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I costi della politica non nascono solo dai superstipendi ma dell’enormità dell’apparato pubblico

Gli alti stipendi e vitalizi dei politici suscitano la giusta indignazione dei cittadini ma le basi della casta non stanno lì – L’origine dei costi e degli scandali della politica sta nell’abnorme estensione dell’apparato pubblico – L’intervento del Quirinale

I costi della politica non nascono solo dai superstipendi ma dell’enormità dell’apparato pubblico

L’indignazione degli italiani si concentra in questi giorni sugli stipendi e sui privilegi dei deputati ,dei senatori,dei consiglieri regionali e provinciali,insomma sulla cosi’ detta” casta di politici” che invece di essere al servizio dei cittadini trattano gli italiani come sudditi ,li spremono con nuove tasse e tiket,ma si guardano bene dal rinunciare a parte del loro stipendio o a qualcunoi dei benefit di cui godono e che spesso vanno al di là della decenza.

Anche il Presidente della Repubblica è intervenuto su questo tema prendendolo però da una prospettiva più ampia e cioè sollecitando ad una riflessione sulla complessiva governance del paese, sulla frammentazione e confusione delle competenze,insomma sui troppi livelli di governo che abbiamo : comuni.provincie,regioni,stato nazionale e comunità europea, senza contare le comunità montane ed altri centri di gestione autonoma di grande importanza come ad esempio l’Ente per le acque del Pò. Insomma abbiamo costruito un gigantesco apparato politico-burocratico che ormai pesa come una”manomorta” sulle attività dei cittadini,comprimendone lo spirito d’iniziativa e la voglia di fare,di misurarsi con il mercato,di operare con criteri basati sul merito e non sull’appartenenza a gruppi e cordate politiche.

Ha ragione Napolitano,l’indigrazione verso la casta non può limitarsi agli stipendi dei parlamentari o alla loro scarsa attività,ma deve guardare il problema dal punto di vista dell’architettura istituzionale se si vuole veramente liberare l’Italia dal peso soffocante di tutte queste autorità che pretendono di governarci in tanti campi in cui non ci sarebbe alcun bisogno di essere governati.

Certo gli stipendi e gli altri benefit dei nostri politici sono elevati se paragonati a quelli degli altri paesi europei. E’ vero che deputati e senatori lavorano solo due giorni alla settimana, ma bisogna chiedersi se questo sia un bene o un male dato che spesso l’eccesso di produzione legislativa fa più male che bene all’economia del Paese.

Anche qualora si riuscisse a tagliare gli stipendi di mille parlamentari certo non avremmo risolto il problema del contenimento della spesa pubblica dato che questa viene alimentata dall’ attività legislativa di tutti questi enti, e cioè dalla smania di accontentare clientele o gruppi di pressione accordando piccole o grandi regalie di denaro pubblico che quindi porta ad un aumento dei debiti e poi inevitabilmente alla necessità di aumentare le tasse. In altri termini tutta questa massa di politici ed i relativi staff,svolgono una incessante attività di intermediazione che con la scusa di fare una meritoria opera di redistribuzione della ricchezza, in realtà collocano risorse secondo criteri di dubbia efficienza, che rispondono più a logiche politiche che a parametri di economicità.

Ecco quindi il punto centrale dei costi della casta: l’enorme mole di spesa inefficiente che viene promossa dai politici a tutti i livelli per dare contributi alle più svariate associazioni,per opere pubbliche che non servono,per sussidi,quasi sempre totalmente inutili, alle più diverse categorie produttive e via di questo passo. Con gli anni ed anche dopo la creazione delle Regioni,abbiamo ampliato di molto il perimetro dell’area pubblica della nostra economia sottraendola alla concorrenza e quindi alla ricerca della massima efficienza.E ciò nonostante le privatizzazioni fatti negli anni novanta da Ciampi. La spesa pubblica supera il 50% del Pil, ma se ad essa si sommano i fatturati delle società che in un modo o nell’altro sono controllate dai politici, si raggiunge almeno un 70% del Pil che dipende dal settore pubblico.

Se si vuole veramente tagliare le unghie alla casta bisogna incidere su questo bubbone. Privatizzazioni e liberalizzazioni sicuramente limiterebbero l’arbitrio della politica.Ma non basta. Occorre ridurre i centri di comando e quindi il numero dei politici accorpando i comuni più piccoli, abolendo le Province,definendo meglio i compiti delle Regioni e quelli dello Stato così da non sprecare tante energie in lunghi e pretestuosi “conflitti di competenza”. Ed infine occorre mettere degli argini molto solidi, anche costituzionali,alle spese in deficit di tutti gli enti pubblici.In altri termini, non è tanto importante ridurre del 20 o 30% lo stipendio di tutti gli attuali politici, bisognerebbe ridurne il numero a cominciare a quello dei deputali e dei senatori.

Solo in questo modo si potrebbe limitare lo scandalo dei Bisignani e dei Milanese i quali non sono altro che intermediari (ovviamente interessati) tra il sistema politico ed i managers delle aziende pubbliche nominati proprio da quel sistema politico che dovrebbe controllarne l’operato ed invece cerca solo qualche vantaggio personale o per la propria parte politica.

Questo è il cuore del problema. Ma bisogna anche dire che migliaia di italiani sono attualmente beneficari di questo sistema di elargizione di mance pubbliche o sperano prima o poi di avere qualche cosa in regalo.E sono quegli stessi italiani che sbraitano contro i privilegi della casta. Allora la domanda è: sono disposti gli italiani a rinunciare ad effimeri ed ingannevoli regali elargiti dai politici? Hanno capito che sono benefici illusori perchè poi si scaricano inevitabilmente sulla fiscalità,e che costano moltissimo perchè i politici che fanno gli intermediari, si fanno pagare a caro prezzo la loro inutile attività di intermediazione?

A vedere il livello del dibattito,per lo più orientato al pettegolezzo, invece che alla sistematica ricerca delle cause dello strapotere della casta,qualche dubbio è legittimo. Ma ,chissà , la crisi potrebbe portare ad una diversa consapevolezza da parte dei cittadini che devono convincersi che è l’abnorme peso del settore che blocca la crescita del Paese.

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