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I Brics si allargano: nel 2025 saranno in 23, stop (per ora) al Venezuela per il veto di Lula. Arabia Saudita ambigua

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La riunione dei Brics di Kazan, la prima con la nuova composizione allargata a 10 Paesi e non più ai soli 5 che ne compongono l’acronimo (Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica), è stata un successo, dal loro punto di vista, per le diplomazie russa e brasiliana. Vladimir Putin infatti, isolato dell’Occidente per l’invasione dell’Ucraina, ha ottenuto un ulteriore allargamento del fronte mondiale alternativo all’asse euro-atlantico: dopo l’ingresso quest’anno di Iran, Arabia Saudita (che però all’incontro di Kazan ha mandato un rappresentante secondario proprio per i rapporti tesi con Teheran), Emirati Arabi, Etiopia e Egitto, dal 2025 dovrebbero entrare a far parte degli ormai ex emergenti altri 13 Paesi e cioè Cuba, Bolivia, Turchia, Bielorussia, Kazakistan, Uzbekistan, Algeria (e non Marocco come si era inizialmente ipotizzato), Nigeria, Uganda, Vietnam, Indonesia, Thailandia e Malesia. Questa per lo meno è la lista diffusa da alcuni organi di stampa secondo indiscrezioni non smentite, visto che un annuncio ufficiale non c’è stato, per evitare l’imbarazzo dell’anno scorso, quando l’Argentina di Javier Milei declinò l’invito.

Il Venezuela resta fuori dai Brics: veto di Lula su Caracas

Il caso scottante di quest’anno era invece quello del Venezuela, con Nicolas Maduro che a sorpresa si è presentato personalmente a Kazan per perorare la causa di un ingresso di Caracas nel gruppo, ma alla fine l’ha spuntata il veto del Brasile. Nonostante l’assenza di Lula, rimasto a Brasilia per i postumi di un incidente domestico ma collegato in videoconferenza, il Paese sudamericano ha chiesto a Russia e Cina, che caldeggiavano la partecipazione del Venezuela, di evitare viste le tensioni nel Paese dopo la contestata rielezione del leader chavista. Il Brasile infatti è in rapporti stretti anche con gli Stati Uniti e l’Europa, e il 18 novembre ospiterà il G20 a Rio de Janeiro, con l’Occidente che gli farà di nuovo pressione per condannare l’invasione russa in Ucraina e per isolare Maduro.

Inoltre il Paese lusofono ha in questo periodo la presidenza del Banco di Sviluppo dei Brics, con sede a Shanghai, nella figura di Dilma Rousseff, ex presidente del Brasile e pupilla di Lula, che avrebbe convinto Putin a confermarla anche dopo il 2025. Oltre al Venezuela, anche per il Nicaragua, altro papabile alla vigilia, non se ne fa niente per ora, mentre sempre in quell’area e in chiave anti-Usa entreranno come detto Cuba e soprattutto la Bolivia, alleato strategico in particolare di Mosca in questa fase. Il Paese andino, che vive settimane di grandi tensioni interne, al limite della guerra civile, è infatti un aperto sostenitore di Putin ed è anche per la Cina un fondamentale partner per le materie prime critiche, vista la sua grande disponibilità di litio.

Nuovo blocco globale: Brics superano G7 e G20 in numero

Dall’anno prossimo i Brics dovrebbero dunque diventare 23, ormai più numerosi non solo del G7 ma anche del G20, di cui pure fanno parte alcuni di loro, in particolare Cina, Brasile e, seppur isolata, la Russia. Importante dal punto di vista geopolitico l’ingresso della Turchia, che fa parte anche della Nato, mentre il blocco di riferimento in prospettiva futura sembra essere quello africano e del Sud Est asiatico, soprattutto l’Indonesia che con i suoi 240 milioni di abitanti è il quarto Paese più popolato al mondo e vi è appena entrato in carica il nuovo presidente, l’ex generale Prabowo Subianto, fedelissimo di Putin. Ma già oggi, prima dell’allargamento che scatterà dal 1° gennaio 2025, il gruppo Brics rappresenta quasi la metà della popolazione mondiale e oltre un terzo del PIL complessivo globale. Numeri che non si possono più ignorare.

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