Non fateci l’occhio, perché la skyline di Milano cambierà ancora. Non bastavano infatti la Torre Unicredit, la più alta d’Italia con i suoi 231 metri, e nemmeno i grattacieli di CityLife, per ora due su tre in attesa del “Curvo” di Libeskind, che ospiterà entro quest’anno gli uffici di Pwc. Non bastava neanche l’avveniristico Bosco Verticale, il palazzo green progettato dall’architetto Stefano Boeri, che però ha segnato la tendenza: il nuovo gioiello in arrivo, non lontano da piazza Gae Aulenti dove sorge la sede di Unicredit progettata dall’architetto argentino Cesar Pelli (morto l’anno scorso a 92 anni), si chiama Gioia 22 (da via Melchiorre Gioia, zona Porta Nuova) e sarà campione di efficienza energetica.
SCHEGGIA DI VETRO
Anzi, di più: il grattacielo, già soprannominato “Scheggia di vetro”, sui suoi 26 piani (per 120 metri di altezza) avrà installati seimila metri quadrati di pannelli fotovoltaici. Con le sue ampie vetrate sfrutterà al massimo la luce naturale, sarà autosufficiente energeticamente grazie all’energia prodotta dai pannelli (contribuirà in parte anche al fabbisogno dei palazzi circostanti) e in grado di evitare la produzione di anidride carbonica quanto 10 ettari di bosco. E’ il primo edificio al mondo di questo tipo, per gli uffici, e il primo in Italia a rispettare lo standard NZEB, acronimo di Nearly Zero Energy Building, cioè edificio ad alta prestazione energetica e ad impatto ambientale quasi nullo.
Sia per il riscaldamento che per il raffreddamento, il grattacielo userà un impianto ad acqua di falda, con un sistema di free cooling che sfrutterà la sola differenza di temperatura con l’ambiente esterno. Oltre all’uso responsabile dell’acqua e dell’energia, il progetto Gioia 22 sceglie materiali sicuri per l’ambiente, con un approccio definito cradle to cradle (talvolta abbreviato in C2C, in italiano dalla culla alla culla): adatta cioè alla natura i modelli dell’industria, ovvero convertire i processi produttivi assimilando i materiali usati a elementi naturali, che devono quindi rigenerarsi. Questo modus operandi gli varrà la prestigiosa classificazione statunitense LEED, acronimo di Leadership in Energy and Environmental Design.
Scheggia di vetro è costato 150 milioni di euro ed ospiterà la nuova sede direzionale del gruppo Coima Sgr: sarà inaugurato entro il 2020 ed è stato progettato dall’architetto Gregg Jones, sempre dello studio Pelli. La sua valenza ecologica è doppia, se si pensa che la struttura prende il posto dell’ex palazzo dell’Inps, abbattuto nel 2018 ma in disuso dal 2012: costruito nel 1961, conteneva al suo interno oltre 200 tonnellate di amianto. Prima ancora di iniziare i lavori per Gioia 22, l’area è stata completamente bonificata. Il progetto prevede anche di riqualificare l’intero quartiere: è pensato per l’integrazione delle piste ciclabili, delle aree pedonali e vi saranno inoltre postazioni per la ricarica delle vetture elettriche.
TORRE VELASCA
Gioia 22 non sarà l’unica novità. Ci vorrà qualche tempo in più, ma sta per rinascere anche un grattacielo che in realtà è lì da oltre mezzo secolo: Torre Velasca, edificio simbolo del boom economico milanese, struttura all’avanguardia per l’epoca e costruita a tempo di record (292 giorni, in anticipo sulla tabella di marcia), è stata comprata dal colosso americano Hines, che vuole rivalorizzare quel gioiello, fino ad oggi in gran parte disabitato o occupato da inquilini e uffici privati. Ci vorranno, è l’ambizione di Hines, 24 mesi per terminare entro il 2022 il rilancio con un piano da presentare prima alla Sovrintendenza che ha vincolato il grattacielo e poi al Comune.
L’operazione vale 200 milioni e nelle parole dell’Ad Mario Abbadessa vuole “entrare nel futuro di Milano, nel rispetto però della storia”. Una storia che negli ultimi anni non è stata proprio gloriosa, visto che la Torre Velasca era finita nelle mani di Unipol dopo il fallimento di Salvatore Ligresti, che possedeva l’immobile, e aveva affidato a un advisor come Jll il processo di dismissione. La rivoluzione a stelle e strisce prevede che in certi piani rimarranno abitazioni private, anche se con canoni ovviamente non per tutti, mentre il grosso saranno locali commerciali dedicati soprattutto al cibo e al design. Al piano interrato, ecco l’idea di uno spazio wellness, con spa e chissà che altro.
Sarà curioso vedere che volto assumerà un palazzo storico, dal quale sembra di toccare la Madonnina (anche se è qualche metro più basso, perché un tempo a Milano nessun edificio poteva superare il Duomo) e che nella finzione cinematografica ha ospitato attori come Alberto Sordi e Franca Valeri, la coppia nel film Il Vedovo di Dino Risi, mentre nella realtà ci hanno vissuto Gino Bramieri o, in epoca recente, il parlamentare Bruno Tabacci.