A meno di un mese dal terzo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina, i risvolti del conflitto continuano a riservare sorprese, tra cui la presenza delle truppe nordcoreane al fianco dell’esercito russo. Nonostante un contributo marginale, le forze di Pyongyang si sono rivelate un’arma a doppio taglio per la Russia, con costi elevati in termini di perdite. Dopo pochi mesi, i soldati nordcoreani sono state ritirati dalle linee del fronte a causa delle devastanti perdite subite, come riportato dal New York Times. Una decisione che solleva dubbi non solo sulle capacità militari delle forze di Kim Jong Un, ma anche sull’efficacia di un’alleanza che appare più simbolica che operativa. Intanto Mosca smentisce le voci: “sulla presenza di militari nordcoreani nella regione russa ci sono molte speculazioni, alcune delle quali distorcono la realtà”, ha dichiarato il portavoce Dmitri Peskov.
L’arrivo e la ritirata delle truppe nordcoreane: ecco cosa è successo
Nel novembre 2024, circa 11mila soldati nordcoreani sono stati inviati in Russia per supportare la difesa della regione di Kursk, un’area cruciale nel conflitto contro le forze ucraine. La loro presenza, data la storica alleanza tra Mosca e Pyongyang, ha sollevato allarmi in Ucraina e tra gli alleati occidentali, che temevano un’immediata escalation del conflitto. Tuttavia, le speranze di un significativo contributo da parte delle truppe nordcoreane sono svanite rapidamente di fronte alla dura realtà del campo di battaglia.
Solo tre mesi dopo il loro arrivo, le forze nordcoreane sono state ritirate a causa delle pesanti perdite subite. Secondo fonti ucraine e statunitensi citate dal New York Times, i soldati nordcoreani non sono stati più avvistati vicino al fronte da almeno due settimane, alimentando i sospetti che il ritiro fosse dovuto a un bilancio di vittime insostenibile. I funzionari militari ucraini hanno ipotizzato che, dopo aver affrontato le prime dure perdite sul campo, è anche possibile che le forze di Kim Jong Un si siano ritirate per curare i feriti o per riorganizzarsi, in attesa di rinforzi.
Il ritiro delle truppe nordcoreane in Ucraina: Mosca nega
Nonostante la fama della Corea del Nord per l’addestramento di soldati disciplinati, la realtà sul campo di battaglia è stata ben diversa. I rapporti dei funzionari ucraini descrivono le truppe nordcoreane come “mal coordinate” e “scarsamente integrate” con le forze russe. La disorganizzazione, la carenza di equipaggiamento e la mancanza di coordinamento con le forze russe hanno compromesso l’efficacia della loro presenza. Sebbene descritte come “feroci guerrieri”, le forze di Pyongyang si sono rivelate incapaci di adattarsi alle dinamiche della guerra moderna, che richiedono velocità, flessibilità e coordinazione tra diversi attori.
Nel frattempo, Kiev, pur non confermando ufficialmente il ritiro delle truppe nordcoreane, ha continuato a segnalare pesanti perdite nelle file del contingente di Pyongyang, secondo il generale ucraino Oleksandr Syrsky ha stimato un dimezzamento delle forze presenti sul campo. Il portavoce russo, invece, smentisce: “Non possiamo commentare. Ci sono molti argomenti diversi, sia corretti che scorretti, sia deliranti che distorti della realtà; quindi, probabilmente non è appropriato commentarlo ogni volta. Non lo faremo”, ha concluso, lasciando di fatto molti dubbi su quanto stia accadendo.
La guerra nei cieli: la resistenza ucraina e i droni
Se da una parte le forze nordcoreane hanno mostrato segni di difficoltà, dall’altra l’Ucraina continua a utilizzare con efficacia tecnologie avanzate, come i droni, per portare la guerra direttamente nelle retrovie russe. Nelle ultime settimane, le forze ucraine hanno intensificato l’impiego di droni per colpire obiettivi sensibili sul territorio russo, infliggendo danni alle infrastrutture e destabilizzando le regioni limitrofe al confine ucraino.
In una delle notti più intense di attacchi aerei, Mosca ha riferito di aver abbattuto 49 droni ucraini, intercettati nelle regioni di Rostov, Volgograd, Kursk e altre aree strategiche. Nonostante gli sforzi della difesa aerea russa, l’impiego di droni è una componente chiave della resistenza ucraina, che sta cercando di ridurre il rischio per le proprie truppe e, allo stesso tempo, esercitare una costante pressione sul fronte russo.
Pokrovsk: la città chiave che potrebbe cambiare il destino della guerra
In mezzo agli sviluppi sul campo di battaglia, Pokrovsk è diventata una delle città più contese della guerra in Ucraina, non tanto per la bellezza dei suoi paesaggi quanto per la sua posizione strategica. Prima del conflitto, era una città con circa 70mila abitanti, un nodo cruciale tra il Donbass e il resto dell’Ucraina. Ora, però, è un obiettivo prioritario per le forze russe, che vedono in essa un trampolino di lancio verso ovest. Se Pokrovsk dovesse cadere, potrebbe segnare il punto di non ritorno, spingendo la guerra verso una fase decisiva, magari anche quella dei negoziati.
Nel frattempo, gli Stati Uniti, sempre più preoccupati per l’escalation, sembrano spingere per una tregua entro Pasqua. E tra chi fa pressione sulla Russia per fermare il conflitto, non manca Donald Trump, che si è messo a favore di una soluzione diplomatica. Ma la realtà sul campo è che Mosca vuole prima prendere Pokrovsk per sedersi a un tavolo con più carta in mano.
Le vittime civili e le condanne internazionali
La guerra continua a mietere vittime tra i civili. L’attacco russo alla città di Sumy, che ha provocato la morte di 9 persone, ha suscitato la ferma condanna di Volodymyr Zelensky. Il presidente ucraino ha ribadito che “il terrore” non può restare impunito e ha sollecitato la comunità internazionale a intensificare il supporto all’Ucraina, facendo pressione sulla Russia affinché ponga fine alle sue azioni distruttive.
Le forze russe, accusate di crimini contro i civili in varie regioni ucraine, continuano a essere oggetto di indagini da parte delle autorità internazionali. La guerra, sempre più disumana e devastante, ha ridotto a macerie molte città ucraine e ha fatto crescere le tensioni diplomatiche tra Mosca e l’Occidente, senza che si intraveda una via di uscita chiara dal conflitto.