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Harris-Trump, la sfida negli Usa si gioca anche sul voto anticipato: come funziona e perché The Donald lo detesta

L’analisi di goWare a firma del professor Stefano Luconi: manca oltre un mese alle Presidenziali Usa del 5 novembre ma in alcuni Stati si è già cominciato a votare. La sfida infatti si gioca anche sul voto anticipato: ecco come funziona e perché si tratta di un meccanismo che all’ex presidente repubblicano, ricandidato, non piace affatto

Harris-Trump, la sfida negli Usa si gioca anche sul voto anticipato: come funziona e perché The Donald lo detesta

Manca più di un mese alle elezioni presidenziali del 5 novembre, ma in alcuni Stati si è già cominciato a votare. Dal 20 settembre i residenti degli Stati del Minnesota, del South Dakota e della Virginia hanno la possibilità di avvalersi del voto anticipato (definito early voting o absentee ballot) per decidere chi inviare alla Casa Bianca tra Donald Trump, Kamala Harris e una pletora di candidati di numerosi partiti minori.

Negli Stati Uniti, infatti, non si vota soltanto nella data ufficiale delle elezioni (l’Election Day), il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre. In questo caso, ci si reca di persona al seggio e si deposita nell’urna una scheda cartacea oppure si tocca lo schermo di un Pc che produce una stampa della scelta effettuata.

Dopo gli attacchi informatici russi alle infrastrutture elettorali nel 2016, l’impiego di sistemi esclusivamente digitali che non lasciano una traccia cartacea – un tempo ritenuti all’avanguardia – è stato considerevolmente ridotto e si stima che quest’anno solo il 2% dell’elettorato potenziale dovrà avvalersene. I cittadini americani, però, possono votare anche nelle settimane precedenti l’Election Day.

Harris-Trump, come si vota prima del giorno delle elezioni

Il voto anticipato rappresenta un’opzione contemplata dagli ordinamenti di tutti e 50 gli Stati dell’Unione e dalle disposizioni del Distretto di Columbia (l’area corrispondente grosso modo alla capitale Washington). Però, poiché le procedure elettorali sono una materia di competenza degli Stati e non rientrano tra le prerogative dell’amministrazione federale, il giorno a partire dal quale è possibile lo early voting varia a seconda dei diversi Stati.

Il Kentucky è quello in cui lo si può usare con il minore anticipo rispetto all’Election Day: solo dal 31 ottobre, appena cinque giorni prima della data ufficiale delle elezioni presidenziali. In quattro Stati (Maine, North Dakota, Oregon e Pennsylvania) l’inizio del voto anticipato cambia addirittura in base alle differenti contee (ripartizioni amministrative simili alle provincie italiane).

Mutano anche le condizioni a cui ottemperare per votare prima dell’Election Day. In 14 Stati occorre fornire una valida motivazione per dimostrare di non potersi recare materialmente al seggio il 5 novembre. Sebbene ciascuno di questi 14 Stati abbia una propria casistica particolare, le giustificazioni accettate da tutti sono una comprovata presenza all’estero, malattia e invalidità che impediscano di spostarsi. Negli altri 36 Stati e nel Distretto di Columbia il voto anticipato è un diritto assoluto e, come tale, non necessita di spiegazioni.

Harris-Trump, come si esercita l’early voting

L’early voting può essere esercitato per posta oppure di persona, in quest’ultimo caso presentandosi a un seggio o depositando la scheda elettorale in una delle drop box (una speciale urna che ricorda una cassetta delle lettere) predisposte in luoghi pubblici e monitorati. Tutti gli Stati prevedono il voto postale, ma tre (Alabama, Mississippi e New Hampshire) non consentono di votare anticipatamente di persona.

La pratica più diffusa è quella di votare per corrispondenza, a tal punto che otto Stati (tra cui quello più popoloso, la California) e il Distretto di Columbia hanno completamente abolito il voto di persona, incluso quello che si dovrebbe esprimere l’Election Day, e inviano a casa a tutti gli aventi diritto una scheda da rispedire per posta all’ufficio elettorale della propria contea.

Per essere considerate valide, a seconda dei diversi Stati, le schede inviate per corrispondenza devono portare il timbro postale al più tardi dell’Election Day o, nel caso dell’Ohio e del North Dakota, di quello del giorno precedente. Inoltre, per poter essere conteggiate, in 31 Stati le schede devono pervenire agli uffici elettorali entro l’orario di chiusura dei seggi il 5 novembre.

Nondimeno, alcuni Stati le accettano anche in seguito, per un periodo che in Illinois si estende fino a due settimane dopo il giorno ufficiale delle elezioni. Di contro, i voti postali vengono conteggiati nella Louisiana e nel Vermont soltanto se arrivano entro la giornata precedente all’Election Day.

Usa: il recente incremento del ricorso allo early voting

Il voto per corrispondenza esiste negli Stati Uniti sin dal periodo della guerra d’Indipendenza, combattuta alla fine del Settecento, e fu potenziato nel corso del secondo conflitto mondiale, per non negare ai militari impegnati al fronte, lontano dai seggi del luogo di residenza, l’opportunità di contribuire alla definizione della politica del Paese per il quale stavano mettendo a repentaglio la propria vita.

Il suo utilizzo, però, si è intensificato nelle ultime tornate elettorali, al fine di facilitare la partecipazione e ridurre l’astensionismo. Si è particolarmente accentuato in occasione delle presidenziali del 2020, quando la diffusione della pandemia del Covid-19 spinse gli elettori a un massiccio ricorso al voto postale per sottrarsi al rischio di restare contagiati mentre si trovavano in coda ai seggi.

Nel 2020 le schede inviate per posta superarono i 65 milioni, pari al 43,1% di quelle totali. A queste se ne aggiunsero quasi altri 36 milioni che furono depositate in anticipo di persona ai seggi o nelle drop box. Nel complesso, nelle più recenti elezioni presidenziali il 73,7% di chi votò lo fece prima dell’Election Day. A dimostrazione di questa crescita recente, basti pensare che nel 1992 il voto anticipato era rimasto limitato ad appena 7% degli elettori attivi.

Usa: il profilo di chi ricorre al voto anticipato

A fare uso dello early voting, sia in presenza sia per posta, sono soprattutto anziani, lavoratori dipendenti a basso reddito e membri di minoranze etno-razziali come ispanici e afro-americani. Chi è in là negli anni ha spesso problemi di mobilità e il voto postale permette di non andare fisicamente al seggio. Poiché il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre è un giorno feriale, la drop box e l’invio della scheda per posta permettono di votare senza dover chiedere un permesso, che non viene retribuito, per assentarsi dal lavoro. Alle sezioni elettorali dei quartieri abitanti in prevalenza da neri e Latinos poco abbienti fa capo in genere un numero più alto di votanti potenziali di quanti siano iscritti nei seggi posti nelle zone residenziali.

Questa condizione comporta attese e file più lunghe, che spesso costituiscono un deterrente alla partecipazione al voto, al di fuori della fascia oraria compresa tra le 9 e le 17, il periodo della giornata in cui la maggior parte delle persone è al lavoro. In proposito, è stato stimato che, nelle elezioni del 2020, in Georgia un abitante bianco di un’area dove vivevano persone benestanti avesse aspettato in coda alle urne in media 6 minuti, rispetto ai 51 di un afro-americano residente in un distretto di ceto operaio.

Anziani, lavoratori dipendenti scarsamente pagati e componenti delle minoranze etno-razziali sono anche gli elettori che in genere sostengono il partito democratico. Non a caso, nel 2020, in Pennsylvania e Michigan, il computo delle schede votate di persona ai seggi e scrutinate nella notte successiva alla chiusura delle urne dava in vantaggio Trump su Joe Biden. Poi, via via che iniziarono a essere conteggiate le schede giunte per posta, il margine del tycoon iniziò ad assottigliarsi fino a quanto il candidato repubblicano fu scavalcato dal suo sfidante democratico nel calcolo complessivo finale dei voti.

Harris-Trump, The Donald contro lo early voting

I critici del voto anticipato lo contestano perché permetterebbe agli elettori di esprimersi prima di avere raccolto elementi sufficienti per compiere una scelta adeguatamente informata sui candidati. Ma non è questa la ragione che induce Trump a opporsi allo early voting, auspicando – al pari del programma del partito repubblicano – il ritorno in futuro a un unico giorno di votazione in presenza ai seggi per tutti gli elettori.

È piuttosto il profilo del fruitore medio del voto anticipato che spinge The Donald a denunciare tale pratica e a minacciare di perseguire penalmente i funzionari degli uffici elettorali che lasciassero correre eventuali frodi elettorali. Si tratta di una forma neppure troppo velata di intimidazione per costringerli soprattutto ad annullare il maggior numero possibile di schede inviate per posta. In passato, però, non si sono verificati brogli significativi, per esempio nella forma di centinaia o migliaia di schede giunte per posta ma non votate dagli aventi diritto oppure conteggiate sebbene fossero arrivate agli uffici elettorali oltre il termine ultimo per la consegna. Denunce in tal senso presentate dagli avvocati di Trump nel 2020 furono tutte cestinate dalle autorità giudiziarie per mancanza di prove attendibili.

Voto anticipato, possibili irregolarità

Si possono, invece, registrare sviste e irregolarità veniali nell’espressione del voto. Ad esempio, per quanto riguarda quello spedito per posta, l’elettore ha a disposizione due buste, una piccola e anonima, in cui riporre la scheda per garantire la segretezza del voto, e una più grande in cui collocare la prima, che deve essere firmata per attestare che il mittente sia effettivamente incluso nelle liste dei votanti e, dove previsto, abbia diritto all’early voting.

Può capitare che, in perfetta buona fede, l’elettore si dimentichi di usare la busta piccola o che firmi anche questa. Inoltre, la firma sulla busta grande deve collimare con quella depositata negli uffici elettorali al momento dell’iscrizione nelle liste dei votanti. A differenza di quanto succede in Italia, infatti, l’inserimento dei cittadini nell’elettorato potenziale non è automatico, ma avviene in seguito a una richiesta formale di registrazione da parte dei singoli individui maggiorenni e in possesso dei diritti politici.

Poiché nessuno firma due volte nello stesso modo, i funzionari degli uffici elettorali finiscono per godere di un’ampia discrezionalità nello stabilire se le due firme corrispondano e, quindi, nel certificare la validità o meno di ciascun voto mandato per posta. Su questi aspetti fanno affidamento Trump, i suoi legali e il suo esercito di scrutatori per impedire il conteggio di quante più schede spedite a mezzo lettera, in modo da cancellare voti tendenzialmente democratici che possono risultare decisivi in elezioni in cui il tycoon è impegnato in un testa a testa con Harris, soprattutto negli Stati in bilico.

Stefano Luconi insegna Storia degli Stati Uniti d’America nel dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità dell’Università di Padova. Le sue pubblicazioni comprendono La “nazione indispensabile”. Storia degli Stati Uniti dalle origini a Trump (2020), Le istituzioni statunitensi dalla stesura della Costituzione a Biden, 1787–2022 (2022) e L’anima nera degli Stati Uniti. Gli afro-americani e il difficile cammino verso l’eguaglianza, 1619–2023 (2023).

Libri:
Stefano Luconi, La corsa alla Casa Bianca 2024. L’elezione del presidente degli Stati Uniti dalle primarie a oltre il voto del 5 novembre, goWare, 2023, pp. 162, 14,25€ edizione cartacea, 6,99€ edizione Kindle
Stefano Luconi, Le istituzioni statunitensi dalla stesura della Costituzione a Biden, 1787–2022, goWare, 2022, pp. 182, 12,35€ edizione cartacea, 6,99€ edizione Kindle

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