Sei ore di discussione nel cda di Telecom Italia hanno partorito, come usa di questi tempi, un comitato di saggi composto da Julio Linares di Telefonica, Gabriele Galateri di Genola, presidente di Generali, Elio Catania, consigliere indipendente e presidente del comitato per il controllo interno e Luigi Zingales, lead indipendent director. Il compito dei saggi, chiamato ad affiancare il presidente esecutivo Franco Bernabè, è di valutare in tempi brevi (non più di 2 o 3 settimane) le potenzialità di un eventuale merger con “3”, controllata italiana del colosso di Hong Kong Hutchison Whampoa, intenzionata a salire fino al 29,9% del capitale, scavalcando Telco ma valorizzando le azioni TI a 1,2 euro (quasi il doppio della quotazione attuale).
Come valutare questa scelta? Fonti vicine al presidente parlano di un passaggio utile a coinvolgere Telco, attuale azionista di maggioranza relativa con il 22,4% del capitale, nell’operazione. Management e proprietà, avrebbero voluto dare al mercato un segno di coesione verso un’operazione delicata e complessa che riguarda Telecom e tutti i suoi azionisti, compresi i soci forti di Telco.
Ma circola anche una versione opposta: “L’operazione così com’è solleva molti dubbi” dichiara a Reuters uno dei rappresentanti di Telco, partecipata da partecipata da Telefonica (con il 46,18% del capitale), Intesa Sanpaolo, Mediobanca (11,62% ciascuna) e Generali (30,58%). Anche la composizione del comitato dimostra che l’operazione suscita più contrasti che consensi.
Non ci sono i rappresentanti di Intesa di Mediobanca, cosa che lascia sospettare una certa freddezza. E non si tratta di un’assenza di poco conto. Quando si tratta di definire i valori di un merger , si fa notare, scendono in campo i banchieri per definire i concambi. In questo caso, invece, sono stati scelti consiglieri indipendenti, più adatti a dare una valutazione “politica” più il socio industriale forte, Telefonica.
Ma, secondo indiscrezioni, Julio Linares in consiglio sarebbe stato il più critico nei confronti dell’operazione, ricordando tra l’altro che la società spagnola ha la prelazione su qualsiasi quota Telco messa in vendita. Se a ciò si aggiunge l’ostilità manifesta della Findim di Danilo Fossati, si ha la sensazione che la proposta caldeggiata da Bernabè non avrà vita facile. Anche perché il piano “3” si intreccia con l questione della cessione della rete a Cdp (ipotesi non molto gradita al presidente) e, soprattutto, con i lavori del nuovo esecutivo, quando ci sarà (se ci sarà…). Quale premier vorrà esordire con la cessione ai cinesi del controllo dell’ultima società di tlc a maggioranza italiana?
Molto dipenderà dalle caratteristiche dell’operazione. Secondo alcune indiscrezioni Il colosso asiatico vuole fondere la sua controllata 3Italia con Telecom Italia e in più è disposto a pagare in contanti le azioni Telecom Italia possedute da Telco, pagandole 1,2 euro per azione, il doppio di quanto valgono in Borsa. C’è chi ha provato a fare i conti in tasca ai soci italiani, nel caso prenda quota questo progetto.
A incassare i contanti sarebbero gli azionisti di Telco- In particolare Generali incasserebbe 1,1 miliardi e si accollerebbe 835 milioni della sua quota di debiti di Telco. Il saldo sarebbe positivo per 268 milioni, a fronte di un prezzo di carico di 282 milioni. Il risultato di questa operazione per il Leone di Trieste sarebbe una leggera minusvalenza da distribuire per il 70% nelle polizze dei clienti che hanno in carico le azioni.
Stessa situazione anche per gli altri soci Intesa e Mediobanca, che incasserebbero circa 414 milioni di euro a testa a cui vanno sottratti 300 milioni di debiti proquota. Quindi, l’incasso netto si ridurrebbe a 114 milioni a fronte di un prezzo di carico di 107milioni, dunque solo 7 milioni di plusvalenza per Intesa e Mediobanca.
Per i soci di minoranza, rappresentati da Catania e da Zingales, l’operazione non prevede alcun premio, ma il cambio dei soci di maggioranza da società finanziarie a un operatore industriale e globale, unito alle sinergie con 3Italia, potrebbe offrire nuove prospettive. Purché Telefonica, come non pare, voglia comunque uscire dalla partita. Insomma il Cda di Telecom ha rinnovato la fiducia a Bernabè. Ma il suo sembra un mandato esplorativo piuttosto che incondizionato. Anche questo va di moda, di questi tempi.