Dopo l’Irlanda, la Spagna, anche in Grecia si inizia a parlare di elezioni anticipate. George Papandreou sembra sull’orlo del precipizio ma le dimissioni non sono neanche lontanamente il suo obiettivo. Infatti il primo ministro greco si è dichiarato pronto ad accettare la costituzione di un governo di transizione che porti il Paese alle elezioni anticipate, ma non a lasciare il suo posto.
Domani in Parlamento si voterà la fiducia e potrebbe anche ottenerla, dal momento che ha accontentato l’opposizione assicurando che il referendum non si farà. I leader del partito di centro destra Antonis Samaras ha dichiarato di essere pronto a scendere a compromessi con la maggioranza per formare un governo di transizione e organizzare rapidamente le elezioni anticipate. I mercati, anche sulla scia della decisione della Bce di tagliare i tassi di interesse, sono letteralmente schizzati alla notizia, con Piazza Affari che ha chiuso con oltre il 3%.
Eppure, i problemi della Grecia non sono affatto risolti. Papandreou, più di molti altri politici europei, si è preso le sue responsabilità cercando di portare avanti riforme impopolari: i 5 scioperi generali che si sono susseguiti nel 2011 ne sono l’esempio più evidente. In due anni ha annunciato 3 riforme di austerità, l’ultima delle quali prevede un risparmio di 78 miliardi, tra privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica, entro il 2015; il leader del partito socialista (Psok) ha scontentato tutte le fasce sociali riducendo le pensioni, congelando e diminuendo gli stipendi e aumentando le tasse (soprattutto sugli immobili). In più ha obbligato ogni cittadino a versare un contributo di solidarietà allo Stato, in base al reddito. Ma non è bastato: le agenzie di rating hanno continuato ad abbasare il loro giudizio sulla Grecia che è ormai considerata da tutte a rischio default. Dalla Troika (Fmi, Bce e Ue) ha ricevuto finora cinque tranche di aiuti, e la sesta, da 8 miliardi, era prevista entro novembre (ma era poi stata rimandata all’annuncio del possibile referendum).
Tuttavia le condizioni dell’economia greca non accennano a migliorare e lo spread tra i titoli di stato ellenici e i bund tedeschi a 10 anni supera i 2.400 punti base. La disoccupazione sfiorava il 18% a luglio, la crescita del Pil è stimata a -3,5% per il 2011 e si prevede un deficit fiscale del 9,5%.
Con il voto di fiducia di domani si aprono due strade possibili. Papandreou potrebbe ottenere la fiducia e continuare sulla strada dell’austerità appoggiandosi ai 110 miliardi di euro di aiuti previsti nei prossimi due anni. Oppure, più verosimilmente, non otterrà la fiducia e istaurerà un governo di unità nazionale per traghettare il Paese verso elezioni anticipate.