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Governo, oggi la prima fiducia di Monti alla Camera

Dinanzi al rischio di ulteriori annacquamenti della manovra da parte di partiti e gruppi di pressione, il presidente del Consiglio stringe i tempi: domani il voto della Camera, entro Natale il via libera definitivo del Senato. E la Lega, per dimostrarsi di lotta, si scatena a palazzo Madama

Governo, oggi la prima fiducia di Monti alla Camera

Il governo porrà oggi alla Camera la questione di fiducia, e così domani l’aula di Montecitorio darà il suo via libera alla manovra, che sarà approvata in via definitiva dal Senato prima di Natale. Nonostante le difficoltà che vengono dai mercati internazionali e i mugugni di buona parte della sua maggioranza (mettiamo da parte per un momento gli schiamazzi dei quali si è resa ieri responsabile la Lega a palazzo Madama), Mario Monti, dimostrandosi politico più che accorto, è in perfetta media con la tabella di marcia che si era dato. Prima ha cercato di valorizzare il più possibile il Parlamento, tenendolo, passo dopo passo, informato su tutto: vertici europei compresi. Poi, al momento opportuno ha tagliato corto e si è assunto la responsabilità di chiedere la fiducia.

Questo perchè il rischio che si è trovato dinanzi il presidente del Consiglio era che, sottoposta alle continue pressioni di lobby e partiti, la manovra con l’andare del tempo non avrebbe potuto fare altro che peggiorare. Intanto però Monti e  il ministro Fornero erano già riusciti a rendere il meno indigesto possibile il boccone amaro delle pensioni, mantenendo l’aggancio al costo della vita delle pensioni fino a 1.400 euro al mese. Un risultato non da poco.

Certo dalla manovra manca qualcosa: per esempio l’asta sulle frequenze della televisione digitale. Ma ma come ha ammesso in una trasmissione televisiva il sottosegretario Polillo, sollevando l’indignazione di Di Pietro, il Pdl è parte importante della maggioranza che sostiene il governo tecnico, Ed è inutile ricordare che su quel partito l’ex premier Silvio Berlusconi esercita un certo peso. C’è poi da notare troppa timidezza nelle liberalizzazioni, dalle quali sono stati esclusi i tassisti, categoria simbolo (sia pure non esclusivamente) di tentazioni corporative. C’è da augurarsi che le cose possano andare meglio per i farmacisti e per gli ordini professionali di notai e avvocati.

Del resto le condizioni nelle quali si muove il governo Monti non sono facili. I partiti non sono nella stanza dei bottoni, ma non possono rinunciare al proprio peso politico. Lo stesso vale per i sindacati. E se in questi giorni è stato il centro-destra a opporre la maggiore resistenza alle liberalizzazioni, quando si tratterà di affrontare il delicatissimo tema della riforma del mercato del lavoro, le difficoltà maggiori potrebbero venire da sinistra. Anche se fa ben sperare la determinazione del ministro del Welfare a raggiungere gli obiettivi riformatori, pur nella pratica della concertazione.

Un discorso a parte va fatto sulla Lega. Per carità ogni opposizione merita rispetto ed ha diritto di farsi sentire in Parlamento. Vale per Di Pietro e vale per Bossi. Eppure gli insulti a voce e per cartelli scritti ed esibiti contro il governo e il presidente Schifani, di chi, come Calderoli e Castelli, fino a pochi giorni prima sedeva sui banchi del governo, lasciano molto perplessi. Così come l’agitata eccitazione di Rosy Mauro che, fino a prova contraria, è tuttora vice presidente del Senato. E’ probabile che da partito di governo ora il Carroccio voglia mostrarsi partito di lotta. Ma ieri a palazzo Madama è stato soprattutto partito di schiamazzi.

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