ACCORDO NELLA NOTTE A BRUXELLES. LONDRA RESTA FUORI. IN VISTA UNA NUOVA GIORNATA DI PASSIONE PER I MERCATI
Accordo sulla riforma dei trattati solo tra i 17 Paesi dell’ara euro più altri 6 dell’Unione Europea. Ma la Gran Bretagna resta fuori. E’ l’esito, drammatico, della notte di Bruxelles che ha chiuso una giornata ancor più drammatica per i mercati finanziari.
A Milano l’indice FtseMib è precipitato in ribasso del 4,23%. Londra è scesa dell’1%, Francoforte -2%, Madrid -2%, Parigi -2,4%. Non è andato meglio sul fronte dei titoli di Stato. Il rendimento del Btp a 10 anni è schizzato al 6,36% , il differenziale con il bund è volato a 442 dal minimo della giornata di 375 punti base.
Una tragedia, insomma, che si è consumata in più atti: 1) la delusione per le parole di Mario Draghi che non ha preso impegni sulla durata degli interventi sui Btp e ha gelato le aspettative di azioni straordinarie attraverso l’Fmi; 2) il diktat dell’Eba sugli aumenti di capitale delle banche europee ; 3) l’emergere di contrasti sempre più insanabili tra Regno Unito e linea Merkozy. Pomo della discordia, la difesa ad oltranza del ruolo della City. Invano Mario Monti ha cercato un compromesso, facendo notare a Cameron che Londra, ostile da sempre al protezionismo, non poteva invocare un trattamento speciale per la sua piazza finanziaria.
PREVISIONE. Tutti i futures azionari erano orientati al rosso cupo. La notizia del primo accordo di Bruxelles, a partire dall’invio di 200 miliardi al Fondo Monetario, ha corretto in parte la situazione: i futures sullo S&P sono risaliti, seppur di poco. Ma l’euro resta sotto pressione. Dopo il crollo di ieri, perciò, l’avvio dei mercati si presenta negativo. A Wall Street la seduta si è chiusa con un marcato ribasso: S&P 500 -2,11%, Nasdaq -1,99%, Dow Jones -1,63%. Analogo copione in Asia: Nikkei – 1,48%, Hong Kong – 2,46%.
IN ARRIVO 200 MILIARDI UE PER L’FMI. LA GESTIONE DEL SALVASTATI A DRAGHI
L’accordo di Bruxelles prevede una «unione di bilancio», forte di vincoli più stretti e l’obiettivo di un «sostanziale pareggio» come regola base dei bilanci degli Stati. Viene previsto infatti uno sforamento strutturale massimo pari allo 0,5% del Pil, lasciando la possibilità di aggiustamenti del deficit a fronte di cicli economici sfavorevoli o eccezionali circostanze economiche. Gli Stati aderenti puntano ad aumentare la disponibilità del Fondo monetario internazionale per 200 miliardi, Nel frattempo il Fondo Salva Stti sarà amministrato dalla Bce.
IL COLPO DI GRAZIA DELL’EBA ALLE BANCHE ITALIANE. SOLO UNICREDIT HA IN PROGRAMMA UN AUMENTO
In questa cornice il verdetto dell’Eba, European Banking Authority, ha il sapore del colpo di grazia. L’authority europea, guidata dall’italiano Andrea Enria, valuta in 114,7 miliardi di euro il fabbisogno di capitale degli istituti di credito del vecchio continente, in crescita di 8 miliardi rispetto alle ultime valutazioni. Alle banche italiane servono 15,4 miliardi. Se si esclude Unicredit (poco meno di 8 miliardi) che ha già in cantiere un aumento in linea con le richieste, i casi più urgenti riguardano Mps (3,27 miliardi), Banco Popolare (2,7 miliardi) e Ubi (1,4 miliardi). Il Banco Popolare ha già fatto sapere che farà “il miglior sforzo” per raggiungere il Core tier 1 del 9% “senza ulteriori ricorsi al mercato”. Vibranti proteste da Banca Mps che parla di “decisione non appropriata”. In ogni caso il diktat dell’Eba accelera il riassetto del controllo della banca: è sempre più probabile la soluzione Cdp. Anche l’Ubi fa sapere che anche grazie alla conversione del prestito convertibile, si adeguerà con una serie di misure ai parametri Eba senza fare ricorso ai mercati. Dal quadro generale, quindi, emergono due indicazioni: a) una stagione di riduzione degli impieghi; b) una raffica di cessioni di assets.
Il taglio dei tassi e l’accesso facilitato ai finanziamenti della Bce non hanno accontentato i mercati. Anzi, la frana è cominciata dopo la conferenza stampa in cui Mario Draghi ha escluso la possibilità di mettere in campo una triangolazione con il Fondo monetario per sostenere i Paesi dell’euro in difficoltà. Inoltre, Draghi ha ammesso che il taglio dei tassi è stato deciso solo “a maggioranza”. I margini di manovra si restringono, la Bce “non può andare avanti all’infinito” ad acquistare i titoli di Stato di Italia, Spagna e altri Paesi in difficoltà. Ma, in assenza dell’accordo con l’Fmi, non ci sono risorse per sostenere le necessità finanziarie di Roma e Madrid per il 2012. Un’iniezione di incertezza sui tempi e le quantità che ha gelato le aspettative dei mercati a proposito della capacità della banca di Francoforte di garantire la stabilità finanziaria. Al contrario, da ieri la coperta per proteggere Btp e Bonos è ancora più corta.
IL BUBBONE FONDIARIA SAI PESA SUL TITOLO MEDIOBANCA. NECESSARIO UN AUMENTO DA 600 MILIONI PER LA COMPAGNIA
In Piazza Affari è stato un massacro per i titoli finanziari. Ecco la Caporetto in percentuale: MontePaschi -9,1%, Intesa-8,9%,Mediobanca -10,4%, Ubi -7,1%, Pop.Emilia -8,3%,Banco Popolare -6,1%, Unicredit -7,2%. Mai, forse, nella sua storia Mediobanca (-29% da inizio anno) ha dovuto fronteggiare una situazione così critica: sull’istituto pesa la situazione ad alto rischio di Fondiaria Sai verso cui Mediobanca è esposta con un prestito subordinato di 1,1 miliardi, rimborsabile solo dopo aver soddisfatto gli altri creditori. Nasce di qui l’offerta di piazzetta Cuccia che si è detta pronta ad organizzare e sostenere il collocamento di un aumento di capitale Fondiaria Sai per 600 milioni. Fondiaria-Sai, intanto, ha accusato un calo del 9,6%. La compagnia, oggetto in estate di un aumento di capitale per 460 milioni, oggi ne capitalizza 430 in tutto. Il progetto di costituire una società veicolo in cui parcheggiare le quote delle partecipazioni strategiche è stata bocciata dall’Isvap e dalla banche creditrici. Intanto la capitalizzazione di Mediobanca è scesa attorno a 4 miliardi circa.
Generali -3,6%: il gruppo del Leone e la francese Axa sono fra i potenziali compratori selezionati da Hsbc Holdings per l’acquisizione del business assicurativo della banca, valore attorno ai 750 milioni. Hsbc possiede attività nelle assicurazioni danni in Asia, in alcuni Paesi dell’America Latina (Panama, Honduras, El Salvador, Argentina e Messico) e in Francia. Hsbc preferirebbe cedere gli asset in un unico blocco, ma potrebbe valutare uno spezzatino.
GS E MERRILL LYNCH BOCCIANO FINMECCANICA. OGGI IL CONTRATTO DELL’AUTO PER FIAT
Difficile scegliere il titolo più tormentato in una giornata da incubo. Ma Finmeccanica -9,3% ancora una volta è tra i candidati al premio indesiderato: il titolo è stato declassato da Merrill Lynch, che ha tagliato il prezzo obiettivo a 3 euro da 4 euro e da Goldman Sachs ( 2,5 euro invece di 4), nonostante che il portafoglio ordini si sia arricchito di 1,5 miliardi nell’ultima settimana.
Fiat è scesa del 3,3%, Fiat Industrial -7%. Il contratto per l’auto è ormai alle battute finali: oggi potrebbe esserci la firma. Esclusa la Fiom,
Eni perde il 2,9%. Il Ceo Paolo Scaroni, in Qatar per il congresso mondiale del petrolio, ha fatto il punto sulle relazioni con l’Iran e sui rischi in caso di sanzioni verso Teheran. Eni vanta 2 miliardi di dollari di crediti, pagabili in greggio, nei confronti della National Iranian Oil maCompany (NIOC). La compagnia italiana, ha aggiunto Scaroni, potrebbe fare a meno del greggio iraniano per alimentare le sue raffinerie ma sarebbe un grave danno rinunciare ai “ pagamenti in petrolio che il NIOC ci sta facendo”. Il petrolio iraniano pesa per circa il 15% sulle forniture dell’Eni ma se ci fosse un divieto sull’Iran la compagnia potrebbe ottenere più petrolio da altri fonti come Russia o Libia.