È una corsa contro il tempo quella che stanno realizzando gli Stati europei per approvare i Piani nazionali di Ripresa e Resilienza ed inviarli a Bruxelles entro il 30 aprile. Il motivo di tanta fretta lo ha spiegato martedì il Presidente del Consiglio Mario Draghi in Senato: “La scadenza del 30 aprile non è mediatica, è che se si arriva prima si avranno i fondi prima”, ha detto il Premier. L’Unione europea andrà sui mercati finanziari a maggio per chiedere in prestito (a tassi più vantaggiosi) i fondi necessari a finanziare la prima tranche di aiuti, pari al 13% del totale, da erogare entro l’estate. I soldi andranno a chi avrà rispettato il termine per la presentazione fissato a fine mese, gli altri dovranno mettersi in coda. Facile dunque capire perché negli ultimi giorni in tutti i Paesi dell’Unione Europea non si parli d’altro che di Recovery Plan. Il “chi prima arriva, meglio alloggia” vale per tutti.
Il primo Stato a presentare a Bruxelles il proprio piano di spesa è stato il Portogallo, che ha inviato lo scorso 22 aprile un documento da 16 miliardi che prevede di spendere circa il 17,5% dei fondi sulla sanità, il 16,3% sugli gli alloggi destinati alle fasce più deboli della popolazione e circa l’8% per combattere la povertà e le disuguaglianze. A Lisbona si sono aggiunti oggi Germania e Grecia.
Tra gli altri grandi Stati, Spagna e Francia hanno approvato il piano nelle stesse ore in cui in Italia il Parlamento dava via libera alla risoluzione sul Recovery Plan e, secondo le previsioni, lo inoltreranno alla Ue entro venerdì. Anzi, proprio mentre il Premier Draghi era impegnato a presentare il Pnrr italiano al Senato, i ministri dell’Economia di Francia e Germania, Bruno Le Maire e Olaf Scholz, tenevano una conferenza stampa congiunta per svelare i loro progetti. “Abbiamo perso troppo tempo. La crescita cinese è ripresa. Gli Stati Uniti sono in forte espansione. L’Unione europea deve restare in corsa”, ha affermato Le Maire. “La Commissione deve analizzare i piani nazionali di ripresa e resilienza il prima possibile in modo che possano essere approvati dal Consiglio europeo al più tardi a luglio. Ciò consentirà di sborsare i soldi prima della fine dell’estate”, ha ribadito il ministro francese. “Oggi è un buon giorno per l’Europa – ha aggiunto Scholz – Il piano per la ripresa Ue rende possibile per tutti gli Stati membri adottare misure che ci facciano riemergere più forti dalla crisi”.
“Possiamo ottenere una crescita robusta e sostenibile nel medio termine solo se chiudiamo i divari di genere, generazionali e regionali” ha rimarcato oggi il ministro dell’economia italiano Daniele Franco, sottolineando che “l’inclusione è un obiettivo generale del Piano italiano”. Un progetto che mira a “riparare i danni economici e sociali della pandemia; costruire una economia più tecnologicamente e scientificamente avanzata assicurando allo stesso tempo l’inclusione; un cambiamento di lungo periodo con una irreversibile transizione ecologica”, ha concluso il ministro.
Ricordiamo che all’Italia spettano 191,5 miliardi dal Recovery Fund (25 entro l’estate del 2021) e 13 dal piano React-Eu. I dettagli sul Pnrr italiano li ha rivelati il Premier Draghi nel corso dei suoi discorsi di presentazione (e delle repliche) tenuti in parlamento il 26 e 27 aprile. Ma gli altri come spenderanno i soldi che arriveranno da Bruxelles? Vediamo cosa prevedono di fare Francia, Germania e Spagna.
Il RECOVERY TEDESCO
La Germania dedicherà il 90% dei 28 miliardi di euro che riceverà dall’Unione Europea (25,6 dal Recovery e 2,4 da React Eu) alla trasformazione ecologica e digitale. “Le priorità tedesche mandano un chiaro segnale al resto del blocco europeo”, ha sottolineato Scholz. Nel dettaglio, Berlino spenderà circa 11,5 miliardi di euro in progetti verdi riguardanti l’uso dell’idrogeno, l’efficientamento energetico degli edifici, gli incentivi per auto, bus e treni elettrici. Proprio sulla mobilità Scholz ha evidenziato che lo scopo è quello finanziare mezzo milione di vetture elettriche e 400mila postazioni di ricarica installate sugli edifici, cui si aggiungeranno 50mila postazione di ricarica pubbliche e 2.800 bus elettrici.
14 miliardi di euro saranno invece stanziati per la transizione digitale che perseguirà due obiettivi principali: la riconversione dei processi produttivi del comparto auto e l’ammodernamento di Istruzione, Salute e Pa. Secondo le stime del ministro dell’economia tedesco, i fondi che arriveranno da Bruxelles porteranno un aumento del Pil pari a +2% e un incremento dell’occupazione pari a +0,5%. Nel corso della conferenza stampa Scholz ha infine sottolineato l’importanza di portare avanti un progetto riguardante “il cloud europeo” e l’urgenza di sviluppare una produzione domestica di processori e chip di ultima generazione.
IL PIANO FRANCESE
La Francia otterrà dall’Europa circa 40 miliardi, che andranno a finanziare parte del piano da 100 miliardi già approvato dal presidente Emmanuel Macron a settembre 2020. Poco meno della metà di questi 40 miliardi andranno alla transizione ecologica: 5,8 miliardi per la riconversione energetica (decarbonizzazione dell’industria e ristrutturazione degli impianti domestici), 6,5 miliardi per le infrastrutture e la mobilità verde, 5,1 miliardi per le energie e le tecnologie green, con particolare attenzione all’idrogeno (che invece è stato ridimensionato nel piano italiano). Un quarto dei fondi europei andrà invece al digitale. Tra le voci più importanti, Parigi investirà 2,4 miliardi per la “sovranità tecnologica”, ossia nello sviluppo di tecnologie strategiche per consentire alla Francia e all’Europa di fare da contraltare alle superpotenze Usa e Cina; e altri 2,9 miliardi per la digitalizzazione della formazione e gli investimenti in competenze digitali. Inoltre, il piano francese userà 7,7 miliardi di fondi europei per la salute e la ricerca.
Anche la Francia, come l’Italia, è tenuta ad accompagnare il piano con un pacchetto di riforme: tra queste ce ne sono alcune che Macron sta provando a far approvare sin dalla sua elezione nel 2017, come ad esempio la legge sul clima (si punta a inserirla nella Costituzione), la semplificazione della pubblica amministrazione e dell’attività imprenditoriale, le politiche abitative, alcune norme di welfare come la discussa riforma dell’assegno di disoccupazione, sospesa durante la crisi ma che dovrebbe entrare in vigore a luglio. Tecnicamente fuori dal piano ma centralissima anche l’attesa riforma delle pensioni. Il ministro dell’Economia Bruno Le Maire si è detto fiducioso di poter avere a disposizione una parte dei soldi totali (come detto il piano complessivo è da 100 miliardi, di cui 60 stanziati dal governo), il 13%, entro l’estate.
IL PRTR SPAGNOLO
In spagnolo si chiama “Plan de Recuperación Transformación y Resiliencia”. Entro il 2026 Madrid avrà a disposizione complessivamente 140 miliardi di euro, 9 dei quali dovrebbero arrivare entro l’estate. Alle risorse attese nei prossimi mesi si sommeranno altri 16 miliardi previsti entro dicembre 2021 e ulteriori 2 miliardi stanziati dalla Ue nell’ambito del fondo React Eu dedicato alla Sanità. Complessivamente entro la fine del 2021 la Spagna dovrebbe ricevere dunque 27 miliardi di fondi europei. Come li spenderà? Il Governo ha già predisposto un piano al 2023 calcolato su 70 miliardi di euro di spesa. Il progetto destina il 39% delle risorse alla transizione ecologica, il 29% alla trasformazione digitale, il 10,5% all’educazione e alla formazione. Stabiliti 6 grandi piani strategici riguardanti: l’auto elettrica, l’idrogeno verde, l’industria aerospaziale, l’agricoltura sostenibile, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e il miglioramento delle prestazioni del sistema sanitario.
Previste inoltre tre grandi riforme: Pensioni, Lavoro e Fisco (quest’ultima tiene conto anche della cosiddetta “Google tax”). Tra gli obiettivi fondamentali individuati dal Governo guidato dal socialista Pedro Sanchez spicca la necessità di rendere più sostenibile e competitiva l’economia allo scopo di creare 800mila posti di lavoro in tre anni e a contribuire alla crescita del Pil. Il Governo si aspetta un aumento del Prodotto interno lordo del 6,5% per il 2021 che potrà salire al 9,8% grazie ai fondi europei. Nel 2022 l’economia si espanderà del 7%, recuperando i livelli pre-crisi, mentre nel 2023 e nel 2024 il Pil dovrebbe crescere rispettivamente del 3,5 e del 2,1 per cento.
SCOGLIO RATIFICHE
Dopo il via libera del parlamento Ue e degli Stati membri, spetta ai parlamenti nazionali il compito di ratificare l’accordo sul Next Generation Eu da 750 miliardi. La scadenza definitiva è fissata per giugno. Se anche solo uno dei parlamenti dei Paesi membri non approvasse il piano, tutto rischierebbe di saltare perché la Commissione non potrebbe emettere i bond necessari per il finanziamento del Recovery Plan. Fino ad oggi 19 Parlamenti hanno ratificato il debito europeo, mentre 8 devono ancora farlo.
In Austria l’approvazione finale dell’accordo è in programma per giugno, mentre nei Paesi Bassi, dopo l’ok della Camera, il via libera del Senato dovrebbe arrivare il prossimo 25 maggio. All’appello mancano anche Romania, Ungheria ed Estonia. A Tallinn il partito di estrema destra Conservative People’s Party sta tentando di rallentare i lavori parlamentari, motivo per il quale il Governo a breve potrebbe decidere di porre la fiducia.
È stato invece trovato un accordo tra maggioranza e opposizione in Polonia, che dopo giorni di polemiche ha avviato il progetto di legge di ratifica. L’Irlanda, che però non dovrebbe rappresentare un ostacolo, non ha ancora calendarizzato l’approvazione, mentre qualche problema potrebbe arrivare dalla Finlandia. Il governo di Helsinki traballa sempre di più a causa del mancato accordo in maggioranza sulla nuova manovra di Bilancio. In aggiunta, la commissione costituzionale ha stabilito che la ratifica del Next Generation Eu dovrà essere votata in Parlamento con la maggioranza qualificata dei due terzi, il che significa che servirà l’ok di parte dell’opposizione. Il National Coalition party, il principale partito d’opposizione, ha però annunciato l’astensione.