Cade come un fulmine sui cieli già non sereni dei mercati la frenata dell’economia Usa. Sull’onda della notizia il dollaro ha accelerato la sua discesa fino a 1,119 sull’euro, risalito ai massimi da due mesi, e sullo yen, 118,87. Di qui un calo delle Borse, più massiccio in Europa ed in Giappone che non negli Stati Uniti.
ASIA IN CALO, FRANA A FRANCOFORTE, MILANO -2,2%
A Tokyo la Borsa si avvia a chiudere con un ribasso nell’ordine dei due percentuali. Frena anche Hong Kong (-0,83%). A Wall Street l’indice Dow Jones è sceso dello 0,41%, l’S&P 500 circa dello 0,4% e il Nasdaq dello 0,63%. La debolezza del dollaro ha spinto intanto al rialzo le quotazioni del petrolio, con il Wti americano che avanza del 2,2% a 58,3 dollari al barile e il Brent a 65,6 dollari (+1,5%).
Le perdite più massicce si sono registrate in Europa, spaventata dal recupero dell’euro che rischia di compromettere le basi di una ripresa fragile, che per ora poggia quasi solo sull’export. Nelle Borse di Milano, Parigi e Francoforte si sono cosi aperte le cateratte. In Piazza Affari l’indice FtseMib è sceso ieri del 2,2%, la Borsa francese ha chiuso in ribasso del 2,5%, quella tedesca ha perso addirittura il 3,2%.
LA FED NON ESCLUDE L’AUMENTO DEI TASSI, I MERCATI SI’
Il comunicato della Fed, pubblicato ieri sera al termine dei lavori del comitato monetario, attribuisce la frenata dell’economia Usa (+0,2% nel primo trimestre, contro la previsione dell’1%) per lo più a causa di “fattori temporanei”. La banca centrale tiene perciò, aperta una finestra su un possibile rialzo dei tassi a giugno “nel caso di miglioramenti del mercato del lavoro e di una crescita dell’inflazione verso l’obiettivo del 2%”.
Ma i mercati danno per quasi scontato che l’aumento, se ci sarà, non arriverà prima dell’autunno, o più facilmente a fine anno. Così, in sintesi, il comunicato della Fed al termine della riunione del comitato monetario. Al di là della congiuntura di stagione (freddo invernale, sciopero dei porti) la causa più rilevante dello stop della crescita è stata la forza del dollaro che si è riflessa in un calo dell’export (- 7,2%).
IL BTP 10 SALE A 1,50%. OGGI IL NUOVO PIANO DI ATENE
A condizionare l’umore dei mercati europei è stata anche l’impennata dei Bund tedeschi seguita dal rialzo parallelo del debito sovrano della “periferia”. Il decennale tedesco è risalito di 9 centesimi, il rialzo giornaliero più significativo da dicembre 2013. La scintilla che ha innescato il movimento, secondo gli operatori sul mercato secondario, è stato l’esito dell’asta dei titoli a 5 anni: sono stati collocati Bobl per 3,27 miliardi contro i 4 miliardi offerti. Il fenomeno si è trasmesso anche alle emissioni italiane: a fine giornata il rendimento del Btp decennale era pari all’1,50%, spread a quota 122.
A condizionare i mercati è stata, al solito, la Grecia che si appresta a presentare ai creditori internazionali la nuova bozza della lista di riforme. Ma a spiegare la battuta d’arresto del mercato hanno contribuito l’abbondanza dell’offerta (ieri si sono chiuse le aste dl Tesoro italiano con il collocamento di Btp a 5 e 10 anni a condizioni in leggero rialzo) e la caduta dei rendimenti dei titoli tedeschi, ormai negativi fino ai sette anni. Nei giorni scorsi Bill Gross, uno dei gestori più influenti sul mercato obbligazionario, aveva predetto lo scoppio della “bolla dei Bund”, occasione per ricchi profitti speculativi.
SBANDA L’AUTO: FCA -4,7% VOLKSWAGEN -3,4%
A pioggia delle vendite ha investito i settori più esposti all’export, a partire dall’Automotive: l’indice Stoxx del comparto segna un ribasso del 3%. Ne ha fatto le spese Fiat Chrysler, peggior blue chip di giornata con una perdita del 4,7% nel giorno della trimestrale approvata dal Cda che si è tenuto in Brasile. Il periodo si è chiuso con un Ebit a 792 milioni di euro, inferiore al consensus degli analisti (810 milioni), su ricavi per 26,4 miliardi, superiori alle stime.
Il debito netto industriale a fine marzo si è attesta a 8,6 miliardi, poco sopra le attese, la liquidità è pari a 25,2 miliardi. L’utile netto (92 milioni di euro) è invece inferiore alle previsioni (200 milioni). Sono stati confermati i target 2015 già comunicati. Insieme Ferrari e Maserati hanno realizzato un Ebit di 137 milioni di euro. Anche Volkswagen (-3,4%) ha chiuso in ribasso nonostante utili nettamente superiori alle stime.
Si difende invece Cnh Industrial (-1,26%): Iveco Bus, è stata scelta dal Ministero della Difesa francese per la fornitura di 150 autobus. La giornata è dura comunque per tutto il comparto industriale di Piazza Affari: Finmeccanica -3,9%, StM -3,1%, Prysmian -3,8%.
FRENA MEDIASET. PIER SILVIO APRE AD INTESE CON MURDOCH E VIVENDI
Inversione di rotta per Mediaset (-3,1%) in chiusura dopo una mattinata al rialzo (fino ad un massimo di 4,83 euro). Nel corso dell’assemblea di ieri il vice presidente del gruppo Pier Silvio Berlusconi ha negato che ci siano in atto colloqui per cedere il controllo di Mediaset a Sky ma non ha escluso la cessione di quote di minoranza. Il vice presidente ha aggiunto, inoltre, che con Vivendi primo azionista di Telecom Italia, c’è la possibilità di lavorare insieme.
Secondo gli analisti di Mediobanca, sta per partire un processo di consolidamento nel settore media europeo. In un report della banca milanese, si legge: “Crediamo che Mediaset possa rappresentare un’interessante opzione strategica per Vivendi, essendo un gruppo media & contenuti, che consentirebbe ai francesi di entrare direttamente sul mercato italiano – ricordiamo anche che Vivendi diventerà il principale azionista di Telecom Italia con l’8% del capitale”.
Invariata Telecom Italia. Piace al mercato il rumour per cui Vincent Bolloré medita di rafforzare la quota di Vivendi nella società fino al 30%.
MALE BANCHE E GESTITO. SI DIFENDONO LE GENERALI
Nel settore finanziario si difende meglio di tutti Generali (-1,3%), alla vigilia dell’assemblea. La compagnia ha incassato un aumento di rating da parte di Société Générale a hold da sell, con prezzo obiettivo che passa da 16 euro a 18 euro. Giornata difficile invece per il risparmio gestito, dopo l’avanzata di martedì.
Mediolanum perde il 4,5%, nonostante gli ottimi dati del trimestre. L’utile è salito del 70% anno su anno a 137 milioni. Dietro l’incremento c’è un’accelerazione delle commissioni di gestione, salite a 195,7 milioni da 156 milioni circa di un anno prima. Ancora più vistoso il miglioramento delle commissioni di performance, a 132 da 31,3 milioni. Azimut -3,9%.
Non è andata meglio per le banche: Intesa -2,9%, Unicredit -2,1%, MontePaschi -3,9%. Banco Popolare e Pop.Milano perdono il 3,6%.
MEGLIO DEL PREVISTO I CONTI ENI -1,5%
Il ribasso ha colpito pure Eni -1,5%, che ha annunciato risultati migliori delle attese. Fanno peggio Saipem (-2,2%) e Tenaris (-3,4%). Netto ribasso infine per tutte le utility, a partire da Enel (-2,2%), con A2A in calo del 2,8%, Snam -2,3%.
IN CONTROTENDENZA AMPLIFON
Amplifon ieri è salita dell’1,03%. Bernstein ha spiegato che i conti del primo trimestre 2015 hanno evidenziato “un’eccezionale forte crescita del fatturato” e infatti i ricavi hanno battuto sia le attese del consensus.
In calo Cerved (-3,7%): Mediobanca Securities ha alzato il prezzo obiettivo sull’azione da 6 a 7,8 euro, confermando la raccomandazione outperform.