Il secondo week end del luglio 2015 sarà ricordato come uno dei più bollenti nella storia dell’Europa. E non solo per il gran caldo ma per i ripetuti colpi di scena e per i brividi che l’estenuante trattativa tra la Grecia e l’Europa ha fatto correre sia ad Atene che al Vecchio continente, allontanando solo in extremis il baratro di Grexit, della bancarotta e dell’uscita di Atene dall’euro.
“Non era un accordo scontato e per due volte abbiamo davvero rischiato Grexit” ha commentato senza trionfalismi ma con qualche punta di legittimo orgoglio Matteo Renzi. Si poteva fare di più e di meglio? Certamente sì, perché a posteriori si può sempre fare di più e di meglio, in politica come nella vita. Però si poteva anche fare meno o peggio e per la prima volta, il massimalismo dei falchi tedeschi guidati Wolfgang Schaeuble e il dilettantismo dei greci di Alexis Tsipras ci hanno fatto toccare con mano che Grexit non era solo un’ipotesi da laboratorio.
Di colpi di sole ne abbiamo già visti parecchi nei giorni ed è probabile che altri ne vedremo anche in Italia: “Basta con l’umiliazione della Grecia”,” Basta con l’Europa a egemonia tedesca”, “Basta con l’Italia succube della Merkel”, “Basta regalare soldi ad Atene”. Di tutto e di più. Pare già di sentirli i profeti del peggiorismo italico da Grillo a Salvini e da Fassina a Brunetta. Il nostro, si sa, è un Paese di Ct mancati della nazionale di calcio. Tutti sono convinti di essere più bravi di chi deve decidere e per tutti il bicchiere è sempre mezzo pieno ma la logica della politica non è quella delle discussioni tra amici al bar.
Due elementi di banale saggezza non conviene mai dimenticare: 1) solo avendo il mano il 51% dei consensi (ma in questo caso in Europa e non solo in Italia) si può pensare di far prevalere interamente il proprio punto di vista (ma quale? Pro Grecia? Pro Germania? Pro Europa?); 2) in democrazia la politica è per definizione basata sul compromesso, cioè su un punto di incontro tra le tesi inizialmente diverse: si tratta di verificare la qualità del compromesso ma il compromesso in quanto tale è il sale della politica.
Proviamo allora a valutare l’accordo sulla Grecia alla luce degli interessi delle parti in causa e proviamo, con tutti i rischi e la parzialità del caso, a stilare le pagelle della Grecia, dell’Europa e dell’Italia.
GRECIA: voto 4
Bisogna riconoscere ad Alexis Tsipras una buona dose di coraggio e di spregiudicatezza: prima col referendum e poi con il sì all’accordo finale. Ma la politica non è una partita di poker e pensare di ricattare o di mettere nel sacco politici di lungo corso come la Merkel o Schaeuble quando ci presenta al tavolo del negoziato col piattino in mano è o infantilmente ingenuo o terribilmente dilettantesco. E i risultati si sono visti.
Probabilmente l’accordo finale con l’Europa non aveva e non ha alternative per la Grecia se non la bancarotta e Grexit, ma non c’è dubbio alcuno che, a conti fatti, la proposta che il presidente Juncker aveva presentato a Tsipras il 26 giugno era enormemente più favorevole al popolo greco di quella dell’accordo finale anche se c’è da augurarsi che, sia pure in articulo mortis, ora il Parlamento di Atene l’approvi. Allora non c’era l’ultimatum a fare le riforme in tre giorni, non c’era il Fondo di garanzia da 50 miliardi e lo stesso ruolo del Fondo Monetario appariva più defilato.
Ma il 26 giugno Tsipras – non Schaeuble e non la Merkel – ha pensato a sorpresa di mandare tutto all’aria bocciando il piano Juncker e rifugiandosi nel salvifico referendum, che avrebbe avuto tutt’altro significato se fosse stato annunciato un mese prima e che, apparendo invece come un atto di sfida ai creditori (che l’ex ministro Varoufakis, il principale colpevole della disfatta greca, ha gentilmente definito “terroristi”), ha compromesso la fiducia e la credibilità della Grecia davanti a tutta l’Europa e non solo davanti alla Germania.
Tsipras paga le promesse lunari con cui ha vinto le elezioni greche ma, con tutta la comprensione di questo mondo, non si può chiedere a un Continente di 500 milioni di abitanti di farsi carico delle illusioni di una parte degli 11 milioni di greci. Il parere degli elettori greci va rispettato ma quello degli altri Paesi europei no?
Purtroppo, pur volendo finalmente venire incontro agli interlocutori europei per ottenere gli aiuti che soli avrebbero evitato la bancarotta di Atene, Tsipras ne ha fatto un’altra di giravolte presentando all’ultimo negoziato di Bruxelles un nuovo piano ricco di buone intenzioni ma tale da pregiudicare definitivamente la fiducia dell’Europa nei suoi confronti. Qual è il vero Tsipras? Quello che boccia il generoso piano Juncker o quello che presenta un piano greco assai più austero?
L’esito delle trattative con l’Europa è principalmente il frutto delle capriole e della dilettantesca gestione della coppia Tsipras-Varoufakis e purtroppo il prezzo lo pagherà il popolo greco che, a parole, tutti dicono di voler difendere anche quando pensava difendere pensioni baby o pensionamenti a 60 anni che non esistono più in nessuna parte d’Europa. Adesso il conto è salato.
EUROPA E GERMANIA: voto 5
E’ vero che per la terza volta l’Europa salva la Grecia ma quando mai in questi mesi e in questi giorni ha s’è intravisto nell’Unione europea un disegno lungimirante sul suo futuro e soprattutto un’anima? E’ vero che non si possono concedere a cuor leggero nuovi finanziamenti alla Grecia, che ne ha già avuti molti e che chissà se le restituirà, ma l’Europa non può essere fatta solo di rigore finanziaria e di ricerca di accordi tecnici al minimo sindacale. Forse, come sostiene Romano Prodi, è stato un clamoroso errore aprire le porte dell’Eurozona alla Grecia che taroccava i bilanci, ma buttarla fuori adesso avrebbe fatto il male di Atene ma anche di tutta l’Europa, sia sul piano finanziario che della credibilità politica.
Lo sanno tutti, e lo ha ricordato il Fondo Monetario, che il debito pubblico greco è insostenibile: prima o poi il problema della sua ristrutturazione si porrà ed è meglio avere le idee chiaro in proposito. Si può anche rinunciare a una parte dei propri crediti piuttosto che ricorrere ai pannicelli caldi ma è giusto pretendere riforme strutturali da Atene, che sono anche per la Grecia la sola speranza di crescere.
Colpa della Germania se l’Europa appare senz’anima e così incerta nella sua mission? Chi conta di più certamente ha più responsabilità anche se le colpe della Grecia non vanno dimenticate. Berlino ha le sue ragioni a non fidarsi della Grecia ma spiace ricordare che nei momenti cruciali della storia – dalla prima guerra mondiale al nazismo e alla Seconda guerra mondiale – la Germania ha sempre fallito e lo avrebbe fatto forse anche stavolta se le colombe europee e la stessa Merkel non avessero archiviato il pericoloso progetto di Grexit per 5 anni avanzato da Schaeuble. Come ha ben detto l’economista tedesco Daniel Gros, direttore del prestigioso Ceps di Bruxelles, “non è accettabile che il potente e rispettato ministro delle Finanze tedesco chieda ufficialmente la Grexit per 5 anni: questa è una provocazione”. E che dire della sua lite con un uomo dell’equilibrio e della saggezza di Mario Draghi?
La speranza è che l’Europa rifletta su stessa e ritrovi finalmente la rotta, all’insegna della solidarietà e dello sviluppo: non solo sulla Grecia ma sui migranti, sul Mediterraneo e su tanti altri nodi, non ultima la governance, sapendo che o l’Europa trova il colpo d’ala in direzione dell’unione politica e di una nuovo rapporto con i suoi popoli oppure andrà fatalmente incontro al proprio declino.
ITALIA: voto 7
Alzi la mano chi non ha provato fastidio nei giorni scorsi quando sembrava che le sorti dell’Europa e della Grecia dipendessero dal direttorio Merkel-Hollande. C’è chi dice che Renzi dovrebbe avere più coraggio e battersi, ammesso e non concesso che sia facile, per entrare nel direttorio. Ma c’è anche chi sostiene che sarebbe una fatica inutile perché i tempi sono cambiati e il direttorio è già morto. Probabilmente la verità sta in mezzo. Certo è che il premier italiano ha scelto una tattica inizialmente attendista e sotto traccia ma alla fine i risultati, favorevoli alla Grecia ma soprattutto all’Europa e all’Italia, li ha portati a casa.
Senza trionfalismo ma con orgoglio, come lui stesso ha detto alla fine del negoziato sulla Grecia, Renzi ha rivendicato di aver concorso – insieme al presidente francese Hollande – di aver convinto la Merkel e gli altri partner europei ad archiviare il progetto di Schaeuble di Grexit per 5 anni e di averli indotti anche ad accettare di spostare la sede del Fondo di garanzia dal Lussemburgo ad Atene. In questo modo Renzi ha dato una mano alla Grecia ma l’ha data soprattutto all’Europa che, diversamente sarebbe andata incontro a una crisi senza precedenti, ma l’ha data soprattutto all’Italia, che inevitabilmente avrebbe subito il contagio del crack di Atene.
Come si vede, non conta chi grida di più ma chi lo sa fare al momento giusto e chi porta a casa risultati. Il resto è roba da bar sport.