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I vaccini sono l’arma più potente di politica economica

Nella corsa all’immunità e nella ripresa USA nettamente davanti all’Euro-area. L’occupazione arranca ovunque. Gli investimenti galoppano

I vaccini sono l’arma più potente di politica economica

«Quando l’uomo con la pistola incontra l’uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto». Se la ripresa fosse una sorta di duello per determinare chi vince, allora le parole del protagonista cattivo di Per un pugno di dollari sarebbero appropriate e gli Usa, che stanno vaccinando la popolazione a una velocità che sembra un colpo di fucile che squarcia il buio, verrebbero ben impersonati da Ramón Rojo (Gian Maria Volonté).

Senonché ora c’è un “buono” come Joe Biden alla Presidenza americana, e alla fine del capolavoro di Sergio Leone Joe (Clint Eastwood) uccide Ramón con uno stratagemma.

Ma soprattutto c’è che il Covid-19 non si può vincere in un paese solo, e nemmeno sul piano delle conseguenze economiche vale una sorta di mors tua vita mea . All’opposto, in macroeconomia l’unione è più della somma delle singole parti.

Resta, però, che gli Stati Uniti stanno andando meglio sul fronte vaccinale e su quello dell’andamento economico. Le due cose, però, né lì né altrove sono strettamente legate, perché ancora l’immunità di gregge è lontana e non ci si può permettere una terza ondata che deriverebbe dall’allentamento delle restrizioni alla convivenza sociale con un livello così elevato di contagi ufficiali e, soprattutto, desumibile dai decessi.

Tuttavia, l’andamento più o meno positivo delle inoculazioni incide sulla fiducia nella più vicina uscita dalla pandemia che gli americani hanno maggiore rispetto agli europei. Fiducia che anche la vittoria democratica alle elezioni ha contribuito a rinsaldare.

Comunque, stupisce la performance economica americana sul finire del 2020 e all’inizio del 2021. Infatti, l’accelerazione dell’attività, che si può osservare dai PMI, sfida la legge della gravità dell’andamento dei morti, il cui numero è diventato ancora più terribile tra dicembre e gennaio (e a fine gennaio è stato peggiore che nella media del mese). E si è fatta un baffo delle ulteriori restrizioni varate in tutti gli stati federati.

Le stesse Lancette dell’economia, che prevedevano un rallentamento economico in conseguenza dell’incremento dei contagiati e dei decessi, devono arrendersi all’evidenza di un’economia statunitense mai doma. Non senza, però, aver prima rilevato che il sostegno della politica di bilancio è stato ben più alto al di là dell’Atlantico che al di qua. Un sostegno che le promesse elettorali di Biden, una volta mantenute, potenzieranno ancora.

Di quanto ci sia bisogno di ulteriore stimolo lo testimonia l’andamento dell’occupazione americana, il cui recupero dall’abisso scavato dalla pandemia si è fermato negli ultimi due mesi. Perciò il Presidente della FED, Powell, dice bene quel che dice e che qui si commenta nel pezzo sull’inflazione. E se il lavoro va male là dove l’economia va bene, figuriamoci qua dove va molto peggio.

La stessa vaccinazione rappresenta, in questo momento, la più potente arma di politica economica che i governi possano varare. Perché consente di ritornare rapidamente a una vita simile a quella pre-pandemia. Simile, ma non uguale, visto che alcuni cambiamenti di abitudini e di preferenze di spesa rimarranno con noi. Per esempio, i maggiori consumi on-line. Ma certo che le popolazioni vaccinate torneranno a consumare quei servizi che oggi sono così penalizzati dalla necessità di frenare la pandemia. E ciò farebbe compiere al Pil un balzo di forza uguale e simmetrica al crollo avvenuto nel 2020.

L’Italia ne avrebbe, perciò, più da guadagnare di altri paesi, essendo tra i paesi che hanno subito la contrazione economica maggiore. Inoltre, è anche il Paese che ha più fondi NgEu da spendere (in assoluto, mentre in rapporto al Pil le economie più povere della nostra ne beneficerebbero di più).

Mettendo insieme grande spazio di rimbalzo e dispiegamento dei fondi europei viene fuori il programma politico-economico del nascituro Governo Draghi. Il quale potrebbe anche godere di un’apertura di credito, in termini di fiducia, da parte dei cittadini. Un uno-due-tre che vale parecchi punti di Pil concentrati in poco tempo.

Parafrasando Giorgio Gaber, all’Italia per una volta farebbe molto bene far finta di essere un paese normale, che fa le cose che la maggior parte degli altri paesi avanzati fanno senza che ci sia bisogno di un’emergenza che giustifichi uno sforzo eccezionale.

Per il resto. I dati congiunturali usciti nell’ultimo mese confermano quanto atteso dalle Lancette, ossia che con la recrudescenza della pandemia c’è stato un nuovo peggioramento dell’economia. E che questo peggioramento è concentrato ancora una volta nei servizi, mentre il settore manifatturiero ha continuato a progredire in tutto il mondo, sebbene abbia un po’ frenato in Cina, dove correva a rotta di collo, ed Eurozona, per i colli di bottiglia negli scambi di merci (compreso l’avvio vero della Brexit: «Dio stramaledica gli inglesi», e per una volta non si può dar torto a Mussolini).

Ma hanno anche confermato che gli investimenti delle imprese sono stati la componente di domanda finale più dinamica. Sia perché il costo del capitale è bassissimo (e fa funzionare la Q di Tobin, ossia a investire in nuovi impianti piuttosto che nell’acquisizione di imprese esistenti) sia perché i conti delle aziende sono in ordine (dal punto di vista patrimoniale non meno che da quello reddituale) sia perché l’obsolescenza tecnologica costringe a innovare per rimanere sul mercato.

Non c’è nulla di più potente della leva degli investimenti per lanciare verso l’alto il ciclo economico globale. Anche perciò, e non solo perché la gran parte delle persone più in pericolo saranno state vaccinate e perché ci sarà più spesa pubblica, nella seconda metà del 2021 avremo una forte accelerazione.

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