“Un Trump negoziatore, avverso alle guerre e orientato alla crescita, un’inflazione abbastanza vicina agli obiettivi, una buona crescita globale, banche centrali orientate a tagliare i tassi e utili che supportano valutazioni azionarie sui massimi. Sono tutte premesse incoraggianti in vista della chiusura d’anno e di un 2025 con buone potenzialità. Facciamo però attenzione a non distrarci e a pensare che ci sia una sorta di pilota automatico che ci aiuterà ad attraversare la prossima fase senza troppe scosse. No, il prossimo sarà un periodo complicato, difficile e pieno di sfide”. È con queste parole che lo strategist di Kairos, Alessandro Fugnoli apre l’edizione di novembre 2024 del podcast “Al 4° piano” .
I mercati e le 4 sfide di fine anno
L’analisi di Fugnoli parte inevitabilmente dalla geopolitica. “La disponibilità al negoziato con Russia, Cina e forse anche Iran è ex ante positiva”, afferma l’economista, ricordando come durante i negoziati, di regola, le parti “stanno attente a non fare saltare immediatamente il tavolo delle trattative alzando il tiro sul campo”, dice.
“In realtà, come stiamo vedendo in questi ultimi giorni in Ucraina, le trattative prossime a cominciare possono indurre ad alzare il livello del conflitto per presentarsi da posizioni di forza al negoziato”. “Inoltre – aggiunge Fugnoli – la disponibilità al negoziato può essere scambiata per debolezza e indurre ad alzare il tiro e a stabilire fin da subito linee rosse invalicabili. In secondo luogo esiste un’oggettiva difficoltà a trattare quando i punti irrinunciabili sono troppi. I negoziati, d’altra parte possono sempre trascinarsi in modo inconcludente o portare a rotture insanabili”.
Con la seconda sfida da affrontare si passa dalla geopolitica all’economia. E il tema principale non può che essere l’Inflazione “che Biden consegna a Trump non del tutto domata e che Trump non potrà più giocare, come ha fatto Biden, per comprare crescita”, sottolinea lo strategist.
“Se vorrà crescere a velocità sostenuta, da qui in avanti l’America dovrà agire sul lato dell’offerta e non più della domanda. Dovrà liberalizzare aggressivamente l’energia, in modo da aumentarne la produzione e contenerne il prezzo e deregolare l’attività delle imprese”, è la ricetta di Fugnoli.
Terza sfida: i tassi, che – prevede lo strategist – la Fed taglierà meno di quanto i mercati tuttora si aspettino. “L’indurimento della Fed, immediatamente evidente dopo il voto del 5 novembre, peserà su una crescita che sta già perdendo velocità e passando negli Stati Uniti dal 3 al 2 per cento. Sulla crescita peserà del resto anche il contenimento dei flussi migratori”.
Infine ci sono i dazi che “è vero che peseranno più su Cina ed Europa che sui consumatori americani, ma una certa spinta all’inflazione, per quanto temporanea, verrà anche da quella direzione”, stima Fugnoli.
Borse e mercati: cosa succederà?
Le quattro sfide che ci attendono nel prossimo futuro dovranno essere assorbite “da mercati azionari che hanno valutazioni piuttosto elevate e che già scontano alcune delle potenzialità positive del prossimo anno”.
“In pratica – prevede Fugnoli – tanto la conclusione del 2024 quanto il 2025 continuano a mostrare un prevalere di fattori positivi rispetto ai fattori negativi, ma senza quella capacità di trascinare i mercati sull’onda dell’entusiasmo che abbiamo visto in molte fasi del lungo rialzo partito nell’estate 2022”. “A rallentare le borse – continua – sarà anche la presenza di fattori nuovi da valutare. Spesso, come nel caso delle politiche di Trump verso l’inflazione, questi fattori tenderanno a bilanciarsi tra loro, ma i mercati, in particolare i bond, si metteranno in una posizione prudente di attesa”.
“Si dice molto, in questo periodo, che è il caso di diversificare, ovvero uscire dall’America e riscoprire Europa, Asia ed emergenti. Questo potrà essere vero in casi specifici, ma ricordiamo che l’eccezionalismo americano non è destinato a tramontare nei prossimi anni, ma anzi a rafforzarsi”, prosegue l’economista, secondo cui “il dollaro, almeno nella fase di introduzione dei dazi, resterà molto forte. Il ruolo di superpotenza energetica dell’America sarà fuori discussione. Includendo i tre milioni di barili cui arriverà rapidamente la Guyana, dove operano quasi esclusivamente compagnie statunitensi, la produzione americana di greggio sarà a fine decennio il doppio di quella saudita”.
E poi c’è l’intelligenza artificiale che attrarrà investimenti tanto massicci “che i prossimi data center in progettazione avranno ciascuno non una ma cinque nuove centrali nucleari ad alimentarli”, osserva Fugnoli.
In Europa, il nuovo governo tedesco cercherà l’anno prossimo di invertire il processo di deindustrializzazione e certamente conseguirà dei risultati positivi, “ma il distacco tra America ed Europa crescerà ancora. Quanto all’Asia, sarà la regione più colpita dai dazi e dalle sanzioni dei prossimi anni”. ricapitola lo strategist.
“Finché tanto il dollaro quanto Wall Street rimarranno forti, la presenza dell’America nei portafogli dovrà mantenere un ruolo importante”, conclude.