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I cinesi in Italia: dalla finanza all’industria la mappa della loro presenza nel business italiano

Cresce la presenza cinese nelle nostre aziende e nel nostro business: ecco una mappa aggiornata dalla finanza alla meccanica, dall’elettronica alle telecomunicazioni, dalla logistica ai porti, dalle energie rinnovabili all’abbigliamento – Il caso di Huawei e le acquisizioni di Benelli e degli yacht di Ferretti.

I cinesi in Italia: dalla finanza all’industria la mappa della loro presenza nel business italiano

La Cina, obiettivi strategici e finalità della presenza in Italia: alcune storie di imprese 

Banca e finanza a supporto dell’internazionalizzazione delle imprese domestiche

A Milano si sono insediate le due strutture della Bank of China, la prima istituita nel 1998 e la seconda aperta nel cuore della Chinatown della città nel 2010. Analogamente, Industrial and Commercial Bank of China (ICBC), la più grande banca al mondo in termini di mercato azionario capitalizzato, ha aperto una filiale nel 2011, seguita da China UnionPay, realtà di Shanghai relativamente giovane, specializzata in carte di credito. Sempre in questa area geografica si focalizzano gli uffici di società di consulenza istituite per assistere le imprese cinesi che investono in Italia. Tra queste, dal 2007, China Milan Equity Exchange (CMEX) opera come partner esclusivo della China Bejing Equity Exchange (CBEX) in Europa, fornendo una consulenza completa in materia legale, fiscale, finanziaria e organizzativa per le imprese italiane interessate al processo di privatizzazione delle imprese cinesi, oltre che agendo come referente per le imprese cinesi in Italia.

La meccanica: brand, conoscenze, tecnologie

Nel 2005, il Gruppo Quianjiang, produttore cinese di scooter e moto a bassa cilindrata, ha acquisito Benelli, marchio italiano noto e dalla lunga tradizione anche nelle competizioni sportive. Chongqing Lifan ha aperto a Roma la filiale italiana destinata a svolgere attività commerciale per la propria gamma di motoveicoli. Il settore automobilistico e motoristico è poi rappresentato dalla Yuejin Motor Corp, una casa di veicoli commerciali alleata con Iveco, che fa parte del gruppo storico Nanjing Automobile Corp. (Nac), dalla Chang’an Automobile (il quarto produttore cinese, alleato con Suzuki e Ford) e dalla Jac Italy Design center (controllato dal gruppo Jinaghuai, partner di Pininfarina).

La ricerca di asset strategici da parte cinese è collegata anche alla conquista di vantaggi di localizzazione ed alla disponibilità di know how e competenze specialistiche, in settori altamente competitivi. E’ il caso di Haier e Hisense, tra i principali player mondiali nel settore degli elettrodomestici.

La ricerca di competenze specialistiche e la volontà di completare il business hanno guidato Zoomlion, pioniere dell’industria cinese dei macchinari per costruzioni, nell’acquisizione dell’italiana Cifa e di altre imprese del gruppo, specializzate nella produzione di macchinari per calcestruzzi. Tale operazione è considerata finora la più grande acquisizione in Italia e una delle più grandi in Europa.

Nella cantieristica navale, ad inizio 2012 è stato ufficializzata l’operazione che ha permesso al gruppo cinese Shig-Weichai di rilevare il 75% del maggiore produttore mondiale di yacht di lusso, l’italiano Ferretti. Il Gruppo Ferretti travolto da un debito di 600 milioni di euro è stata acquisita con un operazione da 374 milioni di euro.

Elettronica e telecomunicazioni: target è il mercato

L’Italia rappresenta per le imprese cinesi anche un mercato rilevante per i prodotti dell’elettronica e delle telecomunicazioni. Tra gli investimenti più importanti vi è quello di Chint, società leader nei prodotti elettrici, che ha avviato la propria holding europea in Veneto. A questa si aggiungono due multinazionali delle telecomunicazioni come Huawei e Zte: la prima, conosciuta anche per le sue chiavette wi-fi, oltre ad aver rilanciato gli investimenti nella banda larga attraverso un’alleanza con Vodafone, ha deciso di concentrare a Milano le sue ricerche sulle tecnologie a microonde, con l’apertura di un nuovo centro di eccellenza che collabora con il Politecnico e l’Università di Pavia. Zte, invece, si è specializzata negli smartphone ed ha lanciato, insieme a Poste Italiane, un modello di pad minimalista a basso costo.

Logistica e porti: l’Italia è ponte strategico verso l’Europa

Se si guarda al numero di investimenti, un altro settore chiave risulta essere quello della spedizione e logistica, estremamente attrattivo per gli investitori cinesi data la posizione geografica dell’Italia come “porta” verso il Mediterraneo. La conquista delle infrastrutture portuali e dei network logistici è realizzata tipicamente attraverso joint venture con partner locali, operativi da tempo con successo nei principali snodi italiani. In questo caso gli attori cinesi sono gruppi multinazionali come Coscon, Cina Shipping Company e CCS.

Le energie rinnovabili: la frontiera

Un nuovo ed importante ambito di investimento è quello dell’energia alternativa, frutto della necessità strategica, riconosciuta dall’attuale piano quinquennale cinese, di ridurre l’inquinamento attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili. In questo filone rientrano, tra gli altri, gli investimenti effettuati in Puglia da China Energy Conservation & Environment Protection Group nel settore dell’energia pulita e del risparmio energetico.

Abbigliamento: opportunità per commercio da e per l’Italia

Altri casi di acquisizione sono stati realizzati nel settore dell’abbigliamento, dove nel 2007, Hembly, il principale operatore nella distribuzione dei prodotti moda in Cina, ha acquisito tramite la società H4T un marchio storico italiano nell’abbigliamento sportivo, la Sergio Tacchini, da tempo in difficoltà economiche. Sempre nel settore dell’abbigliamento, due iniziative greenfield hanno riscosso particolare risonanza: Jinjiang Nankai Garment opera a Roma nel commercio all’ingrosso e Zhejiang Xiongfeng Holdings a Milano nel design legato all’abbigliamento. Rilevante è anche l’investimento effettuato da Qingdao King Street finalizzato ad allacciare partnership commerciali con aziende italiane per distribuire in Cina prodotti “Made in Italy”.

Conclusioni

Spesso le acquisizioni effettuate da imprese provenienti da paesi emergenti, come la Cina, sono considerate più una minaccia che un’opportunità per il sistema economico domestico. Molti governi occidentali, con la crisi economica attuale, hanno iniziato a mutare atteggiamento, considerando sempre più le operazioni di investimento – soprattutto se in forma di acquisizione – come un’opportunità di rilancio per settori ed aziende mature. Si è iniziato a comprendere come queste operazioni possano offrire, se ben programmate e correttamente impostate, nuove opportunità alle imprese domestiche. Oltre alle vitali disponibilità liquide, i cinesi possono garantire l’immediato accesso al mercato asiatico, il più interessante e promettente a livello mondiale. Se lette in ottica di integrazione dei vantaggi competitivi reciproci, le acquisizioni possono consolidare e rafforzare le imprese nazionali, spesso troppo fragili e piccole per affrontare la competizione globale.

L’incognita principale riguarda però la capacità delle imprese cinesi di gestire le aziende acquisite in modo efficace e coerente con le logiche di business occidentale: oltre a dover favorire la massima integrazione tra culture, stili di vita, modalità di lavoro differenti, i cinesi devono essere in grado di assorbire e far propri i modelli di gestione occidentali con cui poter affrontare i mercati mondiali.

L’impostazione delle fasi pre-acquisizione e la programmazione dei processi di integrazione di risorse umane e strumenti gestionali divengono momenti critici.

Messi da parte preconcetti, sospetti e timori nei confronti dello “shopping” cinese in Italia, resta comunque il problema di un sistema paese che si mostra molto spesso inadeguato ad accogliere le opportunità offerte dagli investitori cinesi e, più in generale, stranieri, per i soliti problemi legati alla carenza infrastrutturale e all’eccessiva burocrazia, oltre che per la sostanziale assenza di una chiara e sistematica politica di gestione delle opportunità d’investimento dall’estero.

Bibliografia

China Council for the Promotion of International Trade, Survey on Current Conditions and Intention of Outbound Investment by Chinese Enterprises, April, 2010

Mutinelli, 2010, “Gli investimenti italiani: contesto, tendenze e prospettive”, Mondo Cinese, n. 144

Spigarelli F., 2009, “Multinazionali dai paesi emergenti: il caso delle imprese cinesi”, Economia e Politica Industriale, n. 2.

Spigarelli F., 2011, “Investire in Italia: obiettivo raggiunto per le imprese cinesi?”, Firstonline, 26.7.2011

The economist (2011), Streaks of red Capital and companies from China are sidling into Europe (disponibile su: http://www.economist.com/node/18895430)

The European Union’s FWC COM 2011 (2012), EU-China Economic Observatory Issue n°15, June 2012 Final Report Contract N°2011/272280 (disponibile su: www. trade.ec.europa.eu/doclib/html/149782.htm)

Vianelli D., 2011, Vendere in Cina: sfide e opportunità, 23.10.2011

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