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I bond cinesi diventano un investimento rifugio

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L’incertezza del mondo di oggi, dovuta alla stagnazione secolare, a una globalizzazione non regolata, agli effetti della corsa all’innovazione tecnologica, ai cambiamenti climatici, alla crisi demografica, a Brexit e a tanto altro ancora, ha alimentato una forte avversione al rischio degli investitori, pronti a trovare “riparo” in porti più sicuri, i cosiddetti investimenti rifugio, come l’oro ed i treasuries Usa. Tuttavia, l’adozione di politiche monetarie espansive (QE) da parte delle banche centrali ha portato gli investitori a fare un’inversione di marcia su questi investimenti, causata dalla riduzione dei rendimenti.

Il timore di un rallentamento dell’economia porta gli investitori alla ricerca di strumenti con rendimenti positivi ed a basso rischio. Bisogna puntare, quindi, sui bond cinesi – sostiene Stephen Li Jen, CEO di Eurizon SLJ Capital – che offrono rendimenti tipici dei mercati emergenti, con rischi dei paesi sviluppati.

“I bond cinesi sono un asset rifugio al pari dell’oro e dei treasuries americani, perché il mercato cinese è il secondo al mondo, detenuto per il 98% da investitori domestici”, ha continuato Li Jen. Per l’investitore europeo, effettuare una diversificazione del proprio portafoglio, includendo i titoli cinesi, è una scelta necessaria data la forte dipendenza del Vecchio Continente dalla Cina.

Asset di questo tipo sono più attraenti per un europeo, piuttosto che per un americano, non solo per la guerra commerciale tra Usa e Cina, dove Trump minacciava fino a qualche giorno fa di includere il divieto per gli statunitensi di investire nel mercato cinese, ma anche perché l’Ue è, ad oggi, più sensibile alle variazioni del Pil cinese.

Nonostante il mercato cinese sia stato aperto solamente due anni fa, gli investitori esteri detengono il 2% del mercato complessivo e l’8% di quello governativo. Secondo il gestore specializzato in currencies, la presenza di investitori esteri sul mercato obbligazionario cinese è destinata a crescere, raggiungendo il 15% nel medio periodo, con afflussi di circa 2.000 miliardi di dollari.

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