X

Grecia, un tranquillo weekend di paura. Ultima chiamata per evitare il default

Quella di oggi per la Grecia potrebbe essere l’ultima occasione di evitare un default che terrorizza l’intera Europa. Quattro riunioni dell’Eurogruppo in una sola settimana non sono bastate per trovare il tanto agognato accordo tra Atene e i creditori. Oggi i 19 ministri finanziari si incontreranno nuovamente per cercare una soluzione in extremis, nonostante le posizioni dei due fronti sembrino ancora una volta lontanissime.

A confermarlo il comunicato ufficiale diramato dopo l’Eurozone Working Group di ieri mattina, con il quale i ministri dell’Economia dei Paesi creditori hanno chiesto non troppo gentilmente alla Grecia di “accettare la proposta delle istituzioni” che consentirebbe agli ellenici di usufruire di nuovo finanziamento da 12 miliardi di euro fino a novembre in cambio di un’intesa che soddisfi le richieste di Commissione Europea, Bce e Fmi.

Ma la risposta di Alexis Tsipras è stata ancora una volta durissima: “La Grecia rifiuta ultimatum e ricatti”. E per il 5 luglio ha indetto un refrendum sulle proposte di Bruxelles. Tre sarebbero i punti che Atene riterrebbe inaccettabili: pensioni, aumento dell’Iva e stangata sulle isole.

I creditori vorrebbero infatti che la Grecia anticipasse al 2022 l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni (o 62 anni e 40 di contributi) a fronte del 2036 proposto in origine dal Primo Ministro ellenico (lunedì era sceso al 2025). In cambio l’ex Troika sarebbe disposta a dire sì al rinvio al 2019 della cancellazione dell’Ekas, il bonus destinato ai pensionati indigenti.

Per quanto riguarda l’Imposta sul Valore Aggiunto, la riduzione da tre a due aliquote Iva viene cancellata, ma la proposta prevede l’aumento dal 6 al 23% dell’Iva per ristoranti e hotel, mentre rimarrebbero al 13% l’aliquota su alimenti di base, energia e acqua e al 6% quella per medicine, libri e teatri.

Tsipras infine non avrebbe intenzione di cedere sull’abolizione delle riduzioni del 30% dell’Iva per le isole greche, mentre un’intesa sarebbe stata trovata sull’innalzamento dell’aliquota fiscale sulle imprese dal 26 al 28%.

I creditori infine hanno respinto la proposta di Atene di istituire  una sovrattassa del 12% sui profitti societari superiori a 500mila euro, un’idea che non assicurerebbe alcun gettito fiscale, ma che rappresenta – agli occhi del FMI – solo “una promessa” di dubbia realizzazione.

A questo punto l’unica cosa certa è che non c’è più tempo. Il limite per trovare un accordo è il 30 giugno, giorno in cui la Grecia dovrà restituire al fondo monetario 1,6 miliardi di euro, anche se si teme la reazione che i mercati potrebbero avere lunedì mattina nel caso in cui non ci fosse ancora un’intesa tra le parti.  

In caso di mancato pagamento entro martedì il default non sarà automatico, ma si aprirà un iter ufficiale della durata di circa un mese. Dopo aver inviato una comunicazione ufficiale ad Alexis Tsipras per invitarlo a pagare il debito e informarlo che non potrà più usufruire degli aiuti del Fmi, Christine Lagarde – due settimane dopo la scadenza – manderà un avvertimento ufficiale al Presidente della Repubblica greco per informarlo delle gravi conseguenze della mancata restituzione del capitale. A fine luglio, il comitato esecutivo del Fondo Monetario sarà informato del mancato rimborso. In quel momento, Fmi e ISDA («International Swaps and Derivatives Association») dichiarerebbero il «credit event», vale a dire un evento creditizio che rappresenterebbe l’entrata della Grecia in default. Ma prima bisognerà fare i conti anche con il referendum ellenico.

Related Post
Categories: News