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I dolori del giovane Renzi?

Renzi deve aver capito che a lui e al suo Governo non sarà risparmiato proprio nulla. I ministri scelti più per la giovane età che per la competenza; lo scivolone del sottosegretario Gentile che non è per nulla gentile verso la libertà di stampa; la nebulosa posizione sull’Ucraina, per non parlare delle riforme, dalla legge elettorale al lavoro al taglio del cuneo fiscale. Per non rimanere impigliato nel ginepraio di contrasti, la rapidità decisionista non basta: occorre avere una squadra di pretoriani con gli occhi aperti e capaci di fiutare ogni trappola per tempo.

Tre sono i temi cruciali di queste settimane: legge elettorale, cuneo fiscale e jobs act.

La legge elettorale vale da sola, secondo gli analisti di Barclays Bank, cinquanta punti di spread. Quindi è da varare al più presto, vincendo le resistenze di Alfano e convincendo Berlusconi che i toni ultimativi di Brunetta portano solo allo sfascio completo, alle elezioni e alla probabile vittoria di Grillo, con tutto quello che può significare in termini di caos finanziario ed economico. Su questo tema si può mediare fino a un certo punto. Dopo, bisogna essere disposti a giocarsi il tutto per tutto. Del resto le argomentazioni di Alfano sono solo frutto del sospetto che si voglia andare presto alle elezioni. Sospetto da dissipare con altri argomenti.

Sul cuneo fiscale inizia già la solita disputa tra Confindustria e sindacati su come dividersi la torta di circa 10 miliardi. Squinzi vorrebbe che tutte le risorse fossero destinate alla riduzione dell’Irap. E sono ritenute peraltro appena sufficienti. I sindacati vorrebbero una forte riduzione dell’Irpef per dare un po’ di soldi ai lavoratori a basso reddito. Posizioni comprensibili ma inconciliabili. Il rischio è quello di dividere una torta, già piccola, in tante fettine che risulteranno ininfluenti sull’andamento della competitività e quindi della ripresa economica complessiva.

Sul jobs act i sindacati, come dimostra l’intervista della Camusso a La Repubblica, hanno già cassato il contratto unico d’inserimento, l’espansione della contrattazione aziendale, la sostituzione della Cassa Integrazione in deroga con l’assegno di disoccupazione a tempo gestito dall’Aspi. Insomma, per i sindacati non è una riforma per rendere più moderno il mercato del lavoro, ma un modo per far assumere un po’ di gente con il vecchio schema dei lavori socialmente utili. 

La Confindustria tace in proposito, spaventata dall’eliminazione della cassa in deroga, comodo rifugio per tante aziende in difficoltà. Si tratta degli stessi ostacoli che hanno impedito alla Fornero di fare una vera riforma, costringendola a ripiegare su norme troppi vincolanti all’ingresso e rinviando la vera novità dell’Aspi alle calende greche. Eppure, una vera riforma del mercato del lavoro sarebbe valutata positivamente dai mercati internazionali e dalle autorità di Bruxelles, risultando un elemento fondamentale per ripristinare la fiducia degli investitori, e magari spingendo le autorità comunitarie ad allargare un po’ i cordoni della borsa.

Dovendo scegliere, a causa delle limitate risorse di cui il Governo dispone, a Renzi converrebbe puntare tutto sulla riforma del lavoro, mettendo immediatamente del denaro per allargare la platea dei beneficiari del sussidio di disoccupazione e rinviando di qualche mese, fino a quando non saranno disponibili le risorse della spending review, il taglio del cuneo fiscale. In questo modo si darebbe un concreto vantaggio ai disoccupati, con effetti positivi anche sulla domanda interna, mentre il taglio del cuneo favorirebbe soprattutto le imprese esportatrici, che in questo momento hanno meno bisogno di sostegni immediati, specie se quantitativamente modesti, mentre avrebbe scarso impatto sulla domanda interna. 

La riforma del lavoro, insieme a quella della legge elettorale, darebbe al mondo un concreto segnale della svolta italiana. Se a questo si aggiungesse l’adozione del piano Bassanini-Messori per il rapido pagamento dei debiti della Pa verso le imprese, la credibilità del nostro paese si rafforzerebbe, e probabilmente cambierebbero in positivo le aspettative di consumatori ed investitori, dando un po’ di robustezza ai timidi segnali di ripresa che si avvertono soprattutto nel Nord Europa.

Ci sarebbe poi tempo per fare le altre e complesse riforme che bisogna fare. Ma ora è importante sceglie su cosa puntare nell’immediato, senza disperdere le energie e senza mettere nel calderone troppi e disparati temi.

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