I governi di mezzo mondo sono in attesa del duello televisivo di martedì notte tra Donald Trump e Kamala Harris ma soprattutto dei risultati delle elezioni americane del prossimo novembre per capire cosa succederà agli scambi internazionali qualora Washington dovesse aprire un nuovo “fronte dei dazi”. Un’eventualità di un nuovo pacchetto di inasprimenti doganali riguarderebbe evidentemente l’ipotesi di un bis alla Casa Bianca di Donald Trump.
Ma cosa succederebbe all’economia interna americana in uno scenario di ulteriori dazi introdotti dagli Stati Uniti e “subiti” dai consumatori americani?
Il Trump bis costerebbe oltre 2.600 dollari all’anno alle famiglie americane
Secondo un interessante studio del Peterson Institute for International Economics di Washington, le proposte di Trump costerebbero oltre 2.600 dollari all’anno alle famiglie americane. Anche in occasione degli ultimi eventi elettorali estivi, l’ex presidente ha ribadito i propositivi di imporre dazi ancora più elevati rispetto a quelli ventilati all’inizio della sua campagna. Le economiste Kimberly Clausing e Mary E. Lovely hanno analizzato gli effetti delle proposte tariffarie di Trump, che includono un dazio del 60 per cento su tutte le importazioni dalla Cina e un dazio generalizzato del 10 per cento su tutte le importazioni da altri Paesi.
Il Peterson Institute ha calcolato che le entrate derivanti dalle proposte tariffarie di Trump ammonterebbero a circa 225 miliardi di dollari l’anno. Questa cifra è tuttavia probabilmente sovrastimata, poiché non tiene conto della riduzione della crescita economica dovuta agli inevitabili shock economici causati dalle ritorsioni contro gli esportatori statunitensi e dalle perdite subite dal settore manifatturiero, che dipende dalle importazioni.
Penalizzati anche gli esportatori
Anche gli esportatori sarebbero penalizzati dall’apprezzamento del dollaro. In ogni caso, le ultime dichiarazioni del candidato repubblicano indicano che il suo entourage economico sta valutando addirittura dazi fino al 20 per cento sulla maggior parte delle importazioni. Stando allo scenario costruito dal PIIE su queste ultime ipotesi di dazi, ovvero l’imposizione dunque di un dazio del 20 per cento su tutte le importazioni, combinato con il dazio del 60 per cento sulla Cina, il “pacchetto Trump” costerebbe più di 2.600 dollari all’anno alle famiglie statunitensi con reddito medio. Si tratta di un aumento rispetto alla perdita di 1.700 dollari di reddito netto che deriverebbe dal suo piano precedente.
Dazi elevati comportano anche un massiccio spostamento del carico fiscale dai contribuenti più ricchi verso le famiglie a basso reddito. Seguendo il metodo di Clausing e Lovely, le perdite sarebbero maggiori per quelle con i redditi più bassi. La famiglia media vedrebbe il proprio reddito netto ridursi di circa il 4,1 per cento, oltre 2.600 dollari. Tuttavia, l’1 per cento più ricco registrerebbe un aumento del reddito, poiché le perdite derivanti dai dazi verrebbero più che compensate dai tagli fiscali proposti da Trump.
Imposte sul reddito al posto dei dazi?
Ma Trump potrebbe sostituire le imposte sul reddito con i dazi? No, e tentare di farlo sarebbe regressivo e dannoso per la crescita economica: è la risposta data in un altro articolo sempre di Kimberly Clausing, questa volta a firma con Maurice Obstfeld. «I dazi vengono applicati sui beni importati, che nel 2023 hanno totalizzato 3,1 trilioni di dollari. Le imposte sul reddito, invece, si applicano sui redditi, che superano i 20 trilioni di dollari. Attualmente, il governo degli Stati Uniti raccoglie circa 2 trilioni di dollari dalle imposte sul reddito individuale e societario. È letteralmente impossibile sostituire completamente le imposte sul reddito con i dazi. Le tariffe dovrebbero essere incredibilmente alte su una base così ridotta di importazioni per poter compensare le imposte sul reddito, e, man mano che le aliquote aumentano, la base stessa si ridurrebbe con il calo delle importazioni, rendendo irraggiungibile l’obiettivo di 2 trilioni di dollari di Trump». Se le questioni economiche sono da sempre decisive per determinare il voto dell’elettorato americano, per Donald Trump la strada della politica dei dazi potrebbe diventare nelle ultime settimane di campagna elettorale una spina nel fianco se ben cavalcata dagli spin doctor del campo democratico.