Si è aperta la settimana decisiva. Nei prossimi giorni, secondo molti analisti, saremo in grado di capire se la Russia invaderà davvero l’Ucraina, scatenando una guerra, o se le tensioni rientreranno grazie alla pressione esercitata dai Paesi della Nato e alla decisione di Kiev di rinunciare all’ingresso nell’alleanza atlantica. Gli occhi di tutti sono concentrati su mercoledì 16 febbraio, giorno in cui secondo l’intelligence Usa Mosca potrebbe dar ordine ai propri soldati ammassati al confine di invadere l’Ucraina. Le previsioni non sono incoraggianti, tant’è che nei giorni scorsi molti Governi – tra i quali quello italiano – hanno consigliato ai propri cittadini presenti in Ucraina di lasciare il Paese.
“Siamo nel bel mezzo di un rischio di conflitto militare, di una guerra in Europa orientale, ed è la Russia a esserne responsabile. Faccio un appello al presidente Putin: sciolga il cappio attorno al collo dell’Ucraina. Si unisca a noi nella strada che porta alla preservazione della pace in Europa. E non sottovaluti la forza della democrazia”, ha affermato il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, nel suo discorso d’insediamento dopo la rielezione.
Ma cosa succederebbe se si scatenasse davvero una guerra in Ucraina e quali sarebbero le conseguenze per l’Italia? Due domande che molti hanno cominciato a porsi, cercando di capire quali potrebbero essere i pericoli per un Paese fortemente esposto come il nostro che rischia dunque di pagare un prezzo elevatissimo.
Guerra Russia-Ucraina: i rischi sui mercati
Il possibile conflitto in Ucraina ha già scatenato il panico sui mercati. L’indice Vix, anche detto “indice della paura”, che misura la volatilità dei mercati, si è impennato oggi del 30,99%, mentre le Borse di tutto il mondo si muovono in rosso acceso, con il Ftse Mib che registra una delle peggiori performance internazionali, cedendo oltre il 3% del suo valore. In forte rialzo lo spread, che in mattinata ha toccato i 171 punti base salendo ai massimi da giugno 2020, mentre il prezzo delle materie prime, gas e petrolio su tutti, è salito alle stelle. Il prezzo del gas, in particolare, si è impennato del 10% sopra gli 85 dollari per megawattora ad Amsterdam.
Guerra Russia-Ucraina: i rischi sul gas
Il 50% delle importazioni extra-europee verso l’Unione arrivano dalla Russia. L’Ispi, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, spiega che “è dalla metà del 2021 che le forniture di gas russe verso l’Europa sono più basse rispetto alle attese (-25%, addirittura -40% a gennaio), e anche per questo i prezzi spot del gas naturale in Europa in un anno sono quasi quintuplicati”, provocando l’ormai ben noto caro-bollette.
Dovremmo trovarci di fronte a “un mal comune mezzo gaudio”, ma in realtà l’Italia è uno dei Paesi che sta soffrendo di più per questa situazione. Perché? Perché “tra i grandi paesi dell’Unione europea, l’Italia è di gran lunga il più dipendente da Mosca”, fa sapere l’Ispi.
Un’affermazione che diventa più chiara guardando i numeri nazionali. Secondo i dati ufficiali forniti dal Mise-DgSaie, nel 2021 il nostro Paese ha consumato 76,1 miliardi di metri cubi di gas naturale, 5,1 in più rispetto al 2020. La produzione nazionale, pari a 3,34 miliardi di metri cubi, ha coperto il 4,6% della domanda. Il resto (72,7 miliardi di mc) lo abbiamo importato. Da dove? Con 29 miliardi di metri cubi (+2,3% sul 2020), la Russia è ancora il principale paese di provenienza del nostro gas, seguito dall’Algeria con 21 miliardi di mc.
Per fare un raffronto con gli altri Stati, l’Ispi ha costruito un indice che misura il grado di vulnerabilità di ciascun paese a un’eventuale interruzione (o riduzione) delle forniture di gas dalla Russia sulla base della quantità di importazioni di gas che proviene da Mosca. Secondo questo indice, in una scala che va da un minimo di zero a un massimo di 31, l’Italia arriva a un 19% di vulnerabilità, piazzandosi al sesto posto (insieme all’Austria) subito dietro ai Paesi dell’Est Europa. E gli altri grandi Stati Ue? La Germania fa segnare un valore di 12, “comunque piuttosto elevato”, commenta l’Ispi. Sta molto meglio la Francia che raggiunge un valore di 3, molto più basso rispetto agli altri grazie al nucleare e alle importazioni di gas naturale liquefatto.
In questo contesto, il Governo italiano ha pubblicato domenica il Pitesai, il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, che mira ad aumentare la produzione italiana di gas allo scopo di contrastare il caro energia. Tra i punti principali del progetto figurano un sostanziale stop a nuovi permessi per il petrolio, la ripresa per le prospezioni e le estrazioni di gas in terra e nell’offshore italiano. Secondo gli auspici dell’Esecutivo, la ripresa delle estrazioni potrebbe portare ad un raddoppio della produzione italiana, arrivando così ad un 10% circa del fabbisogno nazionale, ma perché le speranze si tramutino in realtà, ci sarà bisogno di tempo. Il che significa che, in caso di un’ulteriore riduzione delle forniture dalla Russia dovuta alla guerra in Ucraina, il Pitesai servirebbe a poco.
Guerra Russia-Ucraina: i rischi sul petrolio
Un discorso simile a quello fatto per il gas è valido anche per il petrolio. Ad oggi la Russia è il primo partner commerciale dell’Ue, con una quota di mercato che si aggira intorno al 25%. Per l’Italia, Mosca rappresenta il quarto fornitore in termini assoluti di petrolio. Facile dunque capire il motivo per cui l’escalation di tensioni tra Russia e Ucraina abbia fatto aumentare il prezzo dell’oro nero. Stamattina il Wti americano ha sfiorato i 95 dollari al barile per poi attestarsi a quota 92.93, mentre il Brent europeo si attesta attualmente a 94.63 dollari al barile dopo aver superato i 96 dollari.
Oltre alle evidenti ripercussioni sul costo dei carburanti, il rincaro dei prezzi del petrolio potrebbe complicare ulteriormente il quadro inflazionistico, causando un rialzo dei prezzi degli altri beni, soprattutto quelli trasportati da camion e furgoni, e mettendo a rischio la ripresa economica post-pandemica.
Guerra Russia-Ucraina: il grano e il mais
Non è solo l’energia a preoccupare l’Italia. I venti di guerra in Ucraina hanno fatto impennare le quotazioni internazionali di grano per il pane e mais per l’alimentazione animale. In una settimana, i prezzi sono saliti rispettivamente del 4,5% e del 5%. A certificarlo è l’analisi della Coldiretti sulla chiusura settimanale del mercato future della borsa merci di Chicago che rappresenta il punto di riferimento mondiale delle materie prime agricole che si collocano su valori massimi del decennio. “A preoccupare – afferma l’associazione è il fatto che il conflitto possa danneggiare le infrastrutture e bloccare le spedizioni dai porti del Mar Nero con un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali ed il rischio concreto di carestie e tensioni sociali”.
L’Ucraina, infatti, produce circa 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale (5° posto al mondo) e 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane (7° posto al mondo). Kiev si piazza inoltre al terzo posto come esportatore di grano a livello mondiale mentre la Russia è al primo posto. Insieme, le due Nazioni, garantiscono circa 1/3 del commercio mondiale.
Si tratta, spiega ancora la Coldiretti di “un’emergenza globale che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti. Nel 2021 – riferisce la l’associazione guidata da Ettore Prandini – sono arrivati oltre 120 milioni di chili di grano dall’Ucraina e circa 100 milioni di chili di grano dalla Russia che peraltro ha già annunciato di limitare dal 15 febbraio al 30 giugno prossimo le proprie esportazioni di grano. Una situazione determinata dalla scomparsa nell’ultimo decennio in Italia di un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati”.
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La questione Ucraina sta già danneggiando il nostro Paese e con le sicure sanzioni sarà un disastro.
https://www.stralci.eu/wp/blog/%e2%88%9a-benedetto-putin/
Il COVID a martoriato la popolazione, adesso una guerra per motivi non tanto chiari…..sarà possibile che la umanità deve pagare per colpa dei presidenti? Degli interessi politici, della mancanza di bontà. Dobbiamo pagare per la fame di soldi, potere? Siamo tutti umani. Dobbiamo stringere i lacci di amicizia e fraternità, non per motivi stupidi fare morire lá gente.
Invece di creare dei virus, bombe, aerei per ammazzare le persone, perché non Cerchiamo un dialogo comune per i bene di tutti?
Manca amore Nei cuori.