“No non mi dimetto! Anzi porrò la fiducia perchè voglio vedere in faccia chi ha il coraggio di tradirmi”. Da Arcore, dove era in corso una riunione con i figli e Fedele Confalonieri (talvolta i problemi di azienda si sovrappongono a quelli pur difficili della politica), Silvio Berlusconi smentisce le molti voci che lo volevano dimissionario entro poche ore. Voci accolte con entusiasmo dai mercati dopo che lo spread nei confronti dei titoli tedeschi aveva segnato quota 491. Anche il pressing della Lega, che lo ha invitato a farsi da parte, non ha aviuto finora esito. E allora tutto sembra rinviato a domani. Una giornata che, se non decisiva (ne abbiamo sentite annunciare troppe) sarà comunque importante, visto che la Camera dovrà votare sul Rendiconto dello Stato, che, se non approvato, segnerebbe un preoccupante vuoto politico e istituzionale.
Ed è per questo che (stando sempre ai si dice) l’opposizione si preprarebbe all’astensione, in modo da non aprire questo vuoto, ma anche con l’obiettivo di contarsi, contrapponendo le astensioni ai voti favorevoli della maggioranza. Per di mostrare che questa non c’è più. Come si vede molto si gioca sulle tecnalità parlamentari. E di certo le opposizioni, che possono contare su un rafforzato asse tra Bersani e Casini in regia, cercheranno il più possibile di tenere coperte le proprie carte. Le quali prevederebbero anche la presentazione di una mozione di sfiducia. Questa volta alla Camera. Berlusconi, quando parla di mettere la fiducia, si riferisce prima di tutto al Senato dove dovrebbero essere presentate, quando saranno pronte, le misure che mettono in pratica la ormai famosa lettera di intenti alla Ue. Insomma: la richiesta di fiudicia da parte del Governo al Senato potrebbe essere anticipata da una mozione di sfiducia delle opposizioni alla Camera. Come sempre accade nei momenti di confusione le bizzarrie non mancano.
Vediamo allora quali sono le cose certe. Berlusconi, a margine del pranzo familiar aziendale, ha anche avuto incontri e contatti politici. Ha ricevuto il ministro Rotondi, ma anche il ministro leghista Calderoli, che è venuto come ambasciatore, mentre in via Bellerio era ancora riunito (con Bossi) lo stato maggiore della Lega. E nel Carroccio, abbiamo visto che, per esempio, il ministro dell’Interno Maroni ritiene ormai inutile la resistenza ad oltranza di Berlusconi. L’altra cosa certa è che domani Bersani, dopo aver incontrato Pannella e la Bonino per avere ben chiaro quale sarà l’atteggiamento anche tattico dei radicali, parteciperà con Casini ad una riunione dei capigruppo di Pd, Idv e terzo polo. Ed è in questa sede che verrà messa a punto la definitiva strategia che dovrebbe (nelle intenzioni) portare alla caduta del Governo. Per quando? Anche sui tempi le opposizioni ritengono opportuna la via del riserbo per non consentire che Berlusconi si organizzi meglio. Al tempo stesso domani Berlusconi comincerà a chiamare ad uno ad uno chi è in odore di tradimento e proverà a convincere ciascuno a desistere.
Infine c’è il problema del dopo. Cosa accadrà se Berlusconi dovesse davvero trovarsi senza la maggioranza ed essere così costretto al famoso passo indietro? Nel Centro-destra si ritiene che non ci debba essere un nuovo Esecutivo, ma si debba andare subito andare alle elezioni. Casini e Bersani puntano soprattutto sul governo di responsabilità nazionale guidato da Mario Monti, ma sanno che anche questa strada rischierebbe di rivelarsi impervia, se ci sarà una compatta opposizione della attuale maggioranza. In questo quadro complicato ogni decisione, Costituzione alla mano, è rimessa soltanto alla saggezza e alla prudenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Per fortuna.