La schiavitù è stata abolita da secoli, ma questo non vuol dire che non continui, se pure in forme più ‘moderne’. Per esempio, a Hong Kong vi sono centinaia di migliaia di lavoratrici domestiche il cui status assomiglia più a quello dei ‘servi della gleba’ che a quello delle colf. Provengono dall’Indonesia o dalle Filippine, non hanno protezione legale, lavorano sette giorni la settimana, e quasi tutto il loro salario va a pagare agenzie più o meno truffaldine che hanno procurato loro il posto di lavoro. Ci sono dei limiti alle commissioni che queste agenzie possono far pagare (non più del 10% del salario), ma si inventano altri gravami che portano le rate mensili fino al 90%, e, quando le colf non pagano, partono varie forme di pressione, al limite della persecuzione, che costringono le debitrici in una permanente soggezione. Chi non può pagare finisce nelle grinfie di agenzie di prestito (termine moderno per ‘strozzini’) che incoraggiano a indebitarsi offrendo TV o telefonini, ma poi fanno pagare interessi fino al 60% annuo, legali secondo la legge di Hong Kong.
Varie istituzioni nonprofit cercano di aiutare queste sventurate, ma l’intreccio fra agenzie di collocamento, agenzie di prestito e, spesso le stesse famiglie che le impiegano, costituisce un nodo difficile. E intanto le colf sono come in una prigione senza speranza di poter evadere.