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Groenlandia, il centrodestra vince le elezioni e rilancia il sogno dell’indipendenza. Cosa farà ora Trump?

Le elezioni in Groenlandia segnano una svolta: il centrodestra vince e riapre il dibattito sull’indipendenza, mentre Trump continua a guardare all’isola e alle sue risorse strategiche

Groenlandia, il centrodestra vince le elezioni e rilancia il sogno dell’indipendenza. Cosa farà ora Trump?

Colpo di scena alle elezioni in Groenlandia: l’opposizione di centrodestra ha ribaltato i pronostici e vinto le elezioni legislative, segnando un punto di svolta per il futuro dell’isola. Il voto è stato contraddistinto da un’ondata di nazionalismo che ha rilanciato il tema dell’indipendenza dalla Danimarca. A vincere è stato il partito Demokraatit, di orientamento social-liberale, che ha ottenuto il 30% dei voti, seguito dal partito nazionalista Naleraq con il 24,5%. In netto calo i partiti del governo uscente: gli ambientalisti di sinistra di Inuit Ataqatigiit si sono fermati al 21% (-15 punti rispetto al 2021) e i socialdemocratici di Siumut al 15% (-14 punti). Il risultato ha sorpreso gli osservatori politici, che prevedevano una vittoria del primo ministro uscente Mute Bourup Egede e del suo partito Inuit Ataqatigiit.

La Groenlandia è una regione autonoma della Danimarca con 56mila abitanti, per lo più di origine Inuit. Il voto si è svolto sotto lo sguardo attento della comunità internazionale, in particolare degli Stati Uniti, dopo che il presidente Donald Trump ha più volte espresso l’intenzione di prendere il controllo della strategica isola artica, ricca di terre rare fondamentali per l’economia globale.

Affluenza record alle urne

Le elezioni sono state caratterizzate da un’affluenza notevole. Nella capitale Nuuk, i seggi sono rimasti aperti oltre l’orario previsto per consentire a tutti di votare. Il tasso di partecipazione ha raggiunto il 71%, cinque punti in più rispetto al 2021. L’elevata affluenza ha dimostrato l’importanza di questo voto per i groenlandesi, consapevoli delle implicazioni geopolitiche e della possibilità di accelerare il percorso verso l’indipendenza, ma con un occhio anche a nuove politiche sociali.

Sia Demokraatit che Naleraq sostengono la separazione dalla Danimarca, ma divergono nei tempi e nelle modalità. “Non vogliamo l’indipendenza domani, vogliamo una base solida”, ha dichiarato Jens-Frederik Nielsen, leader di Demokraatit, che ora dovrà cercare alleati per formare un governo.

Groenlandia tra indipendenza e mire statunitensi

Ex colonia danese, la Groenlandia è stata ufficialmente integrata nel Regno di Danimarca come provincia autonoma nel 1953. Successive riforme, nel 1979 e nel 2009, hanno ampliato l’autogoverno dell’isola, che oggi gestisce la maggior parte degli affari interni, incluse le risorse minerarie, mentre Copenaghen mantiene il controllo sulla politica estera e sulla difesa. Gran parte della popolazione, composta per il 90% da Inuit, denuncia da tempo un trattamento di seconda classe da parte della Danimarca, accusata di aver represso la loro cultura e attuato politiche discriminatorie, tra cui sterilizzazioni forzate e la separazione dei bambini dalle famiglie indigene.

Sebbene l’indipendenza non fosse ufficialmente in gioco in queste elezioni, è stato il tema dominante della campagna elettorale. Quattro dei cinque principali partiti si dichiarano favorevoli alla separazione dalla Danimarca, ma con strategie differenti. L’isola ha avviato il suo percorso verso l’indipendenza dal 2009 ma i tempi e le modalità del distaccamento finale da Copenaghen restano incerti. Naleraq spinge per un distacco immediato, mentre Demokraatit predilige un approccio più cauto, puntando prima sulla costruzione di un’economia stabile. Attualmente, la Groenlandia dipende dai sussidi danesi, che coprono circa un quinto del Pil (565 milioni di dollari all’anno), e la pesca, principale settore economico, non è sufficiente a garantire l’autosufficienza finanziaria.

Per ottenere l’indipendenza, sarebbe necessario un referendum, il cui esito dovrebbe poi essere ratificato dal Parlamento danese. Secondo Martin Kviesgaard, direttore della Banca della Groenlandia, il Paese non è ancora pronto a sostenersi economicamente da solo. Per questo motivo, lo sviluppo del turismo artico e l’estrazione delle terre rare, sempre più strategiche a livello globale, vengono considerati elementi chiave per un futuro indipendente.

Copenaghen ha mantenuto una posizione neutrale sulla questione, affermando che saranno i groenlandesi a decidere il proprio destino.

Trump e l’interesse americano per la Groenlandia

Le elezioni groenlandesi hanno attirato particolare attenzione grazie alle dichiarazioni di Donald Trump, che ha più volte espresso il desiderio di “controllare la Groenlandia”. Il Paese ha un’importanza strategica cruciale grazie alle sue rotte commerciali e ai giacimenti minerari. Trump ha ipotizzato di annetterla agli Usa, dichiarando che “gli Stati Uniti la otterranno in un modo o nell’altro”. Il presidente ha promesso investimenti miliardari e prosperità economica in cambio di un’alleanza più stretta con gli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti vi renderanno ricchi“, aveva dichiarato Trump ma suscitando reazioni contrastanti: se da un lato alcuni groenlandesi vedono un’opportunità economica, dall’altro molti temono che l’isola possa diventare una pedina in uno scontro geopolitico più grande.

Attualmente, gli Stati Uniti mantengono una base militare nel nord della Groenlandia, grazie a un accordo del 1951 con la Danimarca. Solo il 6% dei groenlandesi, però, sarebbe favorevole a diventare parte degli USA, secondo i sondaggi.

I prossimi passi: coalizioni e strategie future

Nonostante la vittoria elettorale, Demokraatit non ha ottenuto la maggioranza assoluta nel Parlamento groenlandese, che conta 31 seggi. Saranno quindi necessarie trattative per la formazione di un governo di coalizione, e la scelta dell’alleato determinerà la direzione futura del Paese, in particolare sulla questione dell’indipendenza e della politica economica.

La Groenlandia si trova ora a un bivio. Il nuovo governo dovrà decidere se accelerare il percorso verso l’indipendenza o consolidare prima la propria stabilità economica. Qualunque sia la scelta, il risultato elettorale segna un passo decisivo per il futuro dell’isola e per il suo ruolo nello scenario geopolitico globale. In attesa di capire anche i prossimi passi di Trump.

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