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Guerra dei dazi: Messico, Canada e Cina rispondono a Trump

Imagoeconomica

È iniziata la guerra dei dazi. Trump colpisce e Messico, Canada e Cina rispondono. Immediate le reazioni da parte dei paesi colpiti dall’ordine esecutivo del presidente americano, che impone tariffe del 25% su tutti i prodotti importati da Messico e Canada (ad eccezione del petrolio tassato al 10%) e del 10% alla Cina (in aggiunta a quelle già presenti) sulle sue esportazioni verso gli Stati Uniti.

La decisione di Trump ha violato l’accordo di libero scambio Usmca, in vigore dal 2020, provocando la dura reazione dei governi di Ottawa e Città del Messico. Messico, Canada e Cina hanno annunciato misure di ritorsione per difendere le proprie economie, dando il via a un’escalation che minaccia scambi per oltre 2.100 miliardi di dollari all’anno, più dell’intero Pil italiano.

Potrebbe però non finire qui. Il provvedimento finale di Trump include infatti una “clausola di ritorsione”, che farà scattare ulteriori misure americane nel caso in cui i paesi colpiti rispondano con nuove tariffe.

Il petrolio, per ora, è stato risparmiato da dazi più elevati, poiché percentuali più alte danneggerebbero anche gli Stati Uniti, alimentando l’inflazione. Lo scontro è appena iniziato, ma le sue conseguenze potrebbero essere devastanti.

La reazione del Canada: colpire Tesla e i prodotti chiave

Il primo ministro canadese Justin Trudeau ha annunciato tariffe doganali del 25% su beni statunitensi per un totale di 155 miliardi di dollari canadesi (102 miliardi di euro). Il primo pacchetto, dal valore di 30 miliardi, entrerà in vigore immediatamente, mentre ulteriori 125 miliardi saranno colpiti nelle prossime settimane. “Certamente non stiamo cercando l’escalation, ma difenderemo il Canada, i canadesi e i posti di lavoro canadesi”, ha dichiarato Trudeau.

Le tariffe si applicheranno a “beni di uso quotidiano” come birra, vino, frutta, verdura, elettrodomestici, legname, plastica e “molto di più”. Il premier ha sottolineato che queste misure sono una risposta diretta all’aggressione commerciale statunitense: “Non vogliamo questa guerra commerciale, ma non staremo a guardare mentre l’economia canadese viene colpita in modo ingiusto”.

Chrystia Freeland, ex ministra del Commercio estero e ora tra le figure più in vista del panorama politico canadese, ha suggerito invece una strategia ancora più mirata: “Imponiamo dazi del 100% sulle Tesla. Dobbiamo essere molto precisi nel colpire chi sostiene Trump e far capire agli Stati Uniti che le loro azioni hanno conseguenze”. L’idea è di mettere pressione su Elon Musk, figura chiave nell’economia statunitense, e colpire settori strategici come quello automobilistico.

Altri prodotti nel mirino includono il succo d’arancia della Florida, liquori e beni provenienti da stati repubblicani cruciali per il consenso elettorale di Trump. Trudeau ha avvertito che le ripercussioni della guerra commerciale non si fermeranno al Canada: “Gli americani vedranno aumentare i prezzi del cibo e della benzina, e molte aziende rischiano la chiusura”.

Il primo ministro ha ribadito che questo conflitto commerciale avrà “conseguenze reali” su entrambe le sponde del confine: perdita di posti di lavoro, costi più elevati per i consumatori e la possibile chiusura di stabilimenti automobilistici, oltre a un accesso più difficile a risorse chiave come nichel, potassio, uranio, acciaio e alluminio canadesi.

Messico: “Niente calunnie, risponderemo con dazi”

La presidente messicana Claudia Sheinbaum ha respinto con fermezza le accuse del presidente Trump, il quale ha giustificato l’imposizione dei dazi con un presunto legame tra il governo messicano e il traffico di droga. “Respingiamo categoricamente questa calunnia della Casa Bianca. Il Messico è impegnato in una lotta costante contro il crimine organizzato e non permetteremo che accuse infondate minino la nostra sovranità”, ha dichiarato la Sheinbaum in un comunicato ufficiale diffuso tramite X.

Pur mantenendo un approccio prudente, la presidente ha annunciato che il Messico risponderà con misure doganali contro gli Stati Uniti. “Non rimarremo in silenzio di fronte a queste ingiuste misure commerciali. Il nostro governo sta valutando attentamente una serie di provvedimenti economici per difendere gli interessi del popolo messicano”, ha affermato.

Inoltre, ha rivolto un’accusa diretta all’industria americana delle armi, sostenendo che essa contribuisce ad alimentare il crimine organizzato in Messico. “Se Trump vuole davvero combattere il narcotraffico, dovrebbe iniziare a contrastare la vendita indiscriminata di armi da fuoco negli Stati Uniti e fermare il flusso di armamenti che giunge ai cartelli della droga. Il crimine organizzato non prospera senza risorse e gli Stati Uniti hanno una chiara responsabilità in questo problema”, ha dichiarato.

Il governo messicano ha ribadito la volontà di collaborare con Washington per affrontare il problema della migrazione e del traffico di droga, ma ha messo in guardia sulle conseguenze di una guerra commerciale. “Non sarà attraverso i dazi che risolveremo questi problemi complessi. Solo il dialogo e la cooperazione bilaterale ci permetteranno di trovare soluzioni durature. Il Messico continuerà a lavorare per garantire sicurezza e sviluppo, sempre nel rispetto dei diritti umani”, ha concluso la Sheinbaum.

Cina: “Risponderemo con misure corrispondenti”

Dura anche la risposte cinese ai nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti. Il Ministero del Commercio di Pechino ha dichiarato che il governo “si oppone con fermezza” all’imposizione del 10% sulle esportazioni cinesi e ha promesso di adottare “contromisure corrispondenti”. Pechino “è fortemente insoddisfatta e si oppone con fermezza alle tariffe americane imposte sui beni cinesi”, ha sottolineato il ministero in una nota, anticipando l’intenzione di ricorrere all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) “per le pratiche illecite degli Stati Uniti”, accusandoli di violare le regole internazionali con “l’imposizione unilaterale di tariffe”.

Una mossa che, secondo Pechino, “non solo non aiuta a risolvere i propri problemi, ma interrompe anche la normale cooperazione economica e commerciale tra Cina e Stati Uniti”. Il governo cinese ha anche affermato che “adotterà le contromisure corrispondenti per salvaguardare con decisione i propri diritti e interessi”.

L’ambasciata cinese a Washington ha ribadito che “non c’è mai un vincitore nelle guerre commerciali” e che le tariffe imposte da Trump “non porteranno benefici nemmeno all’economia americana”. Inoltre, Pechino ha respinto le accuse statunitensi sul traffico di fentanyl, definendole “pretestuose” e ha sottolineato che “la Cina è uno dei paesi più severi nella lotta al narcotraffico”. Per queste ragioni, la Cina “esorta gli Stati Uniti a correggere le proprie pratiche errate, a venire incontro alla parte cinese a metà strada, ad affrontare direttamente i problemi e a impegnarsi in un dialogo sincero”.

Le conseguenze economiche e politiche

Questa guerra commerciale rischia di lasciare molte “vittime” sul campo senza alcun vero vincitore. Trump minimizza le conseguenze a breve termine, promettendo che “la gente capirà… i dazi ci renderanno molto ricchi”. Ma le critiche non mancano. Il Wall Street Journal ha stroncato la politica commerciale dell’ex presidente, definendola “la più stupida guerra commerciale della storia”. Secondo l’editoriale, l’integrazione economica tra Stati Uniti, Canada e Messico rende queste misure particolarmente pericolose: “L’industria automobilistica nordamericana è un ecosistema integrato. Il Canada fornisce il 13% delle importazioni statunitensi di ricambi per auto, il Messico il 42%. Una guerra commerciale sarebbe un disastro”.

Nel 2024, Cina, Messico e Canada rappresentavano il 40% delle importazioni americane. Secondo Trade Data Monitor, nel 2023 gli Stati Uniti hanno acquistato beni per 1.900 miliardi di dollari da Unione Europea, Canada, Messico e Cina. I dazi voluti da Trump rischiano di innescare una crisi commerciale globale senza precedenti.

E presto il conflitto doganale potrebbe estendersi anche all’Europa. L’ex presidente non ha lasciato dubbi: “L’Europa ci ha trattati malissimo”, ha dichiarato, lasciando intendere che il continente sarà il prossimo bersaglio. “Abbastanza presto toccherà all’Europa”, ha promesso, senza però specificare quali prodotti saranno colpiti né con quali tempistiche.

Nel frattempo, nuove misure entreranno in vigore il 18 febbraio, colpendo le importazioni di gas e petrolio. Trump ha già annunciato ulteriori dazi su microchip, farmaci, acciaio, alluminio e rame, che si sommeranno a quelli già imposti.

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