Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera a importanti provvedimenti economici, tra cui la riforma delle partecipate, che arriva al traguardo dell’adozione definitiva senza modifiche di sostanza ai parametri scritti per dividere le società pubbliche che possono continuare a operare da quelle destinate invece a chiusura, privatizzazione o aggregazione. Il “taglia-partecipate” domina dunque il peso specifico dei provvedimenti del Governo, con l’obiettivo di cancellare in prima battuta almeno 5mila partecipazioni locali, cioè le ex municipalizzate: il testo praticamente chiede agli enti proprietari (in primo luogo i Comuni) di scrivere entro sei mesi un piano di razionalizzazione prevedendo obbligatoriamente l’abbandono delle partecipazioni in aziende che non rispondono a un doppio piano di requisiti.
RAZIONALIZZAZIONE MUNICIPALIZZATE – Il requisito principale per continuare l’attività è ad esempio quello degli ambiti stessi di attività: le pubbliche amministrazioni potranno essere socie solo di spa, srl (anche in forma cooperativa, come precisato nell’ultimo testo) e società consortili che producono servizi di interesse generale, compresa la realizzazione di reti e impianti, opere pubbliche, beni strumentali o attività di supporto agli enti non profit. Il piano di razionalizzazione, da adottare entro sei mesi per non incorrere in una sanzione amministrativa fino a 500mila euro, non ha possibilità di scelta, ma deve limitarsi a censire le partecipate che entro un anno vanno chiuse, privatizzate oppure aggregate per superare i parametri minimi di fatturato e organici. Entro sei mesi, anche le società pubbliche “in regola” con i nuovi parametri dovranno effettuare una revisione straordinaria del personale per individuare gli esuberi.
DIRIGENTI PA – Sul tavolo del Cdm, invece, non è arrivata invece la riforma dei dirigenti della Pa, ancora al centro delle discussioni all’interno del governo e dell’alta burocrazia ministeriale soprattutto dopo che il testo aveva perso la clausola di salvaguardia dalla licenziabilità per i direttori generali. Lo slittamento trascina con sé anche gli altri decreti alla prima lettura, su camere di commercio ed enti di ricerca: se ne riparlerà il 25 agosto.
OPERE PUBBLICHE – Il governo ha fatto anche chiarezza sui fondi coesione (Fsc) 2014-2020, non solo assegnando i 13,4 miliardi di euro ai Patti per il Sud ma anche approvando la ripartizione per “aree tematiche” di tutti i 15 miliardi che restavano da assegnare, con la parte del leone assegnata alle infrastrutture di trasporto (11,5 miliardi) e all’ambiente (2 miliardi). Il Cipe alla fine ha dunque deciso di ripartire tutti i fondi Fsc, anche se i “piani operativi” sulle singole aree tematiche, con opere e tempi, arriveranno solo nei prossimi mesi (i fondi Fsc hanno la maggior parte della “cassa”, la spesa effettiva, spostata alla fine del periodo 2015-2023).
Alle infrastrutture andranno 11,5 miliardi (strade 6 miliardi, ferrovie 2,1, metropolitane 1,5, sicurezza delle ferrovie regionali “interconnesse” 300 milioni, mezzi Tpl 1 miliardo), due miliardi all’Ambiente, 1,4 al Ministero dello Sviluppo, 400 milioni all’agricoltura. Risorse in arrivo per la metro di Torino, la Linea 2 di Milano, la tangenziale di Bologna, la AV Napoli-Bari, il Terzo Valico di Genova.