Chissà se oggi lo avremmo visto accanto a Gerhard Richter che la rivista Manager Magazine ha collocato al primo posto fra gli artisti contemporanei viventi più influenti del mondo o a Rosemarie Trockel o a Georg Baselitz o ad Anselm Kiefer protagonisti della effervescentissima vita artistica tedesca contemporanea. Perché a 15 anni, una sola cosa lui voleva fortissimamente fare: il pittore, e andare a studiare all’Accademia di Belle arti.
Ma forse avremmo potuto anche vederlo alla testa di una importante griffe di gioielleria con un fiorente mercato internazionale oppure leggere le sue imprese da medico riconosciuto come autentica professionalità della scuola tedesca. Perché da ragazzo erano queste le tre possibilità che gli si prospettavano per il futuro.
Ma il giovanotto aveva un bel caratterino e non era disposto a compromessi. E così quando il padre gli disse che non se ne parlava proprio di andare a fare il pittore perché c’era una florida azienda di famiglia nel ramo gioielleria che un giorno sarebbe passata di mano, e che quindi avrebbe dovuto studiare e andare all’Università per essere in grado di condurre l’impresa, la risposta del giovane Heinz, che ammette di essere stato da ragazzo “un monello come tanti altri”, fu: o vado all’Accademia o non proseguo gli studi. Il lavoro me lo trovo io! E neanche un compromesso su un indirizzo Universitario di medicina che gli venne proposto in alternativa per costruirsi un futuro solido e non farlo sentire legato nell’impresa familiare, sortì migliore effetto.
E a 16 anni il giovane Heinz Beck, da Friedrichshafen, una tranquilla cittadina della Germania del sud, sita sulla sponda nord del lago di Costanza, patria dei Dirigibili Zeppelin, abbandonò un futuro da agiate coltri domestiche per iscriversi a una scuola di Chef e andare a vivere da solo.
Una scelta di libertà negli anni della contestazione
Una scelta di libertà e di ribellione, sono gli anni dell’autunno tedesco che portò poi alla nascita della RAF e del fuoco dissacratorio che invase tutta Europa. E i giovani avvertivano forte il senso di un affrancamento dalle dipendenze familiari.
“Mi impegnai per conseguire un diploma da chef. In Germania la regola è che quattro volte a settimana devi lavorare in una azienda apprendere tutta la parte teorica. E così ho fatto. Ho chiuso gli studi con il diploma e poi c’è stato il master con studi di economia management marketing e pedagogia.
Il giovane Heinz non ha particolare dimestichezza col cibo. Da bambino la sua vita era tutta scuola e compiti. “Mia madre non ci permetteva di stare in cucina mentre lei cucinava. Poi la mattina si andava a scuola e quando si tornava a casa per il pranzo lei stava cucinando le ultime cose”.
Ma il ragazzo è nato sotto il segno dello Scorpione, il segno che più di tutti ama il rischio. In effetti, si legge: “non teme gli avvenimenti drammatici e, per alcuni versi, li va a cercare. A differenza dell’Ariete, con il quale condivide il pianeta governatore, lo Scorpione non cerca il pericolo per dimostrare di essere il più coraggioso: semplicemente, ama il rischio e si sente completo solo in situazioni spericolate”.
E così il giovane Heinz presa la strada della cucina sa quello che lo aspetta, e sa soprattutto dove vuole arrivare. Ottenuta la qualifica di cuoco alla scuola alberghiera di Passau, trova impiego nel 1985, a ventidue anni, a Monaco, presso un’azienda di catering che ha ricevuto una stella Michelin. L’anno dopo è già chef de partie a Friburgo, da qui passa al celebre Tantris di Monaco, tre stelle Michelin, al Tristan di Mallorca due Stelle Michelin, e, con la qualifica di sous chef approda in Germania al Residenz Heinz Winkler di Achau in Germania 2 stelle Michelin dove rimane fino a gennaio 1993 firmando anche il servizio catering per l’Excellent Coast Hotel di Yokohama in Giappone. Nel frattempo trova anche il tempo per conseguire all’Hotelschool Altoetting di Alzgern il diploma come insegnante e poi come maestro di cucina. Non male per uno che da piccolo non pioteva neanche avvicinarsi ai fornelli di casa.
L’arrivo a Roma con la passione dell’arte nel cuore
Con questo bagaglio approda finalmente a Roma. Anche in questo caso è una coraggiosa scelta di volontà dettata dal fascino che su un amante di belle arti poteva esercitare la città eterna.
Non conosce l’italiano, non conosce l’Italia, né tantomeno Roma. Gli è arrivata tramite conoscenze l’offerta dell’Hotel Hilton che vuole lanciarsi nella ristorazione di qualità e vede di buon occhio uno Chef tedesco con esperienze internazionali per il suo pubblico c cosmopolita.
Il padre tenta per l’ennesima volta di trattenerlo in Germania, è giunto il momento del passaggio generazionale l’azienda richiede energie fresche. Beck cerca di prendere tempo: “Vado per due anni, imparo una nuova lingua, tra l’altro noi abbiamo molti clienti italiani, approfondisco le mie conoscenze su una nuova cultura, allargo i miei orizzonti, e questo può tornare utile un indomani se devo prendere le redini dell’azienda”.
E parte. Così “sono venuto in Italia, ho visto il posto e mi è piaciuto tantissimo, la città ancora di più. E la cucina! l’ho trovata così profonda…E poi, soprattutto ho conosciuto mia moglie Teresa. E non mi sono più mosso di qui”.Ai genitori non restò che vendere l’azienda perché nessuno dei figli aveva voluto seguito le loro orme.
Non ha frequentato la scuola di grandi chef non si è formato ancora una identità cultural-culinaria. Si può dire in un certo senso che è in Italia che prende concretamente forma il percorso professionale che lo porterà ad essere uno degli chef più premiati della storia di questo paese. La cosa più incredibile di tutte è che Beck a dispetto del nome tedesco avvia da quel momento una riconversione identitaria al punto di arrivare a sentirsi più italiano che tedesco. Un pensiero che ribadisce in tute le interviste: “non si può scegliere il luogo in cui si nasce, ma si può scegliere quello in cui stare. Anche le persone con cui decidiamo di condividere la vita sono un luogo della nostra anima. Ed io ho deciso di restare qui, dove sono sposato, accanto a una donna straordinaria che mi ha insegnato il valore della famiglia e grazie alla quale ho compreso meglio, e con maggiore profondità cosa è la cucina italiana. Qui io sono a casa, perché questo paese l’ho scelto per amore”.
E si sente talmente italiano che la sua cucina è tutta improntata ai valori mediterranei. Con la caparbietà che gli è propria lo scorpione Beck comincia a scavare nella cultura gastronomica italiana, ne vuole scoprire storia, tradizioni, significati, profumi, gusti, sapori, abbinamenti, valori sensoriali. La sua passione per la cucina italiana e mediterranea lo porta anche ad approfondire gli aspetti salutari del cibo con particolare attenzione al connubio nutrizione e salute, che diventa per lui un imperativo categorico. Scrive addirittura un libro di ricette “Diabete e Alimentazione” perché anche i diabetici possano mangiare con gusto.
In famiglia non si mangiano piatti tedeschi
La cucina italiana lo affascina a tal punto che anche in famiglia le sue origini teutoniche vengono dimenticate. Racconta divertito: “Con mia moglie siamo sposati da 19 anni e Teresa in passato si è sempre lamentata: in tutti questi anni tu non mi hai mai fatto un piatto della tua terra, dici sempre si può fare poi non fai”. Finalmente un giorno Beck si è deciso, e ha preparato per Natale l’oca con il cavolo rosso e la purea di patate.
“Era quello che si mangiava a casa mia, un ricordo forte d’infanzia perché il 24 notte c’erano i regali e il 25 a pranzo ci si trovava tutti insieme una grande festa, bellissima. E’ un piatto che richiede una lunga preparazione, l’oca bisogna comprarla 10 giorni prima perché deve essere marinata, anche il cavolo va messo in una marinatura qualche giorno prima. E da quel momento l’Oca è diventata il piatto di tradizione in casa nostra”.
Ma a parte questa eccezione domestica, Heinz Beck è oramai totalmente convertito alla cucina italiana e mediterranea.
“Nella mia cucina non c’è un ingrediente, una cottura o una tradizione che appartenga al Paese dove sono nato” ci cono invece contaminazioni, c’è scoperta di sapori, c’è invenzione, c’è creatività sempre con un occhio alla salute e al benessere dei suoi ospiti dei quali vuole catturare il cuore e l’anima con una cucina che diventa leggera come un poesia e che nell’aspetto estetico non dimentica le sue trascorse (e mortificate) aspirazioni artistiche. Per completare la sua formazione frequenta un corso dell’Associazione Italiana sommelier di Roma, grazie al quale ottiene la qualifica di sommelier.
Se l’amore “Move il sole e l’altre stelle” come diceva Dante Alighieri, l’amore dello chef per la cucina italiana arriva a tali livelli di perfezione che di stelle ne muove prima due, quelle Michelin che arrivano su “La Pergola” nel 2001, alle quali se ne aggiunge presto la terza, nel 2004 e le tre stelle delle Guida non lo abbandoneranno da allora a oggi. Nel frattempo è il migliore ristorante dell’anno per la Guida BMW, riceve 4 cappelli dalla guida de L’Espresso, 95/100 da quella del Gambero Rosso, tre stelle dalla Guida Veronelli.
E’ una tale autorità in materia di cucina italiana che nel 2016 il Ministero delle politiche agricole alimentari forestali lo nomina Ambasciatore del gusto per la valorizzazione all’estero della cucina italiana di alta qualità, che per un tedesco è tutto dire! Non solo e sempre nello stesso anno riceve anche il premio eccellenza italiana.
Lui e Teresa, la moglie siciliana, una macchina da guerra di alta cucina
Infaticabile, Heinz Beck diventa una vera e propria macchina da guerra della cucina di qualità. E’ stato fondamentale l’amore. In Italia ha incontrato una ragazza siciliana, Teresa Maltese, se ne è innamorato e l’ha sposata. I due si integrano alla perfezione non solo sentimentalmente ma anche dal punto di vista lavorativo. Se lui, più italiano che tedesco, è tutto preso dalla cucina, lei manager rigorosa – si potrebbe dire giocando con le parole – è più tedesca che italiana. Si è fatta una solida formazione manageriale presso, un famosissimo istituto svizzero di Hotellerie, il “Le Roches International school of hotel management” parla correntemente inglese, il francese e il tedesco.
Era quello che ci voleva, Heinz ne è innamorato e ammirato e insieme creano la “Beck and Maltese consulting”, una società di consulenza e ricerca in ambito culinario, nella quale, Beck, è il manager operativo e la moglie fa da amministratore delegato. A tutt’oggi il duo Beck-Maltese gestisce a Bologna il Ruliano with Heinz Beck; a Milano Attimi by Heinz Beck; a Roma presso l’aeroporto “Leonardo da Vinci” di Fiumicino “Attimi by Heinz Beck”; a Pescara il Café Les Pailottes; a Taormina il Saint George restaurant by Heinz Beck; a Dubai il Social Heinz Beck; a Londra il Beck at Brown’s; in Portogallo il Gusto by Heinz Beck; a Tokyo l’Heinz Beck restaurant.
E la qualità? Su quello non si discute, prova ne sia che il “Gusto by Heinz Bech in Portogallo ha ricevuto perfino la stella Michelin e Attimi all’aeroporto di Fiumicino ha vinto il prestigioso premio “Best Restaurant in Mobility” de La Liste, la più autorevole selezione internazionale di ristoranti di alta cucina.
In cucina niente caos e tensioni, ci vuole calma
“Per gestire le persone devi fare un giusto training devi avere la voglia di delegare ma con un controllo costante, per far crescere tutti coloro che stanno intorno di te perché siano in grado di portare avanti la tua idea”. Sicuramente – lo ammette lui stesso -ha un carattere difficile, intransigente, sempre alla ricerca della perfezione. “Ma non chiedo agli altri – precisa – più di quello posso chiedere a me stesso. Un piatto finale può nascere solo da una mente creativa, aperta, propensa al cambiamento, mai soddisfatta, perché se tu ti ritieni soddisfatto di quello che fai e non hai più nuovi stimoli inaridirai la tua creatività che va sempre annaffiata, altrimenti è la fine. La cucina ha bisogno di una pulizia esteriore ma anche interiore, per questo odio bestemmie, insulti, tensioni, casini. Mi sono sempre prodigato nella mia vita di creare un ambiente di lavoro calmo, sereno e pulito perché solo così, sono sicuro, si riesce a realizzare cose belle”.
Ovviamente tutto ciò richiede un impegno disumano. Ma Beck non si tira mai indietro. “In due giorni che sono stato in Portogallo, ho realizzato17 nuovi piatti, ne ho parlato con i miei collaboratori, glieli ho fatti vedere, glieli ho insegnati e poi sono ripartito”. Il suo segreto è creare brigate di collaboratori motivati che lui alleva e cura come fossero figli.
Se un segreto è creare un ambiente di lavoro partecipativo, l’altro segreto è sua moglie Teresa. Non compare mai, ma è sempre vigile, l’unica che possa criticare la sua cucina: ”E’ il mio più grande critico in assoluto è molto rigorosa e veramente puntuale nelle sue osservazioni e questo è importante perché il suo è un giudizio molto molto onesto. Perché il suo obiettivo è lo stesso mio, noi siamo una famiglia e lei vuole che tutto vada bene”.
Il monellaccio che a 15 anni se ne va via di casa e rinuncia a fare il gioielliere, certamente oggi può permettersi di non avere rimpianti.