Tsipras ha dunque voluto chiarire, agli scettici che gli rimproverano – dopo aver incassato il “no” del popolo greco al referendum di domenica scorsa – di scendere nuovamente a patti con i creditori europei nonostante il risultato della consultazione di cinque giorni fa, che in ballo non c’è Grexit bensì una ristrutturazione del debito e misure di aiuto più sostenibili. E su questo aspetto deve convincere non solo i sostenitori del “no”, che hanno promesso una manifestazione in serata a piazza Syntagma (inizialmente pensata in concomitanza col voto del Parlamento), ma gli stessi compagni di partito di Syriza, in particolare l’ala euroscettica capeggiata dal ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis.
Dopo la riunione, Lafazanis ha scritto su Twitter che l’ultima proposta che sarà discussa domani all’Eurogruppo “non è in linea con il programma di Syriza e non dà le risposte giuste al Paese”. Per far passare il pacchetto in Parlamento, se la defezione di una parte del partito dovesse essere robusta – qualcuno parla già addirittura di una scissione – Tsipras potrebbe essere costretto a chiedere l’appoggio di una parte dell’opposizione. E a quanto pare ce l’avrà, visto che i principali partiti dell’opposizione si sono già detti disponibili a sostenere il piano da 13 miliardi che Tsipras sta presentando all’Ue, in cambio di altri 53 miliardi di aiuti in tre anni: si tratta dei socialisti del Pasok, dei centristi del Fiume e anche di una parte di Nuova Democrazia.