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Google: fine di un impero? Antitrust Usa chiede la vendita del browser Chrome, ecco perché

Pixabay

Google si trova oggi in una posizione sempre più difficile. Se da un lato la concorrenza cresce, con nuovi attori come SearchGPT di OpenAI, dall’altro rischia seriamente il suo smantellamento a causa della battaglia legale intrapresa dall’antitrust degli Stati Uniti.

Il dipartimento di Giustizia chiederà al giudice Amit Mehta di obbligare Alphabet, la società madre di Google, a vendere il suo browser Chrome. Questa richiesta arriva dopo una sentenza del mese di agosto 2024, in cui Mehta aveva stabilito che Google ha abusato della propria posizione dominante nel mercato delle ricerche online, violando le leggi antitrust. Se approvata, questa misura rappresenterebbe uno degli interventi più significativi nella regolamentazione delle grandi aziende tecnologiche, ridisegnando il panorama digitale globale.

L’ipotesi di una vendita di Chrome non è affatto una fantasia. Se l’Antitrust statunitense avrà successo, il gigante di Mountain View dovrà separarsi dal suo browser, uno degli strumenti più utilizzati al mondo, sia su computer che su dispositivi mobili. Secondo quanto riportato da Bloomberg, il Dipartimento di Giustizia chiederà anche misure più rigorose sulla raccolta dei dati degli utenti da parte di Google.

Perché Alphabet è sotto accusa

La sentenza ha stabilito che Google ha mantenuto illegalmente una posizione dominante nel mercato delle ricerche online. Grazie a accordi con produttori di dispositivi come Apple e Samsung, il motore di ricerca di Google è stato impostato come predefinito su miliardi di dispositivi, ostacolando la concorrenza. Con una quota del 90% nel mercato globale delle ricerche online (94% sui dispositivi mobili), il dominio di Google, secondo il giudice, ha ridotto l’innovazione e limitato la libertà di scelta dei consumatori.

Inoltre, è stato accertato che, sebbene gli utenti abbiano la possibilità di cambiare il motore di ricerca predefinito, lo fanno raramente, dato che Google è preimpostato su un numero elevato di dispositivi e piattaforme.

Le proposte del governo per spezzare il monopolio

Il Dipartimento di Giustizia ha proposto interventi strutturali per ridurre il dominio di Google, inclusa la vendita di Chrome, e misure per limitare il controllo di Alphabet sui dati degli utenti e sull’intelligenza artificiale. Tra le proposte ci sono:

  • Obbligo di concedere licenze sui dati a terze parti, per favorire la concorrenza.
  • Limitazioni sull’uso dei dati per l’addestramento dell’intelligenza artificiale.
  • Divieto di contratti esclusivi con produttori di dispositivi, per evitare il predominio di Google.

In particolare, si discute di obbligare Google a vendere dati relativi a “clic e query” e a rendere i risultati di ricerca accessibili a terze parti, per consentire alle rivali e alle startup di migliorare i propri prodotti. L’apertura dei dati potrebbe ridurre le restrizioni attuali e favorire una maggiore competitività.

Le ripercussioni sull’intelligenza artificiale

Un’altra critica rivolta a Google riguarda l’integrazione dell’IA nei risultati di ricerca, tramite funzionalità come “AI Overviews”. Questa decisione ha suscitato il malcontento degli editori online, che sostengono che tale approccio riduca il traffico verso i loro siti, compromettendo i ricavi pubblicitari. Pur avendo la possibilità di non condividere i propri dati per l’addestramento dei modelli di IA, gli editori non possono escludersi dalla funzione senza perdere visibilità nei risultati di ricerca, danneggiando così la loro capacità di raggiungere il pubblico. Se le proposte antitrust venissero approvate, potrebbe aumentare la concorrenza nel mercato dell’IA.

L’approvazione di queste misure potrebbe favorire una maggiore diversificazione tecnologica, aprendo il mercato a nuovi attori e riducendo la dipendenza globale da Google.

Google: cosa significa vendere Chrome

Chrome è il browser più utilizzato al mondo, con una quota di mercato del 61% negli Stati Uniti e del 68% in Italia. Google ha raggiunto questo dominio non solo grazie a investimenti in ricerca e sviluppo, ma anche attraverso accordi ritenuti illegittimi con produttori di dispositivi, come Apple e Samsung. Il motore di ricerca è cruciale per il modello di business di Google, poiché raccoglie enormi quantità di dati sugli utenti, fondamentali per la sua leadership nella pubblicità digitale e nell’Intelligenza Artificiale.

La cessione di Chrome rappresenterebbe un colpo economico e strategico per Google, alterando il suo ecosistema e la sua capacità di generare ricavi.

Spacchettamento Google: decisione finale attesa per il 2025

La decisione finale del giudice Amit Mehta sul caso contro Google è attesa per agosto 2025, dopo un’udienza prevista per aprile dello stesso anno. Durante l’udienza, si discuteranno le modifiche che l’azienda di Mountain View dovrà adottare per correggere pratiche illegali. Tra le opzioni, vi è la separazione di Android da altri prodotti, come il motore di ricerca e il Play Store, per favorire la concorrenza. Altre proposte includono l’obbligo di condividere più informazioni con gli inserzionisti, concedere loro maggiore controllo sugli annunci, e permettere ai siti web di proteggere i loro contenuti dall’uso nei prodotti di AI di Google.

Google farà ricorso

Google ha respinto le accuse del Dipartimento di Giustizia, definendo la sua azione una “agenda radicale” che potrebbe danneggiare consumatori e innovatori. L’azienda ha sottolineato che un’ingerenza governativa potrebbe minare la leadership tecnologica degli Stati Uniti, in un momento delicato, soprattutto nella competizione con la Cina.

Alphabet ha già annunciato l’intenzione di ricorrere in appello, ma una sentenza sfavorevole potrebbe segnare un cambiamento per l’intero settore tecnologico. Le speranze della società si concentrano anche sulla possibilità che la vendita di Chrome non trovi acquirenti, dato che la cifra richiesta potrebbe scoraggiare anche altre Big Tech, già concentrate su progetti di Intelligenza Artificiale.

Trump darà una mano a Google? In ballo enormi conseguenze per le Big Tech

La battaglia legale contro Google è solo un tassello di una sfida più grande al dominio delle Big Tech. L’ipotesi di una vendita forzata di Chrome rappresenterebbe un intervento antitrust senza precedenti negli Stati Uniti, mirato a ridimensionare il potere di Mountain View e a ristabilire un equilibrio nel mercato tecnologico.

Ma, con l’attacco che arriva direttamente dalla Giustizia americana, Alphabet potrebbe chiedere aiuto a Trump per risolvere la questione? Una possibilità difficile, ma non del tutto esclusa: il tycoon, infatti, non nutre grande simpatia per il gigante tecnologico che ha spesso accusato di aver ostacolato la sua campagna elettorale. Google, però, potrebbe fare leva sul patriottismo e sulla necessità di mantenere competitivo il settore tecnologico americano, soprattutto di fronte alla rapida innovazione cinese. L’azienda potrebbe sottolineare come indebolire l’ecosistema tecnologico statunitense rappresenterebbe un potenziale svantaggio strategico per l’intero Paese.

Indipendentemente da come sarà l’esisto, questa vicenda non riguarderà solo Google: potrebbe stabilire un precedente cruciale nella regolamentazione delle Big Tech, aprendo un nuovo capitolo nella storia dell’antitrust globale.

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