Strada in salita per gli sviluppatori indipendenti
Il 2014 sembra un anno piuttosto torrido per i cercatori di download di app, circa 3 milioni di sviluppatori ed editori nel mondo. Gli ebook sono cresciuti di uno striminzito 4% nel 2013, ma i download di app da AppStore e Google Play si sono ristretti ancora di più. Sta succedendo in controtendenza, perché gli smartphone, con a bordo i due negozi, sono nelle mani di sempre più persone che si immergono nei loro schermi in qualsiasi posto si trovino. Che fanno? Una di queste: Facebook, WhatsApp, Instagram o Snapchat. Ecco i magnifici quattro dell’app economy.
A dircelo sono i risultati di una rilevazione di Deloitte, la più grande società di consulenza e auditing del mondo, condotta su un campione di consumatori nel Regno Unito. Un terzo di proprietari di smartphone non scarica applicazioni, mentre 9 intervistati su 10 hanno dichiarato di non spendere niente in app o altri contenuti sui loro telefonini.
L’indagine mostra che l’andamento dei ricavi, su base trimestrale, della popolarissima app Candy Crash Saga è in caduta libera. Il consumatore sembra essersi completamente stufato delle applicazioni e, quando non lo è, scarica delle app gratuite senza procedere ad acquisti supplementari. All’inizio dell’app economy i possessori degli smartphone non avevano alcun problema a tirare fuori un paio di euro per scaricare un’app ben fatta, divertente, utile o semplicemente scema. Questo comportamento aiutava soprattutto gli sviluppatori indipendenti perché donava a tutti le stesse opportunità. Oggi non è più così.
Uno stato di fatto piuttosto devastante per gli sviluppatori ed editori di app, specialmente per quelli indipendenti. Secondo Vision Mobile, che ha condotto un’inchiesta su 10mila sviluppatori di app, un quinto (24%) dichiara di non ricavare niente dalle app che pubblica, il 23% farebbe tra 1 e 100 dollari e il 22% tra 100 e 1000 dollari. Il 79% degli sviluppatori ricava meno di mille euro mensili dalle app che pubblica. Solo i gruppi in grado di sviluppare una comunicazione importante possono sottrarre le loro app dall’irrilevanza. Per guadagnarsi le luci della ribalta si stanno scomodando divi hollywoodiani come Tom Hanks o Justin Bieber o star della TV il cui riferimento appare persino nella denominazione dell’app (es. Hanx Writer). Il livellamento bestiale del mercato lascia spazio a solo poche emersioni che scaturiscono da un investimento anche a sei cifre a fronte di un rischio da codice rosso. Sul piccolo schermo di uno smartphone la gente non passa molto tempo a navigare, ricercare e analizzare, tende a fare quello che fanno gli altri e quando scarica, scarica quello che trova nelle classifiche, nelle prime 25 posizioni. Per andare nelle classifiche bisogna che gli algoritmi di Google Play o la redazione di Apple collochi l’app nella vetrina dello store o che dall’esterno monti una forte popolarità che non è facile da costruire con gli strumenti conosciuti della comunicazione.
Scegliersi una nicchia
50 miliardi di dollari il valore dell’app economy nel 2015 secondo uno studio commissionato da Google.
I grandi retailer dicono che le cose non stanno per niente così, che il mercato è in crescita e che distribuiscono agli sviluppatori risorse che raddoppiano di anno in anno. La Apple dice di aver versato agli sviluppatori 20 miliardi di dollari nel 2014. Google ha diffuso uno studio che stima il valore dell’app economy nel 2015 in 50 miliardi di dollari, un’enormità. Il grafo dei pagamenti effettuati da Apple agli sviluppatori sembra un razzo lanciato nel cielo. Lo stesso dicasi per il trend dei download. Chi ha ragione allora, Deloitte e gli sviluppatori indipendenti o i grandi retailer? Questo interrogativo svela la regola aurea dei nuovi media distribuiti online: partecipano in molti ma i vincitori sono pochi e i vincitori prendono tutta la posta che è cospicua. E c’è pure la seconda regola aurea: chi ha in mano la distribuzione controlla il business e lo piega ai propri obiettivi, in questo caso mantenere vibrante il mercato dei dispositivi mobili per Apple e per Google il coinvolgimento delle persone in attività che possono tracciare il loro comportamento di consumo.
Per gli sviluppatori indipendenti restano due strade: la prima è quella di farsi comprare dai grandi gruppi tecnologici che vedono nelle acquisizioni una scorciatoia per accrescere l’offerta di servizi; la seconda è quella di buttarsi sulle nicchie con un discreto potenziale di crescita: salute e fitness in testa a tutti, ma anche educazione, strumenti che aiutano a compilare la dichiarazione dei redditi o a migliorare la produttività sul posto di lavoro, insomma business app. Mark Wilcox, analista di VisionMobile, ha dichiarato “la gente che sta facendo i soldi con le app si trova nelle nicchie più piccole”.
Ecco che tornano le nicchie. Nicchia o blockbuster, che tipo di app sei? Tertium non datur.