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Green New Deal: Frans Timmermans ha lasciato la Commissione europea. Che ne sarà della transizione verde?

Il commissario lascia, ma ci sono molti dossier ancora aperti . Lo scontro destra-sinistra non aiuta la prospettiva di un Europa davvero green. Tra un anno si vota e tutto potrebbe cambiare.

Green New Deal: Frans Timmermans ha lasciato la Commissione europea. Che ne sarà della transizione verde?

Il Green New Deal europeo ha perso il suo regista. Il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans e responsabile del grande piano di transizione verde si è dimesso per concorrere come premier laburista alle prossime elezioni nei Paesi Bassi. Al suo posto è stato nominato il socialista slovacco Maroš Šefčovič, già commissario per le relazioni interistituzionali. Šefčovič raccoglie un testimone pesante perché l’obiettivo di far diventare l’Europa primo continente decarbonizzato resta un traguardo irrinunciabile.

Timmermans lo ha interpretato in modo molto pragmatico senza dare troppo ascolto alle critiche che pure in diversi casi erano -e restano- fondate. La via maestra per un nuovo ordine sociale ed economico nel vecchio continente non è stata mai messa in discussione. Alcuni capitoli centrali, come gli aiuti agli investimenti, l’asfittica spesa pubblica, la somma di più burocrazie, la carbon tax, un confronto più soft con i movimenti ambientalisti, andavano corretti. Tuttavia, poco si può dire sulla volontà di cambiare le cose da parte di una coalizione che legherà il suo ricordo principalmente al Green Deal.

“E’ stato un membro chiave del mio collegio dei commissari. Grazie al suo eccellente contributo e al forte impegno personale, abbiamo fatto grandi passi avanti” ha detto Ursula von der Leyen. La visione riformista della transizione ecologica ha concentrato su Timmermans le critiche più feroci della destra e dei sovranisti più ostinati. Il punto politico rispetto alla transizione sta nella difficoltà della destra di capire fino in fondo il bisogno di una trasformazione radicale dell’attuale sistema. Una propensione alla conservazione o il desiderio di riscrivere i passaggi ad un “nuovo mondo” ristretto alle frontiere della nazione (!). Le cose non vanno così. I traguardi di sostenibilità al 2030 e 2050 restano agli atti, il tempo a disposizione di questo parlamento europeo é pochissimo e la prospettiva di un rovesciamento di forze nel 2024 può rimettere in discussione tutto. Solo questa mesta prospettiva può far rallegrare la destra per l’addio del tenace e barbuto commissario.

I tempi del “fare” sono ristretti

Il capodelegazione di Fratelli d’Italia al parlamento europeo Carlo Fidanza, ha scritto che l’uscita dalla Commissione di Timmermans è “un’ottima notizia per i cittadini europei”. Una specie di redenzione la sua, dopo che Timmermans di Matteo Salvini e Giorgia Meloni aveva detto “ di questo tipo di politici non mi interesso. Dovrebbero smetterla di mistificare e concentrarsi sull’interesse dei cittadini”. L’Europa é divisa, ma la neutralità climatica al 2050 ha bisogno di inclusione, perché solo attraverso una trasformazione profonda e condivisa si potrà avere crescita ed occupazione. La sinistra a Bruxelles e Strasburgo ha portato avanti battaglie importanti, nuove, non senza qualche errore. Ricordate cosa è successo per le auto elettriche dal 2035 ?

Di fatto, i sovranismi minano l’unità dell’Europa e non fanno bene. Se ce ne fosse stato bisogno, lo hanno dimostrato i due grandi eventi che il “regista “Timmermans si è trovato davanti: la pandemia e la guerra in Ucraina. Entrambi i casi hanno rimesso davanti all’Europa la necessità di innovare, investire, disporre di materie prime, creare occupazione, far crescere la ricerca, tutelare la biodiversità e la salute. Il dialogo resta la formula migliore per tenere su un giusto binario governi, imprenditori, sindacati, associazioni. L’esperienza movimentista-ambientalista di questi anni ci ha anche dimostrato che spesso gli attori green sono culturalmente impreparati a fronteggiare le emergenze del pianeta. Dalle piazze, purtroppo, non è arrivata ancora nessuna reale proposta praticabile. L’unica certezza- brutta- è quella della scienza e dei cambiamenti climatici che bisogna governare.

I dossier aperti nell’Ue che dovrebbero chiudersi entro pochi mesi sono ancora molti. Se un progressista pragmatico come Timmermans non andava bene alla destra è molto difficile che in questa Europa così divisa- a quaranta settimane dal voto dell’8 giugno 2024 – si riesca a trovare una sintesi utile su temi qualificanti della transizione verde. Due visioni opposte, alla ricerca di tornaconti elettorali, non sono ciò che vogliono i 450 milioni di cittadini europei. Il dopo Timmermans è una partita con troppi giocatori.

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