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Ibm si ritira dalla Cina, tagli a tutto il reparto ricerca e sviluppo: 1.000 posti di lavoro a rischio

Imagoeconomica

Ibm ha annunciato di voler rinunciare al suo intero reparto di ricerca e sviluppo (R&D) in Cina. Il colosso tech americano quindi allunga la lista di grandi aziende Usa che hanno deciso di fare un passo indietro rispetto ai progetti di sviluppo in Cina. La decisione colpirà più di 1.000 dipendenti, mentre la società fa sapere che si trasferirà su altre basi all’estero.

A riportarlo è Jiemian News, media digitale basato a Shanghai, citando quanto annunciato da Jack Hergenrother, vicepresidente di Ibm Global Enterprise Systems Development, alla riunione di tutto lo staff dell’Ibm China System Center. La misura interessa la riduzione di personale nelle attività tra Pechino, Shanghai, Dalian e altre sedi dove è stato di recente revocato l’accesso ai sistemi di ricerca e test della compagnia.

Ibm China ha circa 12.000 dipendenti

Il colosso Usa in Cina ha a libro paga circa 12.000 dipendenti. Assicurando che i cambiamenti non influenzeranno la capacità di Ibm di fornire supporto ai clienti nella Grande Cina, Jiemian News ha spiegato che “le imprese cinesi, in particolare quelle private, si stanno sempre più concentrando nel cogliere le opportunità offerte dal cloud ibrido e dalle tecnologie di intelligenza artificiale, e l’obiettivo strategico locale di Ibm in Cina è di sfruttare la nostra vasta esperienza nella tecnologia e nella consulenza per formare un team con le capacità corrispondenti per aiutare i clienti cinesi a creare soluzioni che soddisfino le loro esigenze”.

L’intelligenza artificiale prende il posto delle persone

Big Blue ha già condotto varie tornate di licenziamenti in tutto il mondo, tra cui quella di gennaio 2023 con l’annuncio di 3.900 esuberi. Per la seconda metà dell’anno ha annunciato il congelamento delle assunzioni e ha pianificato di sostituire quasi 8.000 posti di lavoro con l’intelligenza artificiale. Lo scorso marzo, secondo quanto riportato dai media, l’obiettivo di riduzione del personale in alcuni reparti di Ibm era pari all’80%.

Ibm non è la sola a lasciare la Cina

Ibm non è un caso isolato: Bloomberg ricorda che nelle scelte strategiche pesano la recessione economica del Dragone, l’aumento del pressing normativo delle autorità e anche la difficile convivenza della tecnologia straniera con quella asiatica. Grandi firme di Wall Street, come Morgan Stanley, ricorda l’agenzia finanziaria, hanno spostato alcune operazioni all’estero, mentre gli investimenti stranieri sono rallentati in parte a causa dei timori di Pechino di favorire gli operatori locali. In campo tecnologico, ad esempio, spinge Huawei nel tentativo di assicurarsi un futuro prospero nonostante le limitazioni d’accesso alle tecnologie made in Usa.

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