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Google sotto attacco: la Giustizia Usa valuta la scissione del colosso tech dopo sentenza Antitrust

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Google è sempre più nel mirino del dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. Il colosso di Mountain View si trova al centro di una disputa legale che potrebbe segnare un cambiamento epocale per l’intera industria tecnologica globale. Accusata di aver abusato della sua posizione dominante nel mercato delle ricerche online, l’azienda rischia un intervento senza precedenti che potrebbe condurre alla sua divisione.

Il tribunale federale della Columbia, sotto la guida del giudice Amit P. Mehta, ha già stabilito che Google ha violato la Sezione 2 dello Sherman Act, una legge antitrust americana. Lo scorso 5 agosto, la corte ha riconosciuto l’azienda colpevole di aver creato un monopolio, soffocando la concorrenza e consolidandosi come leader globale delle ricerche online. Questa sentenza ha aperto la strada al dipartimento di Giustizia per valutare lo smantellamento di Google, con l’obiettivo di ripristinare la concorrenza nel mercato digitale.

Google: le accuse del dipartimento di Giustizia Usa

Le accuse mosse dal DoJ si concentrano sul fatto che Google abbia utilizzato pratiche anticoncorrenziali per mantenere la sua posizione dominante. La società madre, Alphabet, ha investito miliardi di dollari per assicurarsi che il suo motore di ricerca fosse preimpostato su dispositivi come gli iPhone di Apple e gli smartphone di Samsung. Solo nel 2021, Google ha speso oltre 26 miliardi di dollari in accordi volti a mantenere la sua leadership nel mercato delle ricerche, assicurandosi il 90% delle ricerche negli Stati Uniti e limitando la crescita di concorrenti come Bing e DuckDuckGo.

Il giudice Amit P. Mehta ha emesso una sentenza di 277 pagine, evidenziando come Google abbia utilizzato accordi esclusivi per limitare la concorrenza e impedire l’emergere di motori di ricerca alternativi. Ha inoltre criticato l’azienda per non aver fornito motivazioni valide per tali accordi, e per aver imposto costi elevati agli inserzionisti, sfruttando la sua posizione monopolistica. Questa sentenza è considerata un punto di svolta nella regolamentazione delle pratiche anticoncorrenziali nel settore tecnologico.

Google e l’accusa di monopolio

Pur riconoscendo la qualità del motore di ricerca che ha permesso a Google di guadagnare la fiducia degli utenti, il tribunale ha rilevato che le pratiche anticoncorrenziali adottate successivamente hanno consolidato il monopolio dell’azienda. Il motore di ricerca di Google è preimpostato su molti dispositivi e piattaforme, e anche se gli utenti hanno la possibilità di cambiare, questo avviene raramente.

Il DoJ, in risposta alla sentenza, ha presentato un documento di 32 pagine in cui vengono delineate possibili misure correttive per ridurre il potere di Google sul mercato. Tra le opzioni considerate, vi è anche la scissione di Alphabet, la società madre di Google. Un intervento che potrebbe comportare la separazione di alcuni prodotti chiave dell’azienda.

Cosa propone il DoJ per superare il monopolio di Google

Per affrontare la situazione, il DoJ sta considerando due tipi di interventi: rimedi comportamentali e rimedi strutturali. I primi prevedono un monitoraggio continuo delle operazioni di Google per garantirne la conformità alle normative antitrust. I rimedi strutturali, invece, potrebbero includere la vendita di divisioni strategiche di Alphabet, come Chrome, Android o Google Play, per spezzare il circolo vizioso che garantisce a Google un vantaggio competitivo duraturo.

Una delle maggiori preoccupazioni del DoJ è l’integrazione verticale di Google, che ha utilizzato le sue piattaforme principali per favorire il proprio motore di ricerca a discapito dei concorrenti, limitando l’accesso al mercato e ostacolando l’innovazione, soprattutto in settori emergenti come l’intelligenza artificiale.

Tra le proposte del DoJ vi è anche l’idea di educare gli utenti a scegliere consapevolmente il motore di ricerca che meglio risponde alle loro esigenze. Tale iniziativa potrebbe ridurre la dipendenza da Google come opzione predefinita, favorendo una maggiore consapevolezza sulle alternative disponibili.

La risposta di Google alle accuse

Google non ha tardato a rispondere alle accuse. In un post sul suo blog ufficiale, l’azienda ha definito le proposte del DOJ “eccessive” rispetto alla portata della decisione legale. In particolare, Google ha contestato l’idea di una scissione di Chrome o Android, sostenendo che un tale intervento danneggerebbe la sicurezza informatica, aumenterebbe i costi per i consumatori e limiterebbe la concorrenza con Apple.

L’azienda ha ribadito come i suoi prodotti, distribuiti gratuitamente, abbiano facilitato l’accesso a internet per miliardi di persone. Inoltre, ha sottolineato che poche altre aziende sarebbero in grado di mantenere questi prodotti open source e di investire nello sviluppo delle loro funzionalità come ha fatto Google. Il colosso del big tech ha anche messo in guardia sulle conseguenze che le misure proposte potrebbero avere sul mercato della pubblicità online. La destabilizzazione di questo settore, secondo Google, danneggerebbe soprattutto le piccole imprese, riducendo l’accesso a strumenti di promozione economici e efficienti.

Le misure contro Google saranno discusse in un processo nel 2025

Il giudice Mehta ha fissato un nuovo processo per la primavera del 2025, durante il quale saranno discusse le misure correttive da adottare. Una decisione finale è attesa per agosto dello stesso anno. Nel frattempo, Google ha dichiarato la sua intenzione di fare appello. Per Tuttavia, dovrà attendere la conclusione del processo per intraprendere ulteriori azioni legali.

L’esito del processo potrebbe ridefinire non solo la struttura di Google, ma anche l’intero panorama tecnologico. La possibile scissione di Alphabet sarebbe un evento raro, simile al tentativo fallito di dividere Microsoft negli anni 2000. Il processo potrebbe inoltre stabilire un precedente per future azioni legali contro altre grandi aziende tecnologiche. L’industria attenderà con ansia il verdetto, che potrebbe ridisegnare il panorama competitivo del mondo digitale.

L’ultima sentenza contro Google: il Play Store apre alla concorrenza

Lunedì scorso, un altro giudice federale ha emesso una decisione separata, stabilendo che Google dovrà aprire il suo Play Store ai rivali. La sentenza è il risultato di una causa intentata da Epic Games, sviluppatore di Fortnite, che ha accusato Google di monopolio nel mercato delle app. A partire da novembre 2024, Google sarà obbligata a consentire agli sviluppatori di offrire metodi di pagamento alternativi e di creare collegamenti per il download di app al di fuori del Play Store.

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Categories: Tech