X

Grecia, una campagna elettorale populista contro l’Europa: crollano i partiti pro-euro

Domenica 6 maggio, i cittadini di ben quattro Paesi dell’Unione Europea si receranno alle urneNegli ultimi giorni, sotto l’occhio delle telecamere ha prevalso il vivace scontro tra Hollande e Sarkozy in gara per le presidenziali francesi. Eppure l’esito delle elezioni di Atene sarà importante tanto quanto quello di Parigi per il futuro dell’Europa. Il Paese ellenico è ancora in piena crisi, con un Pil in continua flessione (-5% nel 2012), la disoccupazione in incredibile aumento (21,7% a gennaio) e la tensione sociale che lievita dopo i numerosi tagli alla spesa pubblica imposti dalla Troika (Bce, Ue e Fmi) per ottenere l’ulteriore pacchetto di aiuti.

L’Ue non può che augurarsi la vittoria del partito conservatore guidato da Antonis Samaras, Nuova Democrazia (che i sondaggi danno al 25%) o del partito socialista Pasok, al 19% secondo i sondaggi, il cui leader, Evangelos Venizelos, che da mesi si destreggia tra i corridoi di Bruxelles. Nonostante le dichiarazioni dei due leader in campagna elettorale, molti analisti ritengono assai probabile una coalizione tra i due partiti, un governo tecnico mascherato, sotto la vigile egida dell’Unione Europea. In questo caso infatti la Grecia confermerebbe gli impegni presi nei confronti delle istituzioni internazionali e continuerebbe a fare di tutto per rimanere nell’Euro. Ma basta dare uno sguardo d’insieme alla frammentazione politica per capire che un simile Governo sarebbe molto debole e frammentato per garantire un’adeguata stabilità politica al Paese. 

Secondo un sondaggio pubblicato da Credit Suisse, la vittoria desiderata non è per nulla certa. Gli altri partiti, nonostante lo sbarramento al 3%, avranno ampi consensi dato il clima di incertezza verso il futuro che si respira in terra ellenica. Il problema è che tutti questi movimenti, con l’unica eccezione dei liberali, non sono d’accordo con le misure di austerità imposte dalla Troika, anzi le loro campagne elettorali si sono fondate proprie sul rifiuto dell’austerity come soluzione per uscire dalla crisi. Viste le numerose manifestazioni che sfilano ad Atene, e i tragici numeri sui suicidi nel Paese, sembra che l’opinione pubblica propenda verso queste misure alternative.

A spaventare maggiormente gli osservatori sono gli estremisti, a sinistra i comunisti riuniti nel Kke (9%-11% dei voti sempre secondo Credit Suisse) e a destra i filonazisti di Alba d’oro (che potrebbero arrivare al 5% dei consensi). Entrambi non solo vogliono dichiarare il default ma anche uscire dall’Euro. La sinistra radicale di Syriza (9%-13%) e il partito conservatore Greci indipendenti, invece, vogliono abbandonare le misure di austerità concordate con l’Ue, dichiarare un default unilaterale ma contestualmente rimanere all’interno della zona euro (opzione che genera grandi dubbi dal momento che procedure per un simile evento non sono mai state definite dall’Unione). Questi quattro partiti insieme, potrebbero arrivare ad almeno il 30% dei voti: è evidente che in una simile situazione sarebbe molto difficile per un governo prendere decisioni, soprattutto se si tratta di aumentare quelle di aumentare le riforme di austerità, come propone Nuova Democrazia.

La campagna elettorale greca (ma non solo questa) è stata dominata da demagogia e populismo. I partiti sembrano aver approfittatto del malessere sociale che pervade il Paese e della disperazione dei cittadini alla ricerca di una ripresa meno difficle. Eppure la risposta della politica sembra essere stata un insieme poco coerente di promesse e proposte che sembrano più una forma sbrigativa per raccogliere consensi piuttosto che uno slancio etico ragionato verso una vera e propria alternativa economica. Lunedì si saprà quale cammino inizierà a seguire l’Europa.

Related Post
Categories: Commenti