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Grecia: poveri debitori, arroganti creditori

Nella vicenda greca tutti gli attori hanno commesso errori grossolani, che ci si augura l’accordo della notte scorsa possa avviare ad una razionale soluzione – I greci per primi dovranno convincersi che il fallimento avrebbe comportato sacrifici ben maggiori di questa specie di commissariamento imposto dall’Europa.

Grecia: poveri debitori, arroganti creditori

Finalmente è stato raggiunto l’accordo per il salvataggio della Grecia. Con un anno e mezzo di ritardo, l’Europa ha finalmente fatto quello che avrebbe dovuto fare ben prima e con costi economici e politici assai più contenuti. I greci, per parte loro, hanno fatto di tutto per inquinare le acque, facendo promesse a cui non hanno poi fatto seguire una puntuale messa in opera, rifiutando di varare quelle indispensabili riforme strutturali per cercare di creare un ambiente più ordinato e competitivo. Il risultato è che si sono spaventati gli investitori che hanno cominciato a temere il contagio di tutti quei paesi con alto debito pubblico, come l’Italia, mentre i cittadini greci si sono via via convinti che i loro guai dipendevano più dalla cattiveria dei creditori, in primo luogo dei tedeschi, che dalla dissipazione delle risorse finanziarie disponibili negli anni passati, operata dai loro governi con la complicità della grande maggioranza della popolazione.

La confusione è aumentata. La credibilità sia della Grecia sia dell’intera Europa a guida Merkel è stata seriamente scalfita ed ora tutti guardano con preoccupazione non solo ai debiti degli Stati, ma al fatto che il Vecchio Continente sembra aver smarrito la via della crescita. Si contrappone il rigore di bilancio ad una politica espansiva sia monetaria che fiscale senza dire peraltro chi sarebbe disposto a finanziare un ulteriore aumento dei deficit pubblici. I populisti addossano tutte le responsabilità alle banche che hanno sbagliato a prestare tanti soldi alla Grecia e che quindi ora non meritano di essere salvate, senza considerare che proprio gli investitori privati hanno subito un taglio dei loro crediti di circa il 70%.

Una vicenda in cui tutti gli attori hanno commesso errori grossolani, che ci si augura l’accordo della notte scorsa possa avviare ad una razionale soluzione. I greci per primi dovranno convincersi che il fallimento avrebbe comportato sacrifici ben maggiori di questa specie di commissariamento imposto dall’Europa. Del resto è normale che una persona o un’azienda indebitata sia sottoposta a un regime di stretta sorveglianza da parte dei creditori, affinché attui una serie di azioni di risparmio e di cessione dei beni patrimoniali. Anche gli Stati non si sottraggono a questa logica, che può essere ritenuta severa ed antipatica ma che risponde ad una ferrea esigenza di chi cerca di recuperare, almeno in parte, i propri crediti. Per gli Stati è poi necessario varare una serie di riforme capaci di migliorare la competitività del sistema in modo da poter rimettere in moto la macchina dell’economia e riprendere un sentiero di sviluppo.

Ritenere che il debitore sia sempre incolpevole e che i sacrifici che è chiamato a fare siano ingiusti, come viene ripetuto da tante anime belle soprattutto di sinistra, come si è visto nella trasmissione di Lerner del lunedì sera, è non solo sbagliato, ma profondamente diseducativo e quindi origine di altri e più gravi accidenti. Lerner ha mai sentito parlare di “azzardo morale”, cioè del rischio che la mancata sanzione dei debitori può portare a comportamenti via via sempre più azzardati ponendo così le basi per catastrofi sempre più grandi?

Ma anche i creditori, e soprattutto gli Stati della Comunità Europea, hanno commesso gravi errori. L’operazione ora approvata di ristrutturazione del debito greco, con relativo commissariamento, avrebbe potuto essere fatta diversi mesi fa, senza peraltro imporre alle banche ed ai privati un pesante taglio del credito, ma imponendo ad Atene quelle stesse misure di riorganizzazione delle proprie spese e di controllo sulla relativa esecuzione, che ora sono state imposte. La decisione di far partecipare anche i privati alle perdite sul debito di uno Stato, pur giusta sul piano teorico, ha in pratica scatenato sui mercati la paura del contagio. Gli investitori hanno infatti temuto che quanto accaduto alla Grecia potesse ripetersi per altri paesi deboli come il Portogallo o l’Italia, mettendo così in moto una crisi di fiducia che stava per travolgere la stessa impalcatura dell’Euro. Resesi conto dell’errore la stessa Germania insieme alla Francia, si sono poi affrettate a chiarire che quello della Grecia sarebbe rimasto un caso unico e che nessun altro paese dell’eurozona sarebbe fallito.

Tutto questo ha messo in evidenza la debolezza dell’Europa che manca di un vero governo politico in grado di fare delle azioni di riequilibrio territoriale, attraverso una politica fiscale comune, ed una politica monetaria veramente capace di gestire in maniera appropriata l’intero debito dei paesi dell’Euro. Sicuramente l’Europa è ancora in mezzo al guado. Le politiche di risanamento finanziario vanno affiancate da politiche di sviluppo basate non sulla spesa pubblica (come qualcuno vorrebbe), ma sul completamento del mercato unico, sulle liberalizzazioni, sulla efficienza delle amministrazioni pubbliche. Un po’ quello che Monti, insieme a Cameron, ha proposto a Bruxelles, ed è quello che il nostro governo sta cercando di fare in Italia. Queste misure, insieme a bassi tassi d’interesse che saranno sicuramente il portato della stabilità delle finanze pubbliche, potranno innescare il tanto sospirato sviluppo della Vecchia Europa.

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