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I conti del calcio, ma per il Psg di Messi non vale il fair play finanziario?

Il discusso presidente della Uefa, Ceferin, combatte la SuperLega ma chiude gli occhi di fronte alle spese spropositate e ai super ingaggi di Psg, Manchester City e Chelsea. Perchè due pesi e due misure?

I conti del calcio, ma per il Psg di Messi non vale il fair play finanziario?

Ce lo stiamo chiedendo un po’ tutti, gli appassionati di calcio: ma costruire una squadra come quella che ha costruito il Psg è legale? Lasciando stare le valutazioni etiche su un calcio che in piena pandemia non rinuncia alle sue cifre da capogiro e su un divario ormai imbarazzante tra pochissimi top club e tutti gli altri, dopo l’affare che ha portato Lionel Messi sotto la Torre Eiffel viene soprattutto da chiedersi: e il fair play finanziario? La verità è che sta andando a farsi benedire: il presidente della Uefa Aleksander Ceferin, che solo pochi mesi fa si era indignato di fronte all’ipotesi della Superlega, ergendosi a difensore dei veri valori del calcio che sarebbero stati traditi dall’accordo tra una quindicina di big per farsi una competizione a parte, ha di fatto annacquato le rigide regole finanziarie, con la scusa del Covid.

Ha lasciato correre in passato ma anche di recente per il Manchester City e per il Chelsea, sta lasciando correre adesso per il Psg, che già nel 2017 aveva scosso il mercato acquistando nella stessa stagione Neymar e Mbappé, spendendo complessivamente 367 milioni di euro, più un contratto da 35 milioni a stagione per il brasiliano, tutt’ora il terzo contratto più generoso al mondo. Allora il club di proprietà del fondo sovrano del Qatar la fece franca grazie a bilanci gonfiati da sponsorizzazioni discutibili, che gli permisero di aggirare la Break-even Rule, ovvero quella regola che impediva ai club di spendere più della loro capacità di generare ricavi indipendentemente dalla ricchezza dei proprietari, con un margine di tolleranza di 45 milioni.

Per giustificare l’acquisto di Messi, che di fatto costerà 120 milioni di euro in due anni, tra stipendio lordo e premio di ingaggio, il presidente Nasser Al-Khelaïfi non avrà nemmeno bisogno di ricorrere a trucchetti, perché gode già dell’occhio benevolo della Uefa, che da quando è iniziata la pandemia non vuole infierire sui club lasciando più libertà di manovra. Così però si finisce per avvantaggiare solo i pochissimi che possono farcela da soli, che si contano a stento sulle dita di una mano: il Paris, il City, mentre tutte le altre in qualche modo arrancano. Del resto secondo un rapporto della stessa Uefa il sistema calcio europeo ha perso 9 miliardi di euro a causa del Covid: la Superlega era forse un prodotto che non sarebbe piaciuto ai puristi, ma era altresì un modo per cercare una soluzione più allargata.

Ceferin invece sta persino progettando di superare il FFP, introducendo il modello chiamato “Football Earning Rules”, che permetterà ai club di investire denaro nel calciomercato senza alcun limite che non sia quello dato dalle capacità finanziarie dei proprietari. Un club rischierà sanzioni paragonabili a quelle subite dai club nelle scorse stagioni per violazione del Fair Play Finanziario solo se il suo patrimonio netto risulterà negativo, ovvero se eventuali passivi di bilancio dovuti a spese non finanziate dai ricavi non verranno immediatamente coperti dalla proprietà con aumenti di capitale. Quale club italiano, a parte forse la Juventus, sopravvivrebbe in un sistema del genere, in piena pandemia e con la concorrenza ineguagliabile di ricchissime famiglie mediorientali, o americane, o asiatiche?

In realtà per rendere il sistema più equilibrato le misure andrebbero persino irrigidite. Si parla ad esempio del salary cap, sul modello Nba, in risposta a chi fa notare che dopo tutto il Psg ha portato a casa quasi tutta la sua faraonica campagna di mercato a parametro zero, fatti salvi i 60 milioni spesi per l’interista Hakimi (complimenti all’Inter verrebbe da dire, unico club capace quanto meno di monetizzare il suo indebolimento). Gli altri, Messi incluso, non sono stati pagati agli ex club di appartenenza: Gigio Donnarumma dal Milan, Sergio Ramos dal Real Madrid, Georginio Wijnaldum dal Liverpool. Il punto però sono gli ingaggi riconosciuti a questi giocatori, e anche ad altri facenti già parte della rosa: passi per i 7 milioni netti al portiere della Nazionale italiana, ma lo spagnolo prenderà 15 milioni a stagione (a 35 anni), l’olandese 10 milioni, e poi ci sono ancora Neymar con 36, Mbappé con 33, Marquinhos con 14,4, Keylor Navas con 12, e tutti gli altri.

Insomma un monte ingaggi da Antitrust, ma la Uefa per ora fa orecchie da mercante. I rapporti tra Ceferin e Al-Khelaïfi sono sempre più stretti e idilliaci. Non è un caso che il Psg, che inizialmente faceva parte del progetto Superlega, sia stato il primo club a tirarsi indietro.

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