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I dazi di Biden e il domino sulla transizione energetica. L’Europa in affanno per le importazioni

I dazi si ribalteranno su tutte le iniziative della green economy. La Cina risponderà rallentando quello che di buono è stato fatto soprattutto in Europa

I dazi di Biden e il domino sulla transizione energetica. L’Europa in affanno per le importazioni

Dal presidente Usa Joe Biden a Confagricoltura italiana, passando per Bruxelles, per le elezioni europee e americane, fino a Stellantis e aziende consimili. L’aumento dei dazi americani sulle importazioni cinesi è l’ultimo strillo della geoeconomia in chiave verde. Gli americani, a meno di sei mesi dalle elezioni del nuovo presidente, sarebbero stufi di veder circolare auto o di comprare apparecchiature con semiconduttori Made in Cina. La botta di Biden vale 18 miliardi di dollari e tocca anche batterie, materie prime critiche, apparecchiature, tecnologie di ogni tipo. Solo per le importazioni di auto elettriche le tariffe sono state aumentate di quattro volte, dal 25 al 100%. Eppure ogni cittadino americano ha in casa strumenti ed elettrodomestici con un anima cinese.

L’annuncio del presidente Usa è una tessera del domino mondiale che cade su tutto ciò che riguarda la transizione verde e le strategie contro i cambiamenti climatici. Fino a lunedì scorso non era scontato, ma da ieri siamo al punto che l’Ue teme di pagare un prezzo molto alto. Tutti i progetti di innovazione e di trasformazione dell’economia in qualcosa di meno dannoso per la nuova economia potrebbero saltare. Biden alza le importazioni su materiali strategici dal 25 al 50% e la Cina può pensare di venderli agli europei. “Dobbiamo assicurarci che i nostri interessi non siano danneggiati dalla concorrenza sleale” ha detto l’Alto rappresentante della politica europea Josep Borrell.

Green Deal al palo?

Molte carte del Green deal di Ursula von der Leyen possono cadere per la ragione che sulle importazioni di batterie o di litio l’Ue difficilmente imporrà restrizioni. Si tratti di aiuti per i veicoli elettrici, delle case verde o degli elettrolizzatori per l’idrogeno, l’Unione ha bisogno di acquistare in Cina. Per le auto elettriche entro i primi giorni di giugno dovrebbe completarsi l’indagine della Commissione sui sussidi pubblici cinesi alla produzione di auto elettriche. 

“Lavoriamo tutti insieme per mantenere una concorrenza leale” ha aggiunto Borrell. Si possono bloccare merci con determinate caratteristiche in arrivo dalla Cina, costruite lì da industrie europee? Il governo di Xi Jinping non ha ostacolato le aziende che decidevano di spostare le produzioni nel suo paese. Ha ragione il premier tedesco Olaf Scholz quando dice che almeno il 50% delle importazioni di veicoli elettrici dalla Cina è  fatto case occidentali

Da Stellantis all’olio di oliva

I dazi doganali riflessi nel Vecchio continente bloccherebbero quel 40 % circa di transizione energetica attuata in Italia, Germania, Francia, Spagna, Olanda. I governi meno sovranisti intravedono il rischio di smantellare tutto il sistema Wto nel quale l’economia verde cammina, non a passo di carica, ma cammina. La differenza vera tra Europa e Cina sta nei tempi del passaggio all’economia sostenibile. La Cina ha tempi meno corti e basta ricordare le posizioni alle Cop delle Nazioni Unite. Appare scontato che all’aumento dei dazi USA, la Cina risponderà con ritorsioni.

E l’Italia? Stellantis ha annunciato che venderà le auto della Leapmotor cinese incurante di tutte le nubi che si addensano sull’Ue. Carlos Tavares è stato esplicito “stiamo accelerando la fase dell’export di auto fuori dalla Cina”. Certo non siamo in Texas o in California dove le car americane girano senza tanti scrupoli per l’ambiente. Stellantis rappresenta un’idea di mobilità del futuro dove i costi alti vengono sostituiti dalla vendita di prodotti altrui. Come negli scaffali di un supermercato dove c’è tutto di tutti.

L’Italia ha paura anche per l’agroalimentare. Le aziende italiane esportano prodotti di qualità per 18 miliardi di euro. Vini, olio d’oliva, prodotti lattiero-caseari, sono apprezzati in Asia, spesso per imparare anche a produrli in loco. “La situazione che si profila – ha detto ieri Massimiliano Giansanti  presidente di Confagricoltura – aggiunge nuove tensioni in uno scenario internazionale già ad alta instabilità”. Gli agricoltori italiani hanno da poco spento i motori dei trattori contro le importazioni non di qualità. Potrebbero anche riaccenderli contro Joe Biden, autore di un ribaltamento di cui non ha pesato tutte le conseguenze. Questo è certo.

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