Scoppia la pace tra Google e il fisco italiano. Anzi, no. Il colosso di Internet, secondo le indiscrezioni puibblicate dal Corriere della Sera, pagherà 320 milioni di tasse, riconoscendo un imponibile di 800 milioni prodotto in Italia negli ultimi cinque anni. La decisione, a sorpresa, sarebbe stata presa al termine di una riunione tra lo staff legale di Google, magistrati e Guardia di Finanza. Regista dell’intesa la professoressa Paola Severino, ex ministro della Giustizia del governo Monti . Ma Google rettifica:”La notizia non è vera, non c’è l’accordo di cui si è scritto. Continuiamo a cooperare con le autorità fiscali”, ha detto un portavoce all’Ansa. Anche la Procura di Milano è prudente: “Allo stato delle attività di controllo non sono state perfezionate intese con la società”. In una nota Bruti Liberati conferma che sono in corso indagini fiscali nei confronti del gruppo, all’esito delle quali “saranno tratte le valutazioni conclusive”.
Secondo le indiscrezioni sull’intesa riportate dal Corriere della Sera, il gigante californiano della rete sarebbe invece pronto a pagare circa 320 milioni di euro di tasse su 800 milioni che riconosce come imponibile prodotto in Italia dal 2008 al 2013. La contestazione nasceva dal fatto che “i profitti della raccolta pubblicitaria nel nostro Paese venivano registrati in Irlanda e a Bermuda”.
Google dunque sceglie di abbassare il livello della tensione con lo Stato italiano sulla questione dell’abuso di diritto?Si tratta del reato dovuto all’utilizzo distorto di norme esistenti, tale da generare un indebito vantaggio fiscale. La questione è nota e riguarda la pratica adottata da Google come da altri colossi multinazionali: nonostante producano in Italia (o altri Stati della enorme galassia) molti utili, finiscono poi per pagare poche tasse nel Paese in cui operano (1,8 milioni nel 2013, nel caso di Google in Italia) triangolando gli introiti su Paesi con maggiori benefici fiscali come l’Irlanda.
Una questione che ha generato forti tensioni con gli Stati europei tanto che la Francia, per esempio, è arrivata a proporre una legge sulla questione dei diritti d’autore dei contenuti editoriali utilizzati dal motore di ricerca con il chiaro intento di fare pressione per ottenere comportamenti fiscali più responsabili.
In Italia sulla strada di Google si è messo di traverso il pm Isidoro Palma con la Gdf. Insieme hanno passato al setaccio la pubblicità raccolta da Google in Italia e hanno verificato che gli introiti prodotti e incassati qui venivano trasferiti alla Google irlandese che poi li faceva passare da una controllata olandese per poi trasferirli ad un’altra società irlandese controllante della prima e da qui arrivare su due controllate Google nelle Bermuda.
A Google sarebbero stati riconosciuti alcuni costi ma la contestazione della Procura e della Gdf ha riguardato la sostanza del meccanismo adottato. Google Italia sarebbe così pronta ad accogliere un accertamento per adesione di 160 milioni l’anno dal 2008 al 2013, il che porterebbe il colosso americano a staccare un assegno – tra Ires, Irap, sanzioni (ridotte) e interessi, pari a circa il 40% dell’imponibile emerso ovvero 320 milioni di tasse su 800 milioni di introiti contestati.