Ormai per l’esecutivo è diventata una prassi il ricorso alla fiducia per l’approvazione di provvedimenti legislativi. I numeri, riferiti a questa legislatura e alla precedente, confermano come ormai l’iter e la sorte di un decreto o di una legge siano sempre più decisi dal voto di fiducia richiesto dal governo piuttosto che dall’attività parlamentare di Camera e Senato.
In questi mille giorni di legislatura, l’esecutivo Renzi è ricorso alla fiducia 77 volte (come testimoniano le cifre dell’ufficio studi della Camera), a una media quindi di una fiducia ogni due settimane, per l’esattezza ogni 12 giorni. I deputati sono stati chiamati a votare la fiducia 41 volte (l’ultima non più tardi della settimana scorsa, sul decreto fiscale), mentre i senatori 36 volte. E’ in particolare sulle leggi di conversione dei decreti che l’esecutivo si attiva maggiormente: 26 fiducie chieste sia alla Camera che al Senato (per un totale di 52) hanno riguardato infatti 33 leggi di conversione.
Le altre fiducie sono state chieste su 10 leggi: di stabilità 2014; stabilità 2015; stabilità 2016; legge elettorale per la Camera; pdl sulle unioni civili; legge su città metropolitane, province e fusione di Comuni; legge europea 2013; Jobs Act; legge sulla “buona scuola”; omicidio stradale. Questa legislatura non fa eccezione, se solo si guarda alla precedente, la sedicesima, dal 29 aprile 2008 al 14 marzo 2013. Al netto delle votazioni di fiducia al momento dell’insediamento, il governo ha posto la questione 97 volte: 60 durante i lavori della Camera, mentre al Senato vi ha fatto ricorso 37 volte.
Una parte rilevante delle richieste di fiducia sono pervenute dal governo Monti, succeduto all’esecutivo Berlusconi IV, e rimasto in carica dal 16 novembre 2011 al 27 marzo 2013. Mentre Berlusconi ricorse alla fiducia 36 volte, Monti nei suoi 16 mesi alla guida dell’esecutivo si rivolte a Camera e Senato 61 volte, al ritmo di 3 fiducie al mese. Un comportamento – come evidenzia il rapporto “Governo in Parlamento” della XVl legislatura a cura dell’ufficio del gabinetto del ministro e del dipartimento per i rapporti col Parlamento – “da mettere in relazione al contesto politico ed economico nel quale ha operato il Governo ed alla particolare configurazione della maggioranza parlamentare che lo ha supportato”.