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Guerra dei chip: Usa, Giappone e Ue alzano nuove barriere sull’High Tech alla Cina. Che farà ora Pechino?

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Altro che globalizzazione. Sotto la pressione di Washington, europei e giapponesi hanno alzato le barriere sull’export dei macchinari per la produzione di chips, a partire dai quasi insostituibili congegni dell’olandese ASML che consentono la creazione dei semiconduttori più sofisticati, necessari per lo sviluppo delle armi più sofisticate, nonché per le applicazioni dell’intelligenza artificiale. La risposta di Pechino non dovrebbe tardare: secondo gli esperti, la Cina farà presto valere la leadership tecnologica e produttiva di Catl nelle batterie per l’auto elettrica, complicando i piani dell’auto verde Usa (almeno il 50 per cento dei componenti dovrà essere prodotto in Usa, secondo la legge voluta da Biden). Per non parlare della dipendenza dell’Europa verde dall’egemonia cinese. “Il mondo – si legge nel rapporto dell’International Energy Agency del luglio 2022 – si affiderà quasi completamente alla Cina per la fornitura degli elementi chiave  per la produzione dei pannelli solari fino al 2025. Sulla base della capacità di produzione in costruzione la quota cinese di polisilicio, barre e wafer raggiungerà presto il 95%”. Una bella ipoteca sulle strategie di crescita negli anni a venire, se continuerà a prevalere la logica del friendshoring, cioè la globalizzazione limitata agli amici.

La sfida Usa-Cina sui chip e commerci in calo nel mondo de-global

Ma la sfida tra Cina e Stati Uniti è destinata ad essere la nota dominante della congiuntura internazionale segnata, complici le difficoltà dei commerci, dalla frenata della crescita prevista dal Fondo Monetario Internazionale. I dati del World Economic Outlook attestano la frenata dal 6,1 al 3,4%, ma anche la previsione che nei prossimi cinque anni l’economia mondiale crescerà meno del 3%, la previsione a medio termine più bassa dal 1990. Ovvero dall’avvio della distensione seguita alla caduta del Muro di Berlino ma soprattutto alle aperture di Deng Xiao Ping.

L’olandese Asml interrompe le forniture a Pechino: portata storica

E’ in questo quadro che va inserita l’ultima stretta sui semiconduttori imposta da Washington nei confronti di Pechino, una mossa così aggressiva che, a detta dello stico britannico Nial Ferguson, ricorda le restrizioni di Franklyn Delano Roosevelt alle importazioni di petrolio dell’impero giapponese, una della cause che portarono all’attacco di Pearl Harbour nel 1941. Facendo gli scongiuri, la decisione di ASML di interrompere le forniture alle industrie cinesi ha senz’altro una portata storica. La società olandese, nata da una costola di Philips, ha cercato fino all’ultimo di difendere la sua neutralità (il 15% del fatturato dipende dalla Cina) rispetto alle dispute geopolitiche, salvo riconoscere, l’8 marzo scorso, la necessità di aderire all’embargo di Washington.

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La società di Veldhoven, del resto, è un unicum mondiale, l’unica carta in mano all’Europa nella sfida dei chips.  Forte di 35 mila dipendenti in arrivo da 119 Paesi  (con un tasso di nuove assunzioni di 3,500 unità ogni sei mesi) Asml è il fiore all’occhiello della scienza europea: qui, con il contributo essenziale della tedesca Zeiss, è nato il processo di produzione dei macchinari per i chips basato sulla litografia a raggi ultravioletti estrema  che permette di sviluppare semiconduttori a 2/4 nanometri, molto più avanzati di quanto non possa raggiungere, nonostante gli sforzi finanziari, la tecnologia di Pechino. Questi tesori tecnologici, ampiamente condivisi con la taiwanese Tsmc, non devono arrivare a Pechino, è il diktat di Washington, cui si è dovuto adeguare il premier olandese Mark Rutte. Ma è toccato a Ursula Von Der Leyen anticipare a Xi Jinping  nella recente missione cinese le nuove regole che la Ue si accinge a varare per “evitare la fuga all’estero di tecnologie emergenti e sensibili”. 

La nuova guerra sui chip: come reagirà ora la Cina?

Facile che il presidente cinese l’abbia presa a male. Ma, in data 31 marzo, è arrivata un’altra doccia fredda, stavolta dal Giappone. A partire da luglio anche Tokyo vieterà a Nikon ed a Tokyo Electron l’export delle macchine necessarie per la produzione di chips d’avanguardia, cancellando così l’unica alternativa ad Asml, colosso borsistico (cerca 200 miliardi di capitalizzazione) sconosciuto alla maggior parte degli investitori. Si alza così una barriera elettronica tra la Cina e l’hi tech che fa capo alla tecnologia americana: dietro lo sfondo geopolitico si accende una guerra commerciale all’ultimo chip, In attesa della risposta di Pechino: sul litio, le terre rare o sulle batterie. Si vedrà.

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