Se si guarda ai primi 100 giorni di François Hollande, che dire: se l’è cavata abbastanza bene, ma non è andato oltre la sufficienza. Da bravo francese diplomato nelle grandes écoles, si era fatto il suo programmino, da realizzare nei primi 100 giorni di mandato, l’”agenda du changement”, presentata in piena campagna elettorale. Se si va a spulciare quella lista ora (precisamente ieri, martedì, scadenza a cui siamo arrivati), si vede che in gran parte (anche se non tutti) gli impegni sono stati onorati. Ma era anche il lavoro più facile da realizzare.
In poche parole, è stato distrutto un certo sistema sarkozysta di privilegi, che forse non era opera così ostica. Adesso, in quella che a Parigi chiamano la rentrée, all’inizio di settembre, Hollande deve mettere mano alla fase costruttiva, ben più faticosa. Tipo, una riforma fiscale a 360 gradi. E una Finanziaria 2013, decisiva, se la Francia vuole rispettare i patti con l’Europa (per l’anno prossimo l’obiettivo è fare scendere il deficit pubblico al 3% del Pil, mentre a fine 2012 rimarrà ancora oltre il 4%, dopo aver archiviato l’anno scorso con il 5,2%). Il tutto scivolando verso un autunno che segnerà inesorabilmente l’inizio della recessione anche in Francia. Insomma, caro François, il peggio deve solo cominciare. Senza contare che la disoccupazione sfiora ormai il 10%. E soprattutto hanno iniziato a licenziare anche gruppi “storici” come Peugeot-Citroen e Air France.
Ma veniamo a quello che già è stato fatto in questi mesi di rivoluzione “rosa”, il ritorno della sinistra all’Eliseo. Il presidente socialista ha smantellato tutta una serie di privilegi lasciati in eredità da Nicolas Sarkozy. Lui aveva ridotto la patrimoniale (Isf), Hollande l’ha subito appesantita. E ha ritoccato verso l’alto le imposte pagate sulle grosse eredità. L’Iva sociale, un trasferimento dei contributi sociali dalle imprese all’imposta sul valore aggiunto (cioè, direttamente sul gobbone dei consumatori), voluta da Sarkozy a fine mandato, è stata abrogata da Hollande ancora prima della sua entrata in vigore. Se nel 2007 il presidente conservatore aveva concentrato, appena eletto, tutte le sue energie sull’introduzione di uno scudo fiscale a favore dei super ricchi, il successore, invece, ha provveduto (come promesso nell’agenda del cambiamento) a rivedere al rialzo lo Smic, il salario minimo indicato dalla legge. Non solo: ha fatto passare un decreto contro il caro-affitti e un altro per limitare a un massimo di 450mila euro lordi annui gli stipendi dei manager delle aziende pubbliche. Hollande ha anche riportato giù a 60 anni l’età pensionabile di chi può vantare una carriera lavorativa particolarmente lunga. E’ una di quelle misure che probabilmente un Paese con un debito pubblico ormai al 90% del Pil non potrà mantenere sul medio-lungo periodo. Forse una misura che lo stesso Hollande dovrà rimangiarsi se, come tanti prevedono, anche lui, come il padre putativo François Mitterrand, dovrà riprendersi a un certo momento dalla sterzata a sinistra di inizio mandato.
Ritorniamo all’agenda del cambiamento. Sì, gran parte delle misure sono state realizzate. Ma alcune mancano all’appello. Sono state rinviate a partire da settembre, insieme all’approvazione della finanziaria 2013 (e a quella sono spesso collegate), il primo vero scoglio da superare per Hollande. Tra gli altri provvedimenti vi è una riforma fiscale complessiva, con l’eliminazione della maggioranza delle cosiddette “nicchie fiscali”, svariate deroghe previste per categorie privilegiate (anche i giornalisti…). Pure Sarkozy ci aveva provato ma aveva fatto cilecca. Hollande vuole anche introdurre un’aliquota del 75% su ogni reddito personale che ecceda il milione di euro annui lordi: una misura al centro di mille polemiche. Come inevasa è rimasta la promessa di bloccare per tre mesi il prezzo dei carburanti. Hollande ha lasciato da parte i progetti più difficili e contestati… Restano poi le promesse di un cambiamento strutturale dell’economia francese, preda di una delocalizzazione furiosa ormai da anni, con l’abbandono conseguente della tradizione manifatturiera. Il tutto, in un contesto economico così difficile per la Francia, a metà strada tra la tenuta della Germania e la crisi nera dell’Europa del Sud. Sempre più vicina a Italia e Spagna.
Intanto i francesi di fronte a Hollande appaiono decisamente meno entusiasti di 100 giorni fa. In un sondaggio pubblicato nei giorni scorsi, di Ifop, un istituto giudicato affidabile, il 54% dei francesi si è detto “insoddisfatto” riguardo a quanto fatto finora dal neo-presidente. Ma il 57% lo ha definito “capace di mantenere le promesse elettorali”. Monsieur Hollande, attenzione a questa rentrée…