Un parametro di civiltà
Abbiamo più volte insistito sull’attualità della questione animale, una faccenda destinata a prendere un posto centrale nella conversazione pubblica del XXI secolo, non solo in relazione agli animali stessi, ma anche in relazione agli umani che si dovranno confrontare con una intelligenza superiore alla loro, quella delle macchine pensanti. Come scrive lo storico visionario Yuval?Noah Harari, il cui ultimo libro – Homo Deus – è finalmente disponibile anche in italiano, il trattamento crudele a cui l’uomo sottopone gli animali potrebbe essere equivalente a quello dell’uomo sottomesso agli androidi cognitivi in un futuro neanche troppo lontano. Sempre che in questo scenario l’uomo riesca a mantenere il controllo, le agenzie di rating della civiltà useranno il parametro “trattamento animali” per individuare il posto nella storia di una comunità o di un sistema di pensiero.
La consapevolezza che gli animali debbano essere trattati come “persone” che incapsulano diritti naturali, nella loro qualità di co-abitatori del pianeta, inizia a conquistare il suo territorio nelle coscienze più sensibili e nelle intelligenze emotivamente orientate. I primati e gli animali domestici hanno già raggiunto un certo status anche giuridico, ma la strada è ancora lunghissima.
Come succede sempre più stesso, ed è successo in passato, il manipolo di precursori è costituito dai libertari della Silicon Valley che?stanno sconvolgendo il mondo con le loro azioni e le loro idee come nel passato hanno fatto gli ateniesi, gli umanisti o i bolscevichi. Sulle colonne del “Financial Times” Leslie Hook ci racconta come i cani siano ormai divenuti abituali frequentatori degli uffici delle maggiori società hi-tech della valle e come queste società si siano organizzate per accogliere questo nuovo tipo personale all’interno dei propri spazi. Si scopre che i cani hanno anche un ruolo sovente riconosciuto nel codice etico e proprio nella gestione quotidiana del lavoro.?Ilaria Amurri ha tradotto per voi questo articolo sperando che tale nobile abitudine possa essere presto adottata in tutti i luoghi di lavoro del mondo.
Un bocconcino per Charlie
Quando Charlie va in ufficio, ogni mattina, saluta la receptionist, che lo accoglie con un bocconcino al bacon. Durante il giorno, ama meditare in un giardinetto d’erba artificiale, indisturbato dal rumore dei droni in fase di collaudo o da un hangar lì vicino, piena di auto che si guidano da sole. Charlie è uno dei cani di X, la sussidiaria di Alphabet che lavora ai progetti avveniristici detti “moonshot”, e secondo il suo padrone, Mike, Charlie è un tipo molto socievole.
“Lo porto alle riunioni e si mette su una sedia, ne va pazzo, adora le persone”, racconta Mike. “Poi, quando cominciamo a parlare di cose da umani si annoia, si addormenta e comincia a russare, allora la gente in telconferenza dice ‘cos’è questo rumore?’”.
I cani che russano non sono considerati fuori luogo ad Alphabet, la parent company di Google, dove gli animali sono parte integrante del codice etico della società: “L’amore per gli amici a quattro zampe è un elemento essenziale della nostra cultura aziendale. Ci piacciono anche i gatti, ma siccome abbiamo molti cani ci sembra che i gatti potrebbero farli agitare, se entrassero nei nostri uffici”. C’è anche un pulmino per i cani e i loro padroni che fanno i pendolari tra San Francisco e Mountain View.
Altre aziende tecnologiche fanno di più. A Zynga, società di videogiochi il cui nome viene da Zinga, il bulldog del fondatore, i cani possono gustare biscottini al burro d’arachidi sfornati direttamente nella cucina aziendale. Fra i vari comfort ci sono anche le corse sul tetto e una sorta di “palestra per cani”.
Amazon conta circa 4.000 cani nella sede centrale di Seattle, più o meno uno ogni otto impiegati. Uno dei nuovi grattacieli ha perfino un giardino high-tech sul tetto, riservato ai cani, con tanto di idranti per incoraggiarli a fare pipì e una pompa con sistema di drenaggio per ripulire.
Un antidoto efficace
Nel mondo della tecnologia, i cani sono l’antidoto per tutti i problemi digitali. Non hanno schermi né batterie e possono anche fungere da figli surrogati, in una città come San Francisco, dove ci sono più cani che bambini. Da queste parti, infatti, gli animali da compagnia sono talmente umanizzati che il termine “proprietario” è passato di moda, adesso si dice “papà” o “mamma” o al limite “capo”.
Chi porta il cane a lavoro sostiene che la sua presenza sia determinante. “La produttività risulta triplicata”, dice Kia, impiegata presso X, accarezzando la testa di Loona, il suo cucciolo. “Perfino gli ingegneri più rigidi vanno in brodo di giuggiole quando la prendono in braccio”. Altri ritengono che i cani possano migliorare l’atmosfera delle riunioni e che aiutino a rompere il ghiaccio fra colleghi.
Quasi tutti gli impiegati che non hanno cani sono contenti di averne in giro per l’ufficio. “Certe volte, se ho avuto una giornata molto stressante, vado a giocare con qualche cane e dopo dieci minuti mi sento già molto meglio”, spiega un ex dipendente di Lyft, società che si occupa di trasporto a chiamata.
… ma non per tutti
Purtroppo alcuni impiegati sono allergici, certi cani si comportano male (anche se i loro padroni non lo ammetterebbero mai) e a qualcuno semplicemente non piace avere cani intorno tutto il giorno. “Non vorrei mai lavorare in una di quelle aziende, non sono un tipo da cane, tutto qua”, mi ha confidato un amico. Per questo motivo alcune società gestiscono il problema confinando i cani in apposite aree. Ciò nonostante, per molte società tecnologiche, i cani fanno parte della filosofia aziendale. Agli albori di Amazon, il suo primo cane, un corgi di nome Rufus, ha contribuito a lanciare una nuova versione del sito (pare che il cane sia stato preso in braccio e che sia stata usata la sua zampa per attivare con un click l’aggiornamento della start-up). Amazon ne ha poi onorato la memoria intestandogli un edificio.
Yoshka
Il primo cane di Google è stato un leonberger di nome Yoshka. Lui e il suo padrone erano spesso gli unici ad arrivare in ufficio prima delle 11.00, il che faceva del leonberger il receptionist di fatto. Ora i dipendenti di Google vanno a lavorare un po’ più presto e a Yoshka è stato dedicato un bar all’interno del campus.
Come mai le società tecnologiche sono diventate le capobranco dei cani da ufficio? Forse la spiegazione è di tipo evolutivo. Migliaia di anni fa, gli esseri umani e i cani hanno iniziato a coevolvere e gli uomini hanno selezionato i cani in modo tale da renderli socievoli. Si è poi sviluppato un rapporto simbiotico, dal momento che i cani aiutavano a cacciare e a fare la guardia in cambio di amicizia e protezione.
Oggi, nel mondo della tecnologia, i cani non servono più a controllare il fuoco, ma svolgono un ruolo altrettanto vitale nei moderni uffici, aiutano i loro padroni a socializzare. E c’è un grande bisogno di socializzazione.