Si apre forse un piccolo, timido spiraglio, nello stallo di Governo. A 50 giorni dal voto, il Pd lancia segnali di possibilismo e apre a un eventuale confronto con i 5 Stelle a determinate condizioni: 1) la definitiva chiusura dei rapporti tra i grillini e la Lega; 2) l’assunzione del programma dem come asse di riferimento fondamentale.
La novità è emersa nel corso del colloquio con il presidente della Camera Roberto Fico che ieri ha ricevuto un mandato esplorativo mirato dal capo dello Stato, Sergio Mattarella. Presenti, oltre al segretario reggente, Maurizio Martina, ancheil presidente del Pd, Matteo Orfini, e i capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Del Delrio.
Il parziale raffreddamento delle tensioni politiche sul nuovo Esecutivo ha peraltro influenzato anche lo spread tra Btp e Bund, sceso a 114 punti base, ai minimi da tre anni.
“Abbiamo detto a Fico una cosa: dopo 50 giorni di questa situazione che abbiamo tutti osservato e vissuto di impossibilità ad arrivare ad una proposta di governo, noi siamo disponibili a valutare il fatto nuovo se verrà confermato in queste ore e cioè la fine di qualsiasi tentativo di un accordo con la Lega”. Questo quanto affermato da Maurizio Martina, reggente del Pd al termine dell’incontro con Fico.
“Ci impegniamo ad approfondire questo possibile percorso di lavoro comune coinvolgendo in primo luogo i nostri gruppi dirigenti”.
Poi le condizioni: “Sul piano programmatico abbiamo ribadito a Fico che l’asse di riferimento fondamentale sta attorno al programma del Pd nei contenuti e nelle proposte. L’asse di riferimento fondamentale sta attorno al programma del Pd nei contenuti e nelle proposte” e su tre punti “già evidenziati durante le Consultazioni al Quirinale”: una “agenda europeista”, il “rinnovamento della democrazia superando il populismo”, politiche del lavoro “rispettando gli equilibri di finanza pubblica”.
Rispetto a pochi giorni fa sembra aver limato gli spigoli anche il capogruppo Pd al Senato, il renziano Andrea Marcucci, che ai microfoni di Radio Anch’io ha dichiarato: “Non sono ottimista, non vedo le condizioni perché i programmi si possano allineare, ma le sorprese in politica sono sempre dietro l’angolo”. “La situazione è molto delicata – ha aggiunto – i numeri in Parlamento molto risicati (di M5S e Pd assieme, ndr). Siamo preoccupati dalla lontananza programmatica, il lavoro dei professori (per M5S, ndr) evidenzia posizioni molto distanti”. “Siamo disponibili a confrontarci ad esempio sugli investimenti. Per esempio – domanda Marcucci – la Tav è strategica?”.
In realtà l’accelerazione impressa al confronto da Martina non è piaciuta ai renziani che vorrebbero sì trattare ma con più calma, per acquisire un maggior potere negoziale e preparare la base all’eventuale svolta senza traumi. L’impressione è che alla fine, se ci sarà un nuovo corso nel Pd e nel quadro politico generale, sarà ancora una volta l’ex segretario Matteo Renzi a determinarlo e a guidarlo.
Il leader dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, ha comunque confermato lo spiraglio che si è aperto, dicendo ufficialmente che il forno della Lega è definitivamente chiuso e sostenendo che l’unica alternativa al governo M5S-Pd è il ritorno alle elezioni, che Mattarella però esclude almeno fino alla primavera del 2019.
Il raffreddamento delle tensioni politiche sul nuovo Esecutivo ha influenzato anche lo spread tra Btp e Bund, sceso a 114 punti base, ai minimi da tre anni.
Giovedì 26 aprile il Presidente Fico tornerà ad incontrare il Pd alle ore 11 e il Movimento Cinque Stelle alle 13 per poi riferire al Capo dello Stato.