleggerimento delle imposte potrebbe favorire l’accesso alla proprietà. In Francia, in effetti, solo il 58% delle famiglie è proprietaria dell’alloggio in cui vive contro il 74% in Italia. Oltralpe, in realtà, esistono due imposte: la taxe foncière, a carico del proprietario, e la taxe d’habitation, che spetta a chi occupa l’alloggio (comprende anche la tassa dei rifiuti e il canone tv). Queste imposte sono incassate dai comuni. La base imponibile è rappresentata dal valore catastale del bene. Le aliquote variano da città a città, ma, tendenzialmente, sono state aumentate negli ultimi anni, man mano che lo Stato centrale tagliava i trasferimenti agli enti locali. Un esempio concreto: per un appartamento di 75 metri quadrati a Parigi, nel 19° arrondissement, in assoluto quello con le quotazioni immobiliari più basse, la taxe foncière è di 650 euro annui.
Veniamo alla patrimoniale. Si chiama Isf, l’Impot de solidarité sur la fortune. Venne introdotta nel 1982, subito dopo l’elezione, alle presidenziali dell’anno prima, del socialista François Mitterrand. Quando, nel 1987, il gollista Jacques Chirac divenne premier, la soppresse. Ma i socialisti, ritornati al potere due anni dopo, la riesumarono immediatamente. E da allora, destra o sinistra ai vertici dello Stato, l’Isf non è mai più stata toccata. Solo con l’arrivo di Sarkozy, nel 2007, la questione è stata affrontata. Il neopresidente paleso’ subito la possibiità di fare fuori la patrimoniale. Tanto per cominciare, una delle prime misure che adottò nel 2007 fu l’introduzione di un tetto massimo per il prelievo fiscale globale del 50% (il cosiddetto scudo fiscale), che avvantaggiava soprattutto i più ricchi del Paese.
Subito dopo Sarkozy inizio’ la sua battaglia per eliminare anche l’Isf. Il dibattito (ad alto contenuto polemico) è continuato fino agli inizi di quest’anno. Ma le resistenze all’eliminazione della tassa sono state fortissime, anche all’interno della destra. Tanto più che la salute delle finanze dello Stato nel frattempo si è deteriorata sempre più (deficit pubblico al 5,7% del Pil, previsto per l’intero 2011). Alla fine, nella primavera scorsa, è stata varata una riforma (che sarà pienamente applicata dal 2012) di questo tipo: da una parte è stato soppresso lo scudo fiscale (a parte per i redditi più bassi), dall’altra si è «alleggerita» la patrimoniale. Finora si applicava a partire da un patriminio minimo imponibile di 800mila euro: ora, invece, si passa a un minimo di 1,3 milioni. Anche le aliquote sono state ridotte, portate dallo 0,5 allo 0,25% per la fascia 1,3-3 milioni e dal’1,8 allo 0,5% per chi dispone di oltre 3 milioni.
Non è un alleggerimento da poco. Nel 2010 le entrate relative all’Isf avevano toccato il livello record di 4,46 miliardi di euro. Con la differenza invece, la cifra si dovrebbe ridurre notevolmente, a partire dal 2012, forse anche dimezzarsi. Ma la differenza dovrebbe essere più che compensata dall’eliminazione dello scudo fiscale. Non solo: una manovrina varata dal Governo Fillon a fine agosto, in mezzo all’ultima emergenza finanziaria, ha introdotto una tassa aggiuntiva per i più abbienti. Si tratta di una sorta di patrimoniale bis. Si traduce in un’aliquota del 3% sui redditi annui (compresi quelli in arrivo dagli investimenti finanziari e le plusvalenze immobiliari) fra i 250mila e i 500mila euro annui. Oltre questa soglia si passa al 4%. Quest’ultima imposta è «provvisoria», finché il bilancio dello Stato non recupererà il pareggio. Ma vista la situazione attuale, ne passerà di acqua sotto i ponti prima di arrivarci. A fine 2011 il deficit pubblico in Francia rappresenterà ancora il 5,7% del Pil. E il pareggio è previsto, se tutto va bene, solo nel 2016.
Proprio le ristrettezze finanziarie dello Stato francese hanno anche portato a un taglio ai contributi pubblici per sostenere direttamente o indirettamente chi vuole comprarsi casa o affittarla a prezzi «umani». Nell’ultimo piano di rigore, presentato dal Governo all’inizio di novembre, sono state prese tre misure che toccano il mercato immobiliare: è stato sopresso il prestito a tasso zero (Ptz) per l’acquisto della prima casa, almeno per il mercato di seconda mano (resta solo per gli alloggi nuovi); è stato posto fine al cosiddetto dispositivo Scellier, per cui venivano accordati sgravi fiscali a chi comprava un bene immobiliare per poi affitarlo (ma a canone calmierato); l’Iva sulle ristrutturazioni è passata dal 5,5 al 7 per cento. Intanto i costi per alloggiarsi nella capitale sono alle stelle, da tutti i punti di vista. Gli affitti sono aumentati del 50% negli ultimi dieci anni, molto di più degli stipendi (trovare in città 75 mq da affittare sotto i 2mila euro mensili è davvero dura). Quanto ai prezzi per l’acquisto, nel solo 2010 sono cresciuti del 21,3% rispetto all’anno precedente (secondo l’associazione dei notai). Il prezzo medio a fine 2010 si era ormai attestato sugli 8.350 euro al metro quadrato. Nonostante tutto questo l’Ici sulla prima casa resta intoccabile. E nessuno discute.