Oggi si sono celebrate le esequie di un grande Pontefice: Benedetto XVI, il primo Papa nella millenaria storia della Chiesa cattolica che volle rinunciare alla missione di successore di Pietro, prima di essere convocato alla “casa del Padre’’.
Benedetto XVI e Giovanni Paolo II: lo sconfitto e il vincitore
Diversamente da Giovanni Paolo II che decise di portare la croce anche nella sofferenza e nella disabilità, Papa Ratzinger ha trascorso gli ultimi nove anni della vita nel ruolo inedito di papa emerito, nel ritiro, nella preghiera e nel silenzio. Ma tra i due Pontefici – peraltro molto uniti in vita – vi è stata una differenza sostanziale. Il Papa polacco è entrato nella storia come un vincitore, come l’inviato dell’Onnipotente a sconfiggere l’Impero del male e restituire la libertà (anche di professare la fede dei Padri) a milioni di persone in Europa e nel mondo. Benedetto XVI ne esce come uno sconfitto a cui sono riservati rispetto e stima; ma il suo decesso non ha sollevato quell’ondata di commozione che in tutto il mondo accompagnò l’ultimo viaggio di Papa Vojtyla.
Benedetto XVI: il Papa custode della fede intransigente contro il relativismo
Josef Ratzinger era uno sconfitto che, peraltro, aveva gettato le armi, senza garantirsi una continuità nella guida della Chiesa che fosse in linea con gli obiettivi del suo Pontificato: difesa del Cristianesimo in Europa. Elevato al soglio di Pietro, nella scelta del nome il Cardinale Ratzinger aveva voluto sottolineare quale fosse la sua visione della Chiesa che non avrebbe potuto sopravvivere separata dalle sue radici nel Vecchio Continente e dalla sua cultura, compreso l’Illuminismo.
San Benedetto è il patrono dell’Europa ed è toccato ai benedettini di mettere in salvo i classici di quel pensiero filosofico greco che inglobato nell’empirismo dell’Impero di Roma venne diffuso nel mondo. Ratzinger per tanti anni custode della fede aveva compreso che gli effetti del relativismo, truccati da modernità, avrebbero coinvolto anche la Chiesa, se non fosse rimasta ancorata a quelli che erano ritenuti valori non negoziabili.
Ricordo un’importante omelia che l’allora Cardinale Ratzinger pronunciò all’apertura del Concistoro chiamato ad eleggere il successore di Papa Giovanni Paolo II (Missa pro eligendo Romano Pontefice, nella Basilica di San Pietro il 18 aprile 2005). Quelle considerazioni sulla Chiesa Cattolica si sono rivelate profetiche e anticipatrici di quanto sarebbe avvenuto nell’arco di alcuni anni e che, Ratzinger, divenuto Benedetto XVI, non riuscì a contrastare.
“Quante mode di pensiero….
‘’Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno – denunciava Ratzinger – nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo (ecco la questione centrale del declino, ndr) una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia “come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.
Benedetto XVI: l’etica per guidare i comportamenti della vita quotidiana
Era ed è proprio così. Liberata dal potere temporale l’autorità della Chiesa si esprime indicando un’etica a cui attenersi nei comportamenti della vita quotidiana. Sul Monte Sinai il Signore volle consegnare a Mosè le Tavole della Legge, nelle quali erano scolpite le regole della vita quotidiana. Il Cristo della tradizione cristiana non è un’Idea astratta: è la Via, la Verità, la Vita. La Chiesa stava perdendo l’Europa sul piano dell’etica e quindi della principale funzione che era chiamata ad esercitare. Come disse nell’omelia Josef Ratzinger: il relativismo appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi moderni.
L’Europa – la culla della civiltà giudaico-cristiana – ha scoperto nel nuovo vitello d’oro del “dirittismo” un’altra etica “immorale” perché rivolta a demolire, in nome dei “nuovi diritti”, ogni principio del diritto naturale (su cui è fondata la dottrina della Chiesa) fino a consolidare le nuove dottrine nel diritto positivo, che non si limita più a trasferire negli ordinamenti giuridici i diritti naturali delle persone, ma li crea lasciando “come ultima misura il proprio io e le sue voglie”.
E’ il caso delle teorie sulla identità di genere, dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, di ciò che è diventata la stessa IVG. Poi che dire della “visione del mondo” predominante nella Chiesa? Più volte si è notato che Papa Francesco non parla volentieri dell’Europa come entità non solo politica, ma anche spirituale. Basta osservare il tragitto delle visite apostoliche di Francesco e metterle a confronto con quelle di Benedetto per accorgersi che per il primo l’Europa sia marginale, mentre per il secondo rappresentava il principale luogo dell’Apostolato. Ed è nella Chiesa del Vecchio Continente dove è aperta la “guerra civile” che si ripercuote in tutte le direzioni in cui gli Stati europei hanno portato – spesso imposto nei secoli – il Cristianesimo. Sul piano dottrinale il Vaticano non è grado di attestarsi su nuovi valori né di difendere quelli della tradizione. Resta a metà. E dissimula le sue incertezze invocando il rafforzamento dell’azione pastorale: come disse Francesco, i sacerdoti sono custodi del gregge e devono avere lo stesso odore delle pecore loro affidate. Il compianto Cardinale Carlo Caffarra fu il primo a denunciare questa teoria, quando ancora Papa Francesco viveva la sua luna di miele con i fedeli e l’opinione pubblica mondiale: ‘’Una Chiesa con poca attenzione alla dottrina – disse Caffarra – non è più pastorale, è solo più ignorante”.
Benedetto XVI in difesa dei valori del Cristianesimo in Europa
Oggi i cristiani sono perseguitati in molte aree del mondo, quelle stesse che Papa Francesco predilige nel suo apostolato di Pontefice che – come lui stesso si presentò nel suo primo discorso – fu preso dalla fine del mondo. Ma in Europa – dove la Chiesa potrebbe avvalersi dello Stato di diritto e della possibilità di influire sulla politica – i cristiani sono abbandonati a se stessi, i loro principi vengono banditi dal diritto positivo in nome di un’idea di libertà confinante con l’arbitrio. Bisognerebbe rileggere il discorso di Papa Benedetto XVI a Ratisbona – il 12 settembre 2006 – per cogliere lo stretto legame tra la cultura occidentale e il Cristianesimo. “Il qui accennato vicendevole avvicinamento interiore, che si è avuto tra la fede biblica e l’interrogarsi sul piano filosofico del pensiero greco, è un dato di importanza decisiva non solo dal punto di vista della storia delle religioni, ma anche da quello della storia universale – un dato che ci obbliga anche oggi. Considerato questo incontro – disse il Santo Padre – non è sorprendente che il cristianesimo, nonostante la sua origine e qualche suo sviluppo importante nell’Oriente, abbia infine trovato la sua impronta storicamente decisiva in Europa. Possiamo esprimerlo anche inversamente: questo incontro, al quale si aggiunge successivamente ancora il patrimonio di Roma, ha creato l’Europa e rimane il fondamento di ciò che, con ragione, si può chiamare Europa”.
Papa Benedetto sosteneva che i cristiani devono rassegnarsi ad essere una minoranza. Ma questa condizione non costituiva nel suo pensiero un limite, se la comunità dei credenti fosse rimasta fedele ai propri valori, arrivando alla fede attraverso la ragione. Quando, per una frase contenuta nel discorso di Ratisbona, venne attaccato, offeso e minacciato dalle comunità islamiche e dalle autorità dei Paesi teocratici, Benedetto dovette subire critiche pure dall’interno della Chiesa in nome, appunto, di un relativismo per il quale la fede diventa una notte in cui tutte le vacche sono nere e si collocano tutte sulle stesso piano, anche quelle con non nascono dalle libere convinzioni ma sono imposte per legge dall’autorità dello Stato. Ma l’affronto più grave a Papa Ratzinger venne da un appello sottoscritto da numerosi docenti della Sapienza per contestare l’invito rivoltogli dalle autorità accademiche a tenere una lezione in quell’Ateneo. Mi auguro che molti di loro in tutti questi anni abbiamo avuto vergogna di quella firma estorta da un laicismo bigotto: Josef Ratzinger era prima di tutto un professore, un esimio collega di una grande Università, la “vigna del Signore”.